I conti ancora non tornano: a meno di due mesi dalle vacanze di Pasqua, prenotare un biglietto aereo è già un’impresa. Simulando l’acquisto di un Catania-Milano Linate in prossimità delle date di riferimento (7-11 aprile), è difficilissimo scendere sotto i 400 euro. La Regione, per quanto di propria competenza, non è ancora riuscita a individuare una soluzione definitiva. Fermo restando la denuncia all’Antitrust per segnalare “un eventuale patto illegittimo di cartello tra le compagnie che attualmente operano” in Sicilia, cioè Ita e Ryanair, ieri Schifani ha introdotto in conferenza stampa la terza compagnia aerea che unirà l’Isola al continente. Si tratta della neonata AeroItalia, una società a capitale privato fondata lo scorso luglio, che garantirà fino a sei collegamenti al giorno con Roma. Dal primo giugno, però (e da ottobre su Fontanarossa).

A Pasqua, se il cronoprogramma sarà confermato, verrà inaugurata la tratta Catania-Bergamo. “Faremo in modo che le tariffe non superino i 150 euro”, ha spiegato l’amministratore delegato Gaetano Intrieri. Per il resto vale sempre la legge del mercato che, in attesa di capire le determinazioni dell’Antitrust, ha portato Ita e Ryanair a spingere i prezzi alle stelle già per Natale. Cosa che avverrà anche a Pasqua e il prossimo agosto, nel pieno delle ferie estive. La vicenda del caro-voli è strutturale e, nonostante l’impegno a parole, i siciliani non godono a pieno del diritto alla mobilità che invece è garantito agli abitanti delle altre regioni. In questo vortice di informazioni, tentativi, beffe e rinunce spicca il dato degli aeroporti – reso noto durante l’appuntamento della BIT di Milano – che fa segnare numeri da capogiro e, al contempo, rischia di “inquinare” il quadro generale, dove ogni giorno i residenti (ma anche i turisti) si confrontano con tariffe immonde.

L’aeroporto Falcone-Borsellino di Palermo ha chiuso il 2022 con 7.100.000 di passeggeri (+55% sul 2021) e 52.008 movimenti (+1,9%). La media dei passeggeri per volo è stata di 136, raggiungendo quella del 2019. Molto bene anche il traffico internazionale: 27% sul totale passeggeri (quasi 2 milioni). A Catania, l’aeroporto Fontanarossa con i suoi 10.099.441 passeggeri (+64,9% sul 2021) e 72.505 movimenti (+43,8% sul 2021) si piazza al primo posto per passeggeri nazionali, superando alcuni dei principali aeroporti italiani. Il turismo, però, è ben altra cosa rispetto alla mobilità interna. E non sarebbe corretto, di fronte a cotanti numeri, voltarsi dall’altra parte. In Sicilia il caro-voli è una piaga costante. A Natale il presidente Schifani fu costretto a imbarcarsi da Napoli, su una nave, per tornare a Palermo: a Roma non c’erano più posti disponibili. Dell’impegno messo in campo da Ita Airways per aumentare le frequenze alla vigilia di Natale e Capodanno, non rimane traccia.

I politici sono sempre più in panne di fronte a una crisi dettata dall’insularità. Ci avevano provato, e per un certo periodo c’erano pure riusciti, con la continuità territoriale: vale a dire prezzi calmierati per i residenti, che ancora oggi sono in vigore su alcuni collegamenti da Trapani. A Comiso il servizio è andato in pensione con la fine di Alitalia, che garantiva collegamenti con Roma e Milano a prezzi fissi. Una recente sentenza del Consiglio di Stato, che ha accolto il ricorso di Ryanair, ha fatto vacillare le certezze anche a Birgi, asserendo che le tratte in continuità non sono necessarie. Palermo e Catania, essendo due importanti hub aeroportuali, non hanno mai goduto della continuità territoriale, sebbene qualcuno avesse provato a proporla (ben conscio degli ostacoli che l’Europa avrebbe posto sul vincolo degli aiuti di Stato). E allora ci restano le ‘tariffe sociali’ per alcune categorie di viaggiatori: a partire da studenti e lavoratori fuorisede, ma anche per chi deve affrontare le cure fuori regione. Per costoro sono previsti sconti del 30% (con Ita) fino a esaurimento posti.

