Creative Pois-On, l’eclettica piattaforma di storytelling newyorchese, ha avuto l’onore di presentare, in esclusiva per gli U.S., (You make me feel like) A Natural woman che l’artista palermitana Alessandra Salerno ha eseguito con la sua NoQuiet Women Orchestra in occasione dell’8 marzo, festa della donna. Subito dopo l’Italia sarebbe entrata in quarantena, e la location scelta per il video, un teatro vuoto, risuona oggi quasi profetica. Un vuoto, pieno però della struggente forza di un coro di donne unite nella vertigine salvifica della musica. Proprio in questi giorni la cantautrice era attesa a New York, e invece si trova in Italia, in prima linea a riempire con la sua arte l’isolamento imposto per la prevenzione del Corona Virus. L’ho intervistata qui dalla città che non dorme mai e che in questo momento invece è come sonnambula, paralizzata dal panico del nemico invisibile.

Alessandra, come è nata l’idea di reinterpretare l’iconico brano di Aretha Franklin, scritto da Carole King, in occasione dell’8 marzo.

Carol King è un’icona per ogni donna musicista. E nell’omaggiarla vorrei parlare alle future generazioni. Nel mondo del lavoro c’è ancora oggi molto maschilismo, e il mondo della musica non fa eccezione, anzi. Lei ha scritto 50 anni di musica, ha vinto i premi più prestigiosi e ci ha regalato questo inno potentissimo, una canzone “necessaria” per l’umanità.

È vero che hai creato la NoQuiet Women Orchestra dal giorno alla notte?

Esattamente! Stavo guardando appunto un documentario su Carole King quella notte e l’ispirazione è arrivata all’improvviso come un fuoco. E così ho chiamato subito 18 musiciste. Cercavo un nome, stavo pensando a qualcosa che ci rappresentasse… NoQuiet (non silenzioso in inglese). Perché noi non dobbiamo restare in silenzio, né come artiste né come donne.

Marzo è il mese dedicato alla donna, a febbraio invece si celebra il #blackhistorymonth. Parlaci del tuo amore per la cultura Afro-Americana.

Le “mie donne” sono state Aretha, Etta, Billie, Dinah Washington, Whitney Houston, Nina Simone. È nel colore della loro voce e della loro pelle che mi sono sempre identificata. Ho fatto parte di un coro gospel per molto tempo, e la mia ultima volta a New York mi ha regalato un’esperienza indimenticabile, cantare in una cattedrale di Harlem, con un coro di voci black. I miei colleghi, anche afroamericani, dicono che ho un’anima nera. Mi piacerebbe capire chi sono stata nella mia vita precedente…

La grande Carmen Consoli, ha paragonato le signore del Blues a Rosa Balistreri, il mito del cantautorato siciliano. Concordi?

Concordo pienamente! La musica Blues, è la musica moderna, nata tra i campi degli schiavi, in queste preghiere cantate che scandivano il passare delle giornate. Il Sud del mondo è accomunato da questa durezza della vita e da questa spiritualità potente. Nella voce di Rosa Balistreri c’è tutto questo.

Di recente ti è stato conferito un premio dedicato a Rosa e sei la prima performer nella storia ad averla tradotta in inglese. Cosa provi ad incarnarla difronte alle platee straniere?

È stato per me un grande onore aver ricevuto questo premio. Io ho iniziato a omaggiarla sin da bambina. Rosa mi raccontava di una Palermo che io non conoscevo e mi ha aiutato a sviluppare la mia sensibilità emotiva. Per me portarla oggi nei miei spettacoli è un dovere morale e un piacere artistico. L’idea di tradurre Cu ti lu dissi in Who told you mi è venuta perché ho pensato che dovevo regalare al mondo una versione che tutti potessero comprendere.

I palcoscenici del mondo in questo momento sono vuoti ma sono sicuro che il tuo canto sarà ancora più significativo quando tornerai a riempirli. Cosa possiamo aspettarci?

Quando questo clima di panico finirà, torneremo tutti più forti di prima. New York è la citta del mio cuore e non vedo l’ora di tornare con il mio disco tra le mani Alessandra Salerno – VOL.1, e con un live che mi vedrà ancora più matura e pronta ad emozionare il mio pubblico. Voglio affermarmi ancora di più per quello che sono, un’artista un po’ esotica, sempre alla ricerca di qualcosa di unico. La mia autoharp sarà sempre con me, ma suonerò anche altri strumenti e indosserò le mie nuove creazioni… ricordati che sono anche una stilista!