Mattarella nuovo idolo delle masse, ora che il campionato è finito, la Juve ha vinto come al solito e come al solito non ha vinto la Champions e Buffon le ha pure detto addio. Da orfani della Nazionale ai Mondiali non c’era niente di meglio che una crisi politica senza precedenti per destarci dal torpore che intercorre in questa terra di mezzo che non è più inverno e ancora neanche estate.

Statisti su Facebook e prima di offendervi state buoni perché al partito mi iscrivo anch’io che non voto da quando Venditti azzeccò l’ultima canzone buona, fatevi due conti. È un florilegio di #iostoconmattarella, e meno male perché con noi che gli dimostriamo vicinanza il presidente va a letto più confortato.

Facebook in questi giorni è una lezione socioantropologica che neanche Travaglio e la Gabanelli a reti unificate, la cartina di tornasole della nostra ansia di esserci e di dire la nostra, compreso l’idiota analfabeta che scrive della mafia che ha ucciso il Mattarella sbagliato. Ma vi rendete conto che gente così ha il vostro stesso diritto di voto? Che il suo voto pesa quanto il vostro che argomentate, discettate, fate distinguo, il presidente di qua il presidente di là. Ma d’altronde è la democrazia che ci siamo scelti e di cui siamo fieri, vabbè io fino a un certo punto ma magari ve ne parlo un’altra volta.

Però su dai, un bagno di umiltà dovremmo farlo. Il sit-in di solidarietà, le lezioni di politica e codicilli che già alla seconda riga uno sbadiglia, i pro e i contro, i grillini vittime o carnefici. La tribuna politica si è trasferita su Facebook. Almeno una volta la facevano in tv e potevi tranquillamente fottertene per vedere Portobello, ora no. Vai su Facebook perché magari vuoi vedere il piatto di carbonara dell’amico che scrive “sacrifici” o gli auguri alla mamma ottantenne o i primi culi a Mondello e ti imbatti invece nella dotta analisi di un fesso come me. Ma a chi importa?

Il solito qualunquista, mi pare di sentirvi. Quindi dirò una cosa seria: fare il presidente della Repubblica non è una passeggiata. Contenti adesso? Fino all’altra sera pensavo che il mestiere più ingrato fosse il mio. Ero a cena con un amico e mi arriva un messaggio: il fattorino è malato, domani non viene. Ho un fattorino cagionevole, ha malattie buone per ogni occasione, lo soprannominerò Geremia Lettiga, qualcuno di voi magari ricorda il maledetto vecchietto del Gruppo Tnt perennemente malato di malattie inesistenti. Il fattorino, dicevo. E ora come lo chiudo il turno?, pensavo mentre ordinavo il vino. Ma ecco che proprio nel momento in cui mi trovo a decidere delle sorti del mio prestigiosissimo bar il mio compagno di viaggio scopre dal cellulare che l’Eccellentissimo professor Conte ha rimesso il mandato, che Di Maio ha chiesto l’impeachment di Mattarella perché a Giggi gli piace fare l’americano, che la Meloni grida al golpe e che Savona è tornato a casa in lacrime perché non gli vogliono far fare il ministro. Io alle prese col mio fattorino e il presidente a cercare uno che voglia fare il presidente del Consiglio, con la differenza che io un altro fattorino lo trovo in due minuti, un presidente del Consiglio bello e pronto dove lo trovi?

Tornando a Facebook. Rassegniamoci: se siamo pro o contro l’euro, pro o contro Juncker, non frega niente a nessuno. Perché ci accaniamo, allora? Perché, parafrasando, siamo fatti della stessa materia delle cazzate che ci passano per la testa. Ma come siamo più belli (e più veri) quando ci azzanniamo per Inter contro Juve. A proposito, mica si può fare ricominciare il campionato già domenica?

E comunque, a scanso di equivoci anche io #stoconmattarella. E poi quant’è figo scriverlo con l’hashtag? Dio benedica Zuckerberg che ci ha dato libertà di parola, soprattutto quando non abbiamo niente da dire.