Indovinate un po’: sotto le feste anche i biglietti aerei hanno ripreso a salire. La piaga del caro-voli attanaglia le Isole, in particolar modo la Sicilia, pure per Pasqua. Chi l’avrebbe mai detto? Di certo non la Regione, che il 10 novembre scorso ha annunciato una misura per alleviare il salasso, specie durante le festività. E invece, dopo un Natale che aveva mostrato le scarse velleità degli sconti previsti da Schifani – che non imponeva alcun tetto alle tariffe “imposte” dalle compagnie aderenti all’Avviso della Regione: evviva il libero mercato! – ecco il bis: secondo il Centro di formazione e ricerca sui consumi (Crc) e Assoutenti, che hanno analizzato un’indagine tenendo come parametro di riferimento le date del 29 marzo e del 2 aprile, chi acquista oggi un biglietto A/R per l’aeroporto di Catania spende un minimo di 365 euro partendo da Torino, 319 euro da Verona, 317 euro da Venezia. Più economico volare da Roma, dove il biglietto per Catania parte da 144 euro.

Se invece si vuole raggiungere Palermo, per le stesse date si spendono 305 euro partendo dallo scalo di Forlì, 295 euro da Bologna, 288 euro da Torino, 259 euro da Milano. In attesa che entri nel vivo la seconda fase della campagna di Schifani e Aricò, ossia un nuovo imprinting della Regione (circa 20 milioni) per avviare altri sconti sulle tratte del nord Italia (solo) da Catania e Palermo, continua la presa in giro sui collegamenti che dovrebbero già beneficiare degli sconti: vale a dire Roma e Milano. Lo sconto previsto dalla Regione era del 25 per cento (per tutti i residenti in Sicilia) e del 50 per cento nei confronti di alcune categorie “speciali”: studenti, disabili con almeno il 67 per cento di invalidità e per chi ha un Isee inferiore a 9.360 euro. Il problema è che le compagnie aderenti all’Avviso, cioè Ita Airways, Aeroitalia e Wizzair, hanno incamerato i soldi previsti dalla Regione (33 milioni complessivi, di cui una buona fetta provenienti dal riconoscimento dei maggiori costi di insularità da parte dello Stato) senza tuttavia calmierare i prezzi.

Da un lato si affidano ai ristori, garantendosi liquidità in cambio della promessa di praticare gli sconti, dall’altro fanno oscillare l’algoritmo per garantirsi maggiori ricavi. I siciliani, che credevano di pagare meno, in effetti beneficiano di un piccolo ribasso (basta spuntare la casella ‘residente in Sicilia’), ma in realtà lo sconto viene applicato avendo come riferimento di partenza un prezzo già gonfiato di suo. E’ chiaro che a guadagnarci non sono i viaggiatori. La puzza di bruciato era stata avvertita anche da Schifani, che prima di Natale aveva denunciato possibili “speculazioni”. Ma da quel momento, oltre a un invito alla “mobilitazione sociale” (caduta nel vuoto) nulla è successo. Non sono andati in porto i ricorsi all’Antitrust, con cui la Regione aveva denunciato il presunto cartello fra Ita e Ryanair; né ha funzionato la mossa Aeroitalia, che però fa rilevare come dal suo arrivo i prezzi dei collegamenti “siciliani” siano in picchiata del 30 per cento.

I conti non tornano, altrimenti staremmo discutendo d’altro. E gli effetti della mossa propagandistica del governo siciliano non ha rispettato in alcun modo le attese: “Quella contro il caro-voli – aveva detto il presidente Schifani presentando gli sconti, a novembre 2023 – è stata una battaglia che mi sono intestato fin dal mio insediamento e posso dire di avere raggiunto un altro risultato importante. Infatti, dopo il nostro impegno per favorire l’arrivo di un nuovo vettore che ha rotto il duopolio di fatto nei collegamenti aerei con la nostra Isola e l’istituzione di un osservatorio per il trasporto aereo, oggi manteniamo un altro impegno assunto con i siciliani. Questo provvedimento realizza quella che è sempre stata una priorità del mio governo, oltre che un atto di giustizia nei confronti dei nostri concittadini vessati da politiche dei prezzi piratesche”.

Rileggere queste dichiarazioni dopo mesi sa di beffa. Perché gli sconticini si sono concentrati nel periodo di minor traffico aereo – come gennaio e febbraio, in cui le compagnie hanno visto al ribasso i propri operativi (vedi Aeroitalia) – mentre nei periodi di alta stagione, come Pasqua, le tariffe sono schizzate nuovamente. E i vettori, che hanno ricevuto il regalino della Regione, ovviamente non fiatano. Operano con l’indole di sempre: quella dei guadagni facili e garantiti. Perché i siciliani hanno bisogno di spostarsi e non possono farlo in molti modi. Piuttosto che recarsi nelle località turistiche italiane, conviene guardare all’estero, anche se dalla Sicilia i collegamenti non sono particolarmente agevoli e spesso è necessario (almeno) uno scalo.

Pure il governo nazionale, che inizialmente sembrava voler imporre un tetto agli aumenti (una volta raggiunto il 200% della tariffa media), ha ripiegato su maggiori responsabilità all’Antitrust. Il risultato è quello che vediamo: “Il fenomeno del caro-voli sembra senza soluzione, e le compagnie aeree continuano ad imporre il proprio strapotere ricorrendo ad algoritmi che fanno salire le tariffe alle stelle in concomitanza con i periodi di festa e le partenze dei cittadini, senza che gli utenti possano in alcun modo difendersi da tali politiche scorrette”, dichiara Furio Truzzi, presidente del Centro di formazione e ricerca sui consumi. “Con queste tariffe viaggiare in aereo sta diventando sempre più un lusso per ricchi, una situazione che lede il concetto di continuità territoriale e danneggia non solo i consumatori, costretti e rinunciare alle partenze o tagliare i giorni di villeggiatura, ma anche le imprese locali, disincentivando il turismo” commenta il presidente di Assoutenti, Gabriele Melluso.

Metteteci che col vento l’aeroporto di Palermo ha subito una domenica di forti criticità, che Trapani resta chiuso tutta questa settimana per il rifacimento della pista, che Comiso opera alla media di un volo al giorno, che Catania al primo sbuffo dell’Etna chiude; metteteci pure che non esistono voli la continuità territoriale; e avrete chiaro il quadro dei trasporti siciliani. Da questa terra non si scappa. Dai suoi problemi neppure.