L’esultanza di Totò Cuffaro per i risultati raggiunti alle elezioni Amministrative è durata lo spazio di una settimana. Poi è ripresa la polemica per l’utilizzo “improprio” del simbolo della Democrazia Cristiana, che l’ex governatore siciliano ha riesumato negli ultimi mesi dal lunghissimo letargo. Da Roma, però, qualcuno non ha gradito: “Duole dover constatare che Totò Cuffaro, nonostante diverse nostre diffide e a dispetto delle sentenze emesse dall’Autorità Giudiziaria, continui indebitamente a fare attività politica, usurpando la nostra identità, ovvero quella della Democrazia Cristiana”, ha detto la portavoce nazionale della Democrazia Cristiana, Sabina Scaravaggi. “In diversi proclami – prosegue – Cuffaro con toni epici ha fatto riferimento a una rinascita, a un ritorno della DC, autoriconoscendosi ruoli e meriti che purtroppo non ha. Di quale rinascita parla? La Democrazia Cristiana esiste già e non necessita di alcuna rifondazione”. A fondamento della propria posizione, Scaravaggi ricorda una sentenza delle Sezioni unite della Corte di Cassazione (sentenza 25999/10) secondo cui la Democrazia Cristiana è da riconoscersi unicamente con l’originaria struttura identificata negli iscritti del 1993 e oggi facenti riferimento al Segretario Nazionale Franco De Simoni. “A chiunque altro – dice la portavoce – rimane interdetto sia l’utilizzo dello storico simbolo dello scudo crociato sia quello della dizione Democrazia Cristiana”. L’accusa rivolta a Cuffaro è “di scendere in campo con un logo che ricorda fin troppo quello originale e spendendo il nome del nostro partito”. Secondo la Scaravaggi “è un atto di ingannevole e presuntuosa propaganda”. Di questi personaggi della Dc originale, però, sul web non si trovano foto.