Non potendo rifugiarsi sotto l’ombrellone del Papeete (il meteo su Milano Marittima annunciava una domenica di pioggia con rare schiarite), non potendo più sorseggiare la solita lattina di Fanta sui mogani intarsiati del Palazzo del Viminale, Salvini è andato a passare la serata dalla D’Urso («Senti Matteo…», «Ti dirò, Barbara…» perché la tv è come una grande famiglia, ci si dà tutti del tu) negli studi di Cologno, provincia di Pontida. E Barbarella, che scema non è, gli ha fatto trovare una selezione delle mirabolanti attrazioni del gran circo degli ospiti un tanto al pollice, gente che passa in automobile o sull’alta velocità Milano-Roma e ritorno, solo il tempo che serve a trasmigrare da uno studio televisivo all’altro e a cambiare d’abito e acconciatura: Zanicchi, D’Eusanio, Parietti, Argento figlia, perfino il redivivo Idris dei tempi gloriosi del calcio di «Quelli che…».

Ma a parte la Zanicchi che, ruspanteria per ruspanteria, più che parlarci con Salvini ci avrebbe volentieri giocato a briscola in cinque, più che la D’Eusanio sempre pronta battendo gli occhioni a sfoderare i soliti luoghi comuni dello psicosociologismo da “per favore, regia, dammi la 2 che sul profilo sinistro vengo più convincente”, più che Idris (quasi non pervenuto), il peggio del trash catodico e il peggio della politica (si fa per dire) s’è avuto nei “duelli” con la Sacerdotessa del MeToo (poi pubblicamente accusata anch’ella) e l’ex Nostra Signora della Selvaggeria (come la affrescava sulla sua Raitre il buon Angelo Guglielmi).

Nonostante il pubblico idolatrante che lo accoglie ovunque s’accenda una telecamera, parta un mixaggio in consolle, echeggi il clic di un selfie, Salvini – si capisce – non ha più vita facilissima (Maria Carmela in arte Barbara osservava infatti un po’ allarmata con occhio ancora più sgranato che nella norma) soprattutto perché perfino davanti alle critiche degli alunni di una primaria replica oramai sempre la stessa gestualità, quell’allargar di braccia unito a un lento indietreggiare di spalle sulla poltrona che sta a metà tra un rassegnato «e vabbè, se volete aver ragione a tutti i costi, ditelo…» e il vittimista «d’accordo, se proprio avete deciso così, mettetemi pure in croce».

Figurarsi con Asia e Alba. Si sono tirati fuori 25 aprile e congiunti partigiani o trucidati nei campi di concentramento nazisti, più recenti lutti privati e bambini di Bibbiano esibiti in comizio («è stata la mamma a darmela in braccio!»),  insulti sui social (lui alla Argento: «Lei ha scritto Salvini merda!», l’attrice: «E lei mi ha scatenato contro l’odio dei suoi!») e percentuali di voto (la Parietti si è sublimata in versione Doxa come fosse da Vespa, tanto da autoincensarsi nottetempo su un post sussurrando che per tal motivo, fuori onda, Salvini le ha pure stretto la mano complimentandosi). Lui cercava di portare l’argomento sempre sul suo tormentone, i migranti, ma non è più così semplice l’aggancio (ci sarà pure, mannaggia, qualcosa che accomuni la Liberazione e gli scafisti: studia Morisi, studia!).

Soliti sapori forti e mal mischiati del solito repertorio indigesto della televisione pop, compreso il mugugno sarcastico del pubblico quando, interrotta dall’ex vicepremier, la Argento ha detto «mi lasci parlare, sono una signora». E vai col coro… Oggi si offenderebbero perfino le caserme, al paragone con gli studi tv. Però, poi, dal momento che tutti i salmi finiscono in gloria, perfino l’Asia, spentesi le telecamere, non ha resistito dal selfizzarsi con il politico più selfizzante che la storia della Repubblica conosca.

Comunque, di presunti abusi su bambini per presunti fini di truffa, anche se non in versione megadiscoteca come dalla D’Urso ma con un coté da onoranze funebri di classe, ieri sera si parlava anche da Massimo Giletti. Per non dire delle ciàcole post prandiali della “zia Mara” con la Lollo a «Domenica in», e del il giovane e avvenente “badante” della Lollo, i beni sequestrati della Lollo, l’ex marito per procura della Lollo, il figlio legittimo della Lollo in lite con mammà e il nipote della Lollo che è già adulto e nonna vorrebbe tanto ma tanto rivedere, e dunque con l’ormai stantio appello finale familista della Venier: «E chiamala ’sta nonna, Dimitri, che te vo’ tanto bene… chiamala ’sta pora nonna…».