Giuseppe Sottile

Antimafia, è l’ora
di fare chiarezza

Ora che è esploso pure il caso Piraino, forse è arrivato il momento di guardare dentro il limaccioso mondo delle antimafie opache e strumentali; dentro quegli eroismi di facciata che troppo spesso servono per nascondere ben altri affari o per rastrellare le pagnotte messe a disposizione da Palazzo d’Orleans, da consorzi ed enti di sottogoverno. Chi avrà il coraggio di strappare la maschera di quei faccendieri che predicano bene e poi razzolano nei retrobottega della politica e del potere? Potrebbe averlo, anzi lo avrà senz’altro Antonello Cracolici, solido e rigoroso presidente della Commissione regionale antimafia. C’è bisogno di chiarezza, caro onorevole. Un’indagine puntuale – senza moralismi né caccia alle streghe – farebbe bene ai partiti, anche di sinistra, e rafforzerebbe la credibilità delle istituzioni, a cominciare dalla Commissione che lei..

Dopo le pagnotte, ecco
l’antimafia degli affari

Dopo l’antimafia delle pagnotte, ecco l’antimafia double face, incarnata da Giuseppe Piraino, un costruttore al quale la procura di Palermo ha sequestrato tre milioni e mezzo di euro, frutto – secondo l’accusa – di una serie di truffe architettate col bonus per il rifacimento delle facciate. Fino a ieri Piraino andava in giro, per dibattiti e talk-show televisivi, col volto dell’imprenditore antimafia: aveva denunciato i picciotti che gli chiedevano il pizzo e aveva pure fiancheggiato Ismaele La Vardera nelle battaglie contro i soprusi riconducibili ai boss. Lo aveva fatto in maniera così plateale da ricevere lui le minacce di morte indirizzate al deputato regionale di “Controcorrente”. Oggi, alla luce del sequestro disposto dai magistrati, chi può escludere che l’antimafia gli servisse per nascondere gli inconfessabili metodi con i quali combinava..

Tra La Russa e Tajani
vince sempre ‘Gnazio

Tra Ignazio La Russa e Antonio Tajani, il governatore Schifani sceglie il presidente del Senato e mai il segretario di Forza Italia. Nei confronti di Fratelli d’Italia ha, come si sa, un’antica sudditanza mentre nei confronti dei berluscones la risposta è sempre quella del Marchese del Grillo. Il capo di Palazzo d’Orleans ritiene che i deputati azzurri siano suoi camerieri, coordinati da un maggiordomo, Marcello Caruso, che lui ha ingaggiato con uno stipendio di segretario particolare. Non gli concede pertanto alcun diritto: quelli rivendicano un assessorato e lui li scavalca arruolando dei tecnici come Dagnino o la Faraoni. E se ha da tagliare una testa, non taglia quella della Faraoni – che è il vero disastro della Sanità – ma quella del suo amico Salvatore Iacolino, il quale, avendo detto..

Ricco ma inutile
Di Maio is back

Ora che è scattato il cessate il fuoco, ora che Hamas ha restituito gli ostaggi, ora che sull’orizzonte di Israele e dei palestinesi si profila, come ha detto Trump “l’alba storica di un nuovo Medio Oriente”, ora ricompare la faccetta tonda e ridanciana di Luigi Di Maio che fu vicepremier e ministro degli Esteri in Italia e ora è il rappresentante speciale dell’Unione Europea con delega per i Paesi del Golfo. E’ spuntato tra le pagine dell’Huffpost con una intervista nella quale sostiene che “gli europei hanno esercitato la massima pressione per fermare in conflitto”. Insomma, Di Maio – il grillino che credevamo scomparso in un deserto d’Arabia col suo stipendio di quindicimila euro al mese – è tornato. Is back, per dirla con il linguaggio dell’alta diplomazia internazionale. Fortunatamente..

Da Tardino a Schifani
tramite il pagnottista

Si sono corteggiati per un mese. Da un lato c’era lei, Annalisa Tardino, l’ex europarlamentare leghista nominata dal ministro Salvini al vertice dell’Autorità Portuale. Dall’altro lato c’era lui, Maurizio Scaglione, il super pagnottista di Palazzo d’Orleans. Lei cercava brillanti vie di comunicazione, pari a quelle attivate da Pasqualino Monti, suo magico predecessore. E lui, uno specialista dei retrobottega e dell’informazione cash (paghi e vai sui giornali) ha offerto la sua merce. Finalmente si sono ritrovati. Ieri Annalisa Tardino è entrata in pompa magna nel bar del faccendiere per la rituale intervista. Segno che il contratto – in affidamento diretto, va da sé – sarebbe stato già firmato. I piccioli dati a Scaglione somigliano tanto a un ponte lanciato dall’ex parlamentare leghista verso Renato Schifani. Per dimenticare il Tar e altri..

