Quello che accade a Bellolampo è il paradigma di una Sicilia che non funziona e a cadenza regolare – in pratica ogni estate – rischia di sprofondare sotto una montagna di rifiuti. La discarica di Palermo, fra l’altro, è chiusa da settimane perché l’ultima vasca disponibile, la sesta, è satura: la Rap, con uno sforzo economico ingente (100 mila euro al giorno), conferisce in altri siti, a oltre 200 km di distanza. E il piazzale di Bellolampo è ingolfato da 15 tonnellate di monnezza (non trattata). Ieri sono cominciati i viaggi dei compattatori verso i tre siti individuati dalla Regione per smaltire la spazzatura in eccesso, ma ci vorranno settimane. Solo così la “bomba ecologica” potrà essere disinnescata. Il deputato regionale Vincenzo Figuccia, che nel governo regionale ha rivestito per una quarantina di giorni l’incarico di assessore all’Energia, ha chiesto “la chiusura immediata” della discarica. Nel frattempo la procura di Palermo ha aperto un’inchiesta – ormai da un anno e mezzo – sulla gestione della discarica. L’ipotesi di reato è “inquinamento ambientale”: i magistrati stanno cercando di fare luce sull’inadeguatezza dell’impianto di biotrattamento. Sono indagati un ex dirigente regionale e un altro del Ministero dell’Ambiente.

Onorevole Figuccia, la Regione sta provvedendo alla realizzazione della settima vasca (sarà pronta a settembre 2020). Se chiude Bellolampo, dove finiscono i rifiuti? Sa che il comune di Palermo e la Rap sostengono costi enormi per conferirli nel resto della Sicilia?

“Non è che il problema è nato stamattina. C’è chi per 40 anni ha dormito. Ma di questi sonni profondi non può piangerne le conseguenze una fetta di palermitani. Continuando a mettere la polvere sotto il tappeto, o l’immondizia dentro ogni-volta-una-nuova-vasca, non risolviamo nulla”.

Perché va chiusa subito?

“La discarica nasce mezzo secolo fa, in una Palermo diversa da quella che conosciamo oggi. Non si era al corrente delle nuove tecnologie e non si erano definite le strategie complessive per la raccolta e il conferimento dei rifiuti. All’epoca, forse, immaginare un impianto di quel genere avrebbe avuto senso. Nei decenni, però, Bellolampo si è andata espandendo, passando da una prima, una seconda e una terza vasca, fino all’ipotesi di costruirne una settima. Oggi le direttive comunitarie e la normativa spingono nella direzione del riciclo, quindi tutto ciò risulta anacronistico”.

L’assessore all’Ambiente Giusto Catania sostiene che non c’è alcun disastro ambientale.

“Dalle interviste fatte nei giorni scorsi a tanti nuclei familiari che vivono a Bellolampo, ma anche dalle analisi svolte da alcuni centri di ricerca – non ultima l’Arpa – abbiamo appreso che in quell’area si assiste all’aumento di gravi malattie, come tumori e leucemie. E tanta gente che ci viveva, ora non c’è più. E’ stato oltrepassato il limite. Se a tutto questo aggiungiamo che l’impianto Tmb (trattamento meccanico biologico), negli anni, non ha avuto la giusta manutenzione e che di fronte allo spiazzale della discarica insistono quindici tonnellate di rifiuti, ci sembra ragionevole affermare che siamo di fronte a una bomba ecologica”.

Che sarebbe dovuta esplodere con le prime piogge…

“Settembre è arrivato e purtroppo stiamo assistendo a quella che ieri era considerata soltanto una minaccia. I 16 milioni di finanziamento concessi dallo Stato in questi giorni, devono essere utilizzati per incentivare la raccolta differenziata, che non è mai decollata a causa delle politiche sbagliate di un’amministrazione che governa Palermo da decenni. Spendere soldi per portare i rifiuti altrove, senza avere una strategia complessiva sul sistema di smaltimento, rischia di essere un palliativo”.

Qual è la cosa che l’ha maggiormente impressionata durante la visita a Bellolampo?

“La presenza di animali al pascolo, come mucche e pecore, e di cani e gatti che girovagavano nei dintorni. Non capisco perché una “bomba” di questo genere debba pendere sulla testa dei cittadini che vivono a Borgonovo, Boccadifalco, Passo di Rigano, ma anche nei comuni limitrofi. E’ un attentato all’umanità che va affrontato con forza e determinazione. Se un sito del genere fosse stato scoperto in un distretto produttivo del Nord-Est, per chiuderlo sarebbero intervenuti i caschi blu”.

