Tra i mille effetti collaterali di un lutto ce n’è uno, moderno e sottovalutato, legato al cosiddetto necrologismo dei social. Che consiste, in poche parole, nel rendere smart il rituale più anti-smart che gli esseri umani organizzatisi in società abbiano mai organizzato: le condoglianze. Già il solo termine con-do-glian-ze è ostile ai moderni linguaggi: non è R.I.P. (che come dice il mio amico Giuseppe potrebbe essere confuso con un detersivo), ma manco una serie di emoticons che si fanno cuoricini, manine giunte, facce tristi, lacrimoni stilizzati e via digitando.

Le condoglianze moderne e per di piu’ in era Covid sono digitali, un clic e via, senza manco toccare la tastiera che poi bisogna sanificarla. Insomma mentre le distanze si accorciano, le vie di uscita si moltiplicano. Prima, per manifestare affetto e vicinanza occorreva spostarsi e, appunto, avvicinarsi. Oggi la lontananza non è un alibi bensì un trampolino. Su cui prendere la rincorsa e dal quale lanciarsi: il “mi piace” è un “ti sono vicino ma ho i cazzi miei”, ma anche un “accontentati di questo e gira al largo”, oppure un “vorrei fare finta di esserci ma non posso neanche fingere”. Insomma in questi effetti collaterali, ma solo in essi, c’è tutto ciò che normalmente evitereste e che invece vi ritrovate a rimirare, sforzandovi di convincervi che è un problema di prospettiva vostro, solo vostro. Non si spiegherebbe altrimenti perché non partite, mouse in resta, digitando frasi da “ma scusa, tu chi sei?” a scendere.

Il nodo sta sempre nella velocità. Moriamo in un istante, campiamo in un lasso di tempo spesso inutile e digitiamo come se dovessimo vivere in eterno. La verità sta sempre nel mezzo. Inteso come strumento. Le parole migliori che ho ricevuto in questi giorni potevano essere anche smozzicate, rubate a frammenti di telefonate, mail o post. Ma contenevano tutte un seme, un’idea anche semplicissima che rimandava a un vissuto, o a un’esperienza, o a una promessa, o a un impegno inevaso.

Ho un difetto enorme, per via del mio DOC (che non è un foglio di word): dimentico gli eventi singoli, ma non dimentico le serie in cui li inserisco.

Una improvvisa assenza ci insegna a pesare le presenze. E nel necrologismo social molte presenze di default spiegano esattamente come funziona un algoritmo: che monitora ma non guarda, ascolta ma non sente, memorizza ma non ricorda.
Ora chiudo questo capitolo di lagna personale perché mio padre, a questo punto, si sarebbe già stufato e avrebbe chiuso il suo iPad. Da domani si torna all’ordinario.

Comunque grazie a tutti quelli che hanno schivato questi effetti collaterali, che sono la stragrande maggioranza. Risponderò a tutti, dovessi affittare un bot. Sono sulla buona strada…