Di recente era tornata in auge la proposta di creare una compagnia di bandiera siciliana: l’ha messa sul piatto il Codacons, che all’inizio di quest’anno aveva coinvolto Aerolinee Siciliane spa. Cioè una formazione già schierata dall’imprenditore Luigi Crispino, ma mai scesa in campo. Il progetto, del 2017, si infrange sul rifiuto della Sac, la società di gestione dell’aeroporto Fontanarossa di Catania, che nega la fornitura di alcuni spazi utili a ottenere il Certificato di operatore aereo (Coa) da parte dell’Enac. La decisione viene confermata dal Tar del 2022. Crispino era stato il fautore di un altro tentativo un po’ più fortunato: quello che nel 1994 porterà alla luce Air Sicilia: si parte con un solo aereo, ma la flotta viene potenziata negli anni. E permette, oltre agli iniziali collegamenti da Catania e Palermo con Milano e Lampedusa, di spingersi fino a Bari, Roma e Tunisi. Dura qualche anno, poi, nel 2002, la magia svanisce a causa di molte vicissitudini (anche finanziarie). La stessa sorte tocca a WindJet, la compagnia fondata da Nino Pulvirenti, ex patron del Catania Calcio, che per qualche anno, e a prezzi modici, collega la base di Fontanarossa con trenta aeroporti in Italia e in Europa. I voli vengono sospesi nel 2012, poi la società viene dichiarata fallita.

L’ultimo tentativo, però, è quello che non s’è mai fatto. Cioè consentire all’Ast – la società partecipata della Regione che oggi fatica a garantire a malapena le tratte urbane del trasporto su gomma – di allargare il proprio raggio di competenze e mirare ai cieli. C’era già il nome, e il logo coi colori della Trinacria, se la politica non si fosse opposta: “LeAli di Sicilia”. Come ricostruisce Mario Barresi su ‘La Sicilia’, in un articolo del 2021, venne avviato l’iter con Enac per l’ottenimento del Coa. Si sarebbe operato sulle basi di Comiso e Trapani, stabilendo tariffe fisse per 365 giorni l’anno (massimo 150 euro il collegamento per Milano). Costi per la Regione? Inizialmente nulla: il piano di start up – si leggeva sul quotidiano – prevede soltanto i costi vivi della procedura per ottenere il Coa, poche decine migliaia di euro stanziati da Ast. Poi lo studio ipotizza diversi scenari, compresa la partnership con alcune compagnie (dialogo aperto con Lufthansa tramite la controllata Air Dolomiti) in una società mista, anche con la possibilità di una gestione con la formula “Acmi”, una sorta di noleggio in cui Ast metterebbe gli aerei e il socio privato tutto il resto dei servizi”. Ma l’affare non quaglia, l’Ast sprofonda nell’operazione Gomme Lisce che ne azzera i vertici, e tutto va in fumo.

Oggi l’ipotesi di affidarsi a una compagnia di bandiera – secondo molti, la panacea di tutti i mali – è passata in secondo piano. Per aggirare l’ostacolo del caro-voli si seguono vie impervie: una porta dritta alla privatizzazione degli scali, come aveva accennato a metà dicembre il presidente della Regione. “Capisco che nella nostra Isola ci siano logiche profondamente radicate – diceva Schifani -, ma il mondo delle gestioni aeroportuali in Italia ha subito una profonda trasformazione negli ultimi anni. Anche per la Sicilia è giunto il momento di cambiare. Con le privatizzazioni si sono ottenuti risultati concreti ed evidenti che sono sotto gli occhi di tutti: non contano soltanto gli utili, ma anche efficienza e servizi per i cittadini”. Nelle more di una botta di coraggio, però, l’obiettivo prioritario è fare sistema. Arrivando fino alla fusione. Come nel caso di Punta Raisi e Birgi, nonostante le palesi resistenze di Roberto Lagalla, sindaco di Palermo: “Affideremo alla nuova governance il compito di elevare il valore commerciale dell’aeroporto – si limita a dire – e non si potrà non tenere conto di un’offerta integrata con Trapani, dal punto di vista del servizio reso all’utenza”.

A Catania la situazione sembrava persino più fluida, finché gli incastri sulle Camere di Commercio (quella del Sud-Est conserva una quota importante della Sac) hanno finito per rallentare i processi. Al di là delle logiche prevalenti di mercato, al di là delle esultanze effimere di chi descrive l’aumento dei flussi turistici come il risultato di intuizioni isolate (vedi See Sicily), resta un quadro desolante per gli spostamenti da e per l’Isola. Al netto dei visitatori, esiste una fetta enorme di siciliani che non può disporre degli spostamenti desiderati. Che si sente cittadinanza di Serie B. Che ha esaurito da tempo la voce della protesta. E che finirà per rassegnarsi. Com’è già accaduto tante volte.