Qual è l’alternativa a Bellolampo?

“Non capisco perché nel Mezzogiorno, o nella quinta città d’Italia, non debbano esserci impianti di nuova tecnologia e a zero emissione come in altre aree d’Italia, a partire da Brescia. Perché dobbiamo tenerci ancora quest’obbrobrio? Nel resto del Mondo si fa diversamente, e anche in Sicilia è giunto il momento di osare. Ma se da un lato serve la costruzione di impianti di smaltimento, dall’altro bisogna spingere sul tema della differenziata”.

A proposito, i dati non sono incoraggianti. Il 39% a livello regionale, ma il 19% a Palermo nei primi quattro mesi del 2019. Le città metropolitane ancora ingolfano il sistema. Perché?

“Il 39%, fra l’altro, stride col dato dei comuni minori. Laddove piccole comunità vivono e sviluppano un forte senso di appartenenza e di partecipazione, le percentuali riescono a raggiungere numeri importanti. Probabilmente le amministrazioni delle città metropolitane, che hanno visto il sindaco Accorinti a Messina, Bianco a Catania e Orlando a Palermo, non sono riusciti a far passare un forte messaggio di sensibilizzazione. L’effetto di questo atteggiamento è che molti palermitani sono convinti – ahimè, correttamente – che i buoni propositi e i sacrifici fatti in casa per differenziare i rifiuti, si annullino in discarica, dove si finisce spesso per indifferenziare. Questo processo nei decenni ha innescato l’idea che ciò che è di tutti non è di nessuno. E in questa città il bene comune, la tutela e la salvaguardia dell’ambiente, diventano di nessuno”.

Quindi, la carenza culturale è determinata dalle responsabilità della politica?

“E’ possibile che un palermitano che si trasferisce a Milano fa bene la differenziata e a Palermo questo non succede? Non avviene perché l’amministrazione non è stata capace di rappresentare buoni esempi ed essere credibile. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, ma ormai è tardi per continuare a piangere il morto. Bisogna fare un colpo di schiena e mettere in campo delle strategie più coraggiose”.

Di recente la Regione ha prorogato di dieci anni l’Aia (autorizzazione di impatto ambientale) alla discarica della Oikos, l’impianto della famiglia Proto che sorge a cinquecento metri da Misterbianco. Fra l’altro uno dei proprietari è stato condannato a sei anni in primo grado per corruzione. E dietro questa condanna – in attesa delle motivazioni dei giudici – potrebbe esserci il rilascio di una qualche autorizzazione. Le discariche tirano sempre tanto perché sono una fonte di reddito inesauribile per i privati?

“Raffaele Cantone, dell’anticorruzione, sosteneva che nel campo dei rifiuti il sistema di aggiudicazione degli appalti sfugge a un sistema di legalità. Lo diceva Cantone, non Figuccia. La legalità non si fa a parole, servono atti forti e concreti. E chi vuole andare controcorrente rispetto ai meccanismi di cui mi parla lei, deve dimostrarlo coi fatti e non a parole. Le soluzioni ci sono e bisogna solo applicarle”.

Onorevole, a Roma è appena cambiato il governo. In Sicilia si cerca ancora di capire se il nuovo scenario favorisca il governo Musumeci o le opposizioni, che adesso potrebbero cementarsi e mettervi il bastone fra le ruote all’Ars.

“Io non credo che un governo possa rafforzarsi o indebolirsi in funzione di quello che fa l’avversario. Penso che debba collegarsi maggiormente al sentimento popolare: è quello che racconta se è o meno in buona salute. La coalizione di centrodestra, in Sicilia, si rafforza se sarà in grado di dare risposte in tutti i settori: dai rifiuti, alla sburocratizzazione, al sostegno alle imprese. Dobbiamo essere cauti nell’immaginare che il nostro operato possa essere misurato coi numeri in assemblea. La mia posizione, pur essendo un membro della maggioranza, non sarà mai acritica. Se riusciremo a confrontarci sui temi e appropriarci della spinta che serve allo sviluppo della Sicilia, potremo andar bene oltre i 36 della maggioranza. Se questo non dovesse succedere, non ricorreremo ad accordicchi come a Roma. Spero che il governo regionale abbia la capacità di distinguersi dalla cattiva politica, rispetto alla quale bisogna mettere in campo una piattaforma vera per uscire dalla palude”.