Qualcosa si è mosso soltanto ieri sera, dopo dodici giorni di “gestione provvisoria” e l’ennesima fumata grigia all’Ars. Attraverso una nota, Palazzo d’Orleans ha fatto sapere di avere “approvato la bozza di accordo finanziario con il governo centrale per il ripiano del disavanzo, accertato nel 2018 dalla Corte dei conti in un miliardo e 740 milioni di euro. L’accordo è propedeutico all’approvazione da parte del Consiglio dei ministri delle norme di attuazione determinate dalla Commissione paritetica”. “Si tratta di una intesa articolata e radicale – ha detto il presidente della Regione Nello Musumeci – che pone riparo a decenni di allegra gestione delle finanze regionali. Ne paghiamo adesso le conseguenze ma, finalmente, mettiamo in ordine i conti della Regione”. La giunta regionale sembra (finalmente) avere le idee chiare su cosa fare. Adesso, però, tocca all’interlocutore: cioè lo Stato. La crisi di governo, che Matteo Renzi potrebbe innescare questo pomeriggio, certamente non agevola il compito di Musumeci e Armao. Che d’altronde arrivano all’appuntamento a scoppio ritardato.

Ieri a palazzo dei Normanni è stata un’altra seduta infruttuosa, in attesa dell’esito del negoziato sulle riforme economiche. Un atto propedeutico alla spalmatura del disavanzo in dieci anni e all’approvazione dell’esercizio provvisorio. La Regione siciliana, in assenza di un bilancio, non ha alcuna possibilità di spesa (ad eccezione di quelle obbligatorie per legge). L’aula ha discusso per oltre un’ora del nulla. Poi la presidente di giornata, Angela Foti, ha rispedito tutti a casa perché “il Consiglio dei Ministri non si è ancora riunito per decidere”. A quel punto M5s e Pd hanno prodotto uno sforzo ulteriore per non far passare il messaggio che dipende da Roma. Evidenziando, piuttosto, che i ritardi sono imputabili alla Regione. “Il governo regionale è paralizzato – ha sottolineato il capogruppo del Pd, Giuseppe Lupo – non ha ancora presentato il bilancio di previsione 2021/2023 e non è in grado di approvare l’esercizio provvisorio: questo immobilismo è inaccettabile. Oltretutto – aggiunge Lupo – il governo Musumeci avrebbe dovuto presentare il Piano delle riforme e di razionalizzazione della spesa entro marzo 2020. È urgente affrontare in Aula con la giunta regionale temi che non possono più attendere ad iniziare da crisi finanziaria, emergenza sanitaria, scuola, trasporto pubblico locale”.

Entro un paio di giorni, crisi permettendo, dovrebbe arrivare l’esito di questa lunga telenovela: già nel dicembre 2019, con l’articolo 7 del decreto legislativo n.158, Palazzo Chigi acconsentiva alla rateizzazione del deficit, ma solo in cambio di alcuni impegni da parte della Regione. La Sicilia, che avrebbe dovuto presentare entro 90 giorni un pacchetto di riforme, non l’ha mai fatto. Così, dopo nove mesi di inutile attesa, eccoci qui. Senza un bilancio, né un esercizio provvisorio.