Forse perché non è un politico, forse perché non lo ha eletto nessuno ma in questo momento serve a tutti, forse perché ha semplicemente le palle per dire certe cose, Draghi ha comunque affermato una cosa che a me pare inappuntabile e soprattutto giusta: “Non va bene che operatori sanitari non vaccinati siano a contatto con malati. Quindi immagino che arriverà un decreto”.

Il presidente del Consiglio ha in pratica, come il bambino che grida che il re è nudo, ribadito quella che dovrebbe essere una banalità: le leggi si rispettano.

Io credo che in qualche normativa sul lavoro sanitario ci sarà scritto che non bisogna attuare azioni o omissioni che possano nuocere ai malati. Nel suo piccolo il giuramento di Ippocrate recita ad un certo punto: “Giuro di prestare assistenza d’urgenza a chi ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell’autorità competente”.

Non so ovviamente come il decreto del Governo declinerà la affermazione di principio enunciata da Draghi, ma, appunto, “il principio” è stato enunciato: Se sei eserciti una professione sanitaria e “l’autorità competente” ritiene che, in questo caso di “pubblica calamità”, tu debba fare il vaccino, tu il vaccino lo devi fare. Ovviamente puoi rifiutarti e dimetterti perché siamo liberi, ma se intraprendi un lavoro con obblighi e normative relative, a quegli obblighi e a quelle leggi di devi attenere.

Sembra un’ovvietà ma in Italia non lo è. E nelle professioni sanitarie c’è un precedente scabroso, quello dell’obiezione di coscienza concessa ai medici sull’interruzione volontaria di gravidanza. Se l’aborto, così come normato dalla legge 194, non aggrada a un medico, lui può rifiutarsi di applicare una legge dello Stato che gli conferisce l’abilitazione all’esercizio della professione sanitaria.

E se i “no wax” medici e infermieri sono una sparuta minoranza, in Italia 7 ginecologi su 10 sono obiettori (il 93% in Molise, l’87% a Bolzano, l’82% in Sicilia, Puglia e Basilicata – fonte associazione Luca Coscioni, dati riferiti al 2020).

Ecco, Presidente Draghi, magari andrebbe detto che “non va bene”, che medici antiabortisti facciano i ginecologi. Si potrebbe fare un altro decreto in cui si dice che anche i ginecologi sono tenuti a rispettare la legge, tutte le leggi, anche la 194: una banalità. Magari mettere un’autocertificazione di “non essere obiettori” come requisito di ammissione alle scuole di specializzazione in ginecologia e ostetricia. Ci sono decine di altre branche della medicina in cui gli antiabortisti (convinti o di convenienza) potrebbero brillantemente dare il proprio contributo alla sanità pubblica e privata. Perché scegliere una specializzazione dove vige una legge che va contro il proprio credo etico e/o religioso?

E per dirla tutta, Presidente Draghi, un decreto per imporre chi ha responsabilità pubbliche in materia di salute (ministri, segretari di partito di governo, assessori regionali, municipali, condominiali) di evitare di dissentire pubblicamente dalle scelte del governo e delle amministrazioni di cui sono rappresentanti?

Lo so che un decreto così non si può fare e che ogni politico ha il diritto costituzionalmente garantito di dire la sua cazzata contrabbandandola per libertà d’espressione. Io di questo diritto – declinato nella versione libertà di stampa – sono strenuo sostenitore (e abuso della mia libertà di dire minchiate).

Però se tu – governante nazionale, regionale o locale – pensi che le normative anti-covid siano una cagata pazzesca, se pensi che fanno bene i ragazzi a fare caciara tutti assieme senza le mascherine, gridalo, affermalo con veemenza, fustiga chi la pensa diversamente.

Ma dimettiti da ministro, presidente, assessore, amministratore di condominio e libera la tua libertà senza lacci, lacciuoli. Dici quello che ti pare sfrenatamente… senza che il solito stronzo possa dire che sei un po’ come quei politici che stanno in Parlamento con partiti che reclamano la sacertà della famiglia composta da un uomo e una donna e benedetta dal matrimonio e poi vanno a mignotte e se ne vantano, magari rivendicando la libertà d’espressione.