Matteo Renzi in Sicilia riparte da Catania. Certamente in questa scelta di fondo c’è l’idea di “premiare” l’adesione di Luca Sammartino, punta di diamante del gruppo parlamentare di Italia Viva all’Ars. Sammartino è catanese (come il nuovo capogruppo Nicola D’Agostino, d’altronde) e alle ultime Regionali ha preso 32 mila voti, da qui l’appellativo di mister Preferenze. E’ il centravanti di questa nuova squadra che qualche giorno fa è stata presentata a Palermo, assieme al coordinatore nazionale Ettore Rosato, ma che oggi sarà al polo fieristico Le Ciminiere di Catania, per il “bagno di folla” annunciato da Davide Faraone, l’architrave del nuovo soggetto centrista (e riformista) di Renzi. Una puntatina (forse) bisognerà farla anche nel capoluogo di Regione, magari per convincere il sindaco Leoluca Orlando che il gioco vale la candela: d’altronde, lo hanno già capito otto consiglieri di Sala delle Lapidi, che hanno garantito l’adesione a Italia Viva.

Ma qui c’è Catania che spadroneggia. In lungo e in largo. All’interno della giunta regionale, ma questo è già noto, sono in tanti i rappresentanti del territorio etneo: da Nello Musumeci, che ha fatto di Ambelia – a due passi dalla sua Militello – l’ombelico turistico della Regione, a Manlio Messina, di fresca nomina al Turismo. Passando per Antonio Scavone, l’assessore alla Famiglia che è anche braccio destro di Raffaele Lombardo (l’ex governatore è originario di Grammichele), e Ruggero Razza, che comanda la Sanità. Ma è catanese anche l’assessore alle Infrastrutture Marco Falcone, che sta cercando faticosamente di ricostruire il tessuto di Forza Italia – dopo la scissione di Pogliese e soci – anche nel territorio di sua competenza. Dove ha assunto l’incarico di commissario provinciale. Ed è proprio al Grand Hotel Villa Itria di Viagrande, in provincia di Catania, che si tiene oggi e domani il meeting Etna 19 organizzato dai berluscones. Ci sarà anche il palermitanissimo Gianfranco Micciché, commissario regionale del partito, ma soprattutto il leader maximo: Silvio Berlusconi, il cui intervento è previsto per domattina prima di pranzo.

Catania è l’ombelico della politica regionale. Ma anche a livello nazionale conta. Il Comune, in forte dissesto finanziario, si è visto riconoscere un mega contributo da palazzo Chigi per scongiurare il fallimento. Grazie ai buoni uffici di Salvo Pogliese con Matteo Salvini, che l’11 agosto, poco prima di inaugurare la crisi del Papeete, si è fermato a Catania durante il tour dell’estate italiana annunciando che “abbiamo salvato Catania, senza essere degli eroi”. E proprio Pogliese, che in questi giorni è impegnato dal processo sulle spese pazze all’Ars, è l’anello di congiunzione fra la Sicilia e Giorgia Meloni, che di recente s’è fatta viva nell’Isola. Dove? A Catania, of course. Prima la leader di Fratelli d’Italia ha partecipato agli Stati Generali del Turismo promossi dall’assessore Manlio Messina. Poi ha fatto visita al cerchio magico di Pogliese e Catanoso durante “Muovitalia”, un evento civico e popolare su cui quest’anno ha messo il cappello la leader di Fratelli d’Italia. Che nel corso di quell’appuntamento ha dato l’avvertimento a Musumeci: “Parli di più coi partiti della sua maggioranza e ascolti le nostre proposte”.

Ma Giorgia non potrà mai togliere al governatore siciliano il primato di catanesità. Musumeci, che per un periodo è stato presidente della provincia, ha spostato nell’Ennese gli ultimi eventi di Diventerà Bellissima: è stata Pergusa, infatti, a ospitare il secondo corso di formazione politica a cui ha partecipato anche Musumeci. Che però, il famoso congresso di febbraio, quello che ha sancito il distacco da Raffaele Stancanelli, lo aveva organizzato proprio a Catania.

Dove, il governatore, ha fatto arrivare bei soldini: a parte il solito investimento per la stazione equina di Ambelia (10 milioni, più l’organizzazione della Fiera mediterranea del Cavallo e della Coppa d’Assi), ci sono anche una cinquantina di milioni – rimodulati – del Patto per il Sud, e originariamente destinati a centri “meno appetitosi” come Gela e Termini Imerese. Che infatti protestano. Ma anziché realizzare aree per cani e campi da calcio nella città di Crocetta (per progetti che non sono più cantierabili), la giunta ha virato su altri investimenti: come la rete viaria della zona industriale di Catania (10 milioni), e il “Bct-Breast Cancer con radiosensibilizzanti in radioterapia convenzionale e protonterapia” (7,9 milioni), con Università di Catania, azienda ospedaliera “Cannizzaro” e Istituto nazionale di fisica nucleare. Ma queste sono scelte politiche, non geografiche.

Catania ha visto rafforzare, però, la sua immagine anche da un punto di vista istituzionale. E’ lì che Musumeci riceve i ministri (con quello dell’Ambiente Sergio Costa, di recente, ha firmato il nuovo piano dell’aria al palazzo Esa). E’ da lì che provengono numerosi esponenti del sottogoverno siciliano: dal presidente dell’Ast, Gaetano Tafuri, a quello dell’Irfis, l’avvocato Giacomo Gargano, passando da Vito Branca (Riscossione Sicilia). E, per venire alla ciccia, è a Catania che si gioca una partita fondamentale per il futuro del trasporto aereo siciliano. E non solo per la richiesta di continuità territoriale inoltrata al Ministero delle Infrastrutture (ne beneficerebbe anche Palermo), quanto per il lungo iter di privatizzazione dell’aeroporto di Fontanarossa, su cui il governo – rappresentata dall’Irsap nel Cda – non è ancora totalmente convinto. Sarebbe una svolta epocale. Targata Catania.