In base alle disposizioni sul “salvataggio in mare”, la comandante della Sea Watch Carola Rackete avrebbe fatto bene a entrare nel porto di Lampedusa perché “l’obbligo di prestare soccorso non si esaurisce nell’atto di sottrarre i naufraghi al pericolo di perdersi in mare, ma comporta l’obbligo accessorio e conseguente di sbarcarli in un luogo sicuro” . Lo afferma la Cassazione nelle motivazioni depositate oggi di conferma del ‘no’ all’arresto di Rackete con l’accusa di aver forzato il blocco navale della motovedetta della Guardia di Finanza, speronandolo, per impedirle l’accesso al porto. L’impatto è avvenuto lo scorso 29 giugno a Lampedusa: a bordo della Sea Watch erano presenti 40 migranti più alcuni parlamentari del Pd. Secondo i giudici della Suprema Corte legittimamente è stata esclusa la natura di nave da guerra della motovedetta perché al comando non c’era un ufficiale della Marina militare, come prescrivono le norme, ma un maresciallo delle Fiamme Gialle. Dunque Rackete ha agito in maniera “giustificata” dal rischio di pericolo per le vite dei migranti a bordo della sua nave.