Affidiamo alla Meloni
il nostro San Francesco

Chi glielo dice a Giorgia Meloni che l’accozzaglia di centrodestra ha sabotato il doveroso omaggio a Biagio Conte, il missionario di “Speranza e Carità” meglio conosciuto come il San Francesco di Palermo? La presidente del Consiglio è una devota del Poverello d’Assisi. Lo è al punto che si è battuta perinde ac cadaver per elevarlo a “Patrono d’Italia”. Il governo di Sicilia poteva seguire il suo esempio con Fratel Biagio. Invece al santo palermitano è stata sbattuta per tre volte la porta in faccia. Il film sulla vita eroica e straordinaria del missionario laico non riesce a ottenere dalla Regione i finanziamenti necessari. Il governatore Schifani ha preso per tre volte un impegno solenne. Ma per tre volte quell’impegno è naufragato nel mare delle imboscate e delle risse tra i..

Quell’asse funesto
tra due presidenti

Meno male che il presidente Schifani aveva rinsaldato l’asse con Galvagno. E meno male che aveva rassicurato i suoi trombettieri sentenziando: “La maggioranza c’è ed è compatta”. Perché in queste ore la realtà dice esattamente il contrario. Dice che Sala d’Ercole è un campo di battaglia dove ogni proposta del governo viene fucilata nel segreto dell’urna. Galvagno ha provato, da presidente dell’Ars, a tirare qualche ragno dal buco ma non lo ascolta più nessuno. Anzi. Se è vero che i voti contrari arrivano soprattutto dai patrioti, irritati dalle scelte di Palazzo d’Orleans sulla sanità, è probabile che il destinatario dei messaggi lanciati dai franchi tiratori sia, oltre a Schifani, anche l’ex golden boy di Fratelli d’Italia, visto come il disertore che nella battaglia cruciale si è consegnato al nemico. L’asse..

C’è pure l’antimafia
delle persecuzioni

Scusate la domanda, ma che ne facciamo della sofferenza patita da Giuseppe Ferdico o del calvario che ha accompagnato fino alla morte Francesco Lena? Il “re dei detersivi” è stato dichiarato innocente dopo tredici anni e dopo che ha perso famiglia, amici e un patrimonio di cento milioni di euro. Mentre per l’imprenditore vitivinicolo di Castelbuono i familiari chiedono a ragione un risarcimento di ventuno milioni di euro. Ferdico e Lena sono rimasti incagliati tra le spire di una antimafia chiodata, ingiusta e persecutoria. Sì, persecutoria. L’aggettivo è sgradevole, specie se raffrontato ai nobili ideali che hanno alimentato, dopo le stragi, la rivolta della società civile contro i boss di Cosa Nostra. Ma dopo avere visto l’antimafia delle pagnotte salire sul palco della Festa dell’Unità quale aggettivo potrà mai scandalizzare..

Il cappello di Galvagno
sulla Corte dei Conti

L’avvocato catanese Pietro Ivan Maravigna è stato eletto ieri, a scrutinio segreto, componente della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti. Sul suo nome sono confluiti a Sala d’Ercole 37 voti su 65 votanti. Le cronache parlamentari riferiscono che “il suo profilo è stato caldeggiato da Gaetano Galvagno”, il presidente dell’Ars sotto inchiesta per corruzione e peculato. Non conosco la storia dell’avvocato Maravigna, ma sono certo che siamo di fronte a un giurista di altissimo valore professionale e di cristallino rigore morale. Disturba non poco, però, la sfrontatezza con la quale Galvagno – che ha problemi con la giustizia penale e, forse, potrà averne qualcuno anche con la magistratura contabile – abbia fatto sapere ai giornali che la nomina è stata patrocinata da lui. Un sovrappiù che non sparge..

S’è preso la rivincita
su Tajani e Chinnici

Chi lo dice ad Antonio Tajani che Totò Cuffaro, buttato dalla finestra, è già rientrato dalla porta? Chi lo dice al segretario di Forza Italia che il tanto sputacchiato segretario della Dc oggi è l’unico punto fermo del governo presieduto da Renato Schifani? Nel maggio del 2024, alla vigilia delle elezioni europee Totò “vasa vasa” voleva federarsi con Forza Italia. Ma ci fu il veto di Caterina Chinnici, appena passata dalle file mortizze del Pd al partito, per lei molto promettente, di Forza Italia. Tajani, come si ricorderà, preferì accontentare la figlia del giudice ucciso dalla mafia e ostracizzare il leader Dc. Il quale ha ingoiato il rospo e, senza creare scompigli o meditare vendette, ha dato all’azzurro Schifani la solidità che Forza Italia e gli altri alleati non sono..

Gerenza

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