Spie e spioni. Il gip ha dei dubbi, ma i giornali se ne fregano

Mi sono letto avidamente le decine di pagine dedicate dai giornali a quest’ultima storia di spie, da cui la procura di Milano ha tratto coscienza del rischio per la tenuta delle istituzioni e della democrazia. Un rischio talmente elevato che la procura aveva chiesto al giudice delle indagini preliminari il carcere per tredici indagati, pericolosi agenti dell’eversione in contatto con la mafia e i servizi segreti, anche di altri paesi. Il giudice ha invece stabilito gli arresti domiciliari, e non per tutti e tredici, ma soltanto per quattro di loro. Si intuisce una differenza di vedute, non leggera, fra quanto la procura ha proposto e quanto il giudice ha disposto, e dunque sulla portata dell’inchiesta. Eppure i giornali sono costruiti sulle carte della procura e per nulla sulle carte del..

Liguria, messaggio al centrosinistra: con Conte si perde

Fuori. Il più facile dei rigori a porta vuota – manette, girotondi, scandalo indignato, elezioni anticipate e governatore uscente che addirittura patteggia mentre si distribuiscono i santini elettorali – finisce in tribuna. Per un soffio, ma non va in gol. Andrea Orlando, che dalle primarie del Pd del 2017 non si metteva in gioco in prima persona, rimedia nella sua Liguria una sconfitta di misura. Che ora potrebbe non essere orfana. Fra tre settimane tocca all’Umbria, altro fortino del centrodestra che dopo ieri sera sembra meno espugnabile. Matteo Salvini ha già piantato la tenda a Perugia. “Se perdo sarà per colpa mia”, aveva confessato l’ex pluriministro dem al teatro Politeama di Genova, durante la chiusura della campagna elettorale. Appuntamento cercato, ma complicato nella costruzione tanto da diventare una notizia, la..

Quando c’era lui alla Cultura. Lui, il venerato Franceschini

La destra è maldestra su come si governa, anzi, su come si galleggia, si sopravvive, si nomina, si fa clientela e ci si protegge dai giornali che mai assaltarono la sinistra malgrado tutto. Dopo appena due anni un ministro della Cultura si è dimesso, e un altro barcolla. Non riescono nemmeno a nominare un capo di gabinetto e finiscono spernacchiati su tutti i giornali. E allora quanto ci manca lui – solo e sempre lui – che nel gabinetto ci gettava 26 miliardi di euro con il bonus facciate e nessuno fiatava. Quanto ci manca, Dario Franceschini! Per otto anni ministro della Cultura, sempre sia benedetto e rimpianto, egli è infatti da sempre un professionista della politica. Lui sì. E come gran parte dei dirigenti del Pd, egli potrebbe oggi..

“Dossieraggi contro di me”
La premier al contrattacco

"Le inchieste dicono che il dossieraggio su di me è cominciato già alla fine del governo Draghi quando si capiva che sarei potuta andare al governo. Sulla vicenda dei dossieraggi mi aspetto che la magistratura vada fino in fondo, perchè, nella migliore delle ipotesi, alla base di questo lavoro c'era un sistema di ricatto ed estorsione, ma nella peggiore siamo davanti al reato di eversione. Nessuno Stato di diritto può tollerare una cosa del genere". Lo afferma il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nell'ultimo libro di Bruno Vespa, "Hitler e Mussolini. L'idillio fatale che sconvolse l'Europa (e il ruolo centrale dell'Italia nella nuova Europa)". Continua su Huffington Post

Meloni, anatomia di uno sfogo. Il perché del voto anticipato

Quando Giorgia Meloni si incavola è oggettivamente irresistibile. Tratto popolano, linguaggio anche colorito, tutto si può dire fuorché che finga o che abbia perso l’autenticità: me so’ rotta, me ‘sto a fa un mazzo tanto pe’ questi qua, sono stanca. Effettivamente, dalla ripresa post ferie, ogni giorno ce n'è una: prima la soap pompeiana, poi il caso Spano, ridda di chiacchiere e veleni, eccetera. Direbbe un politologo che sta misurando i limiti della sua classe dirigente. Gli sfoghi, ultimamente, si concludono con una frase su quanto sarebbe meglio andare a votare. Addirittura, talvolta, proseguendo su questo filo di pensieri, si spinge a dire quanto sarebbe meglio tornarsene all’opposizione magari con un bel trenta e passa per cento, lasciando agli altri le grane di un paese ingovernabile e strozzato dal patto..

Beppe chi? Del licenziamento
di Grillo il M5s se ne infischia

Beppe chi? Nel giorno in cui Conte licenzia il fondatore, il Movimento Cinque Stelle, anche quello più corsaro alla maniera del comico genovese – sostanzialmente se ne fa una ragione. In attesa che Grillo replichi, a protestare sono solo quelli che stanno fuori dal Parlamento. Sgarro più grande Giuseppe Conte a Grillo non glielo poteva fare, accusandolo apertamente di sabotaggio. “Con Grillo qualcosa si è incrinato in maniera irreversibile”, dice. E per essere più chiaro, il presidente del M5s annuncia che non rinnoverà il contratto di consulenza per la comunicazione, in scadenza a dicembre, che destina al fondatore M5s 300mila euro l’anno. Loro lo pagano per comunicare, ma quello contro-comunica. E dunque: licenziato. Continua su Huffington Post

La bizzarra passione di Schifani per i suoi venerati nemici

Diciamolo brutalmente e senza le sofisticherie della politica: Renato Schifani odia i deputati di Forza Italia, che dovrebbe invece amare, consultare e coccolare; mentre va letteralmente pazzo per quelli che sono stati i suoi nemici. Un comportamento a dir poco bizzarro, ma tant’è. I fatti parlano chiaro. Subito dopo avere vinto le elezioni, il neo presidente della Regione ha ceduto metà del regno a Gaetano Armao, l’opaco avvocato d’affari che alle “regionali” del settembre 2022 fu candidato alla Presidenza della Regione, dunque suo rivale, sotto le bandiere di Carlo Calenda e Matteo Renzi. Gli ha offerto una consulenza di sessanta mila euro l’anno, gli ha affidato le pratiche più delicate che transitano dal retrobottega di Palazzo d’Orleans e, come se non bastasse, lo ha imposto al vertice del Cts, il..

La passione di Giuli: dopo un mese
e mezzo è già isolato dentro FdI

E’ il fuoco amico, quello de destra, il vero problema di Alessandro Giuli, ministro della Cultura con già due capi di gabinetto cambiati (uno cacciato, Francesco Gilioli, e l’altro dimissionario, Francesco Spano) in un mese e mezzo. Il successore di Gennaro Sangiuliano, da quando è stato nominato, fa i conti con tutta l’infosfera globale meloniana: politica e mediatica. Un braccio di ferro sotterraneo, ma non troppo, con colonnelli e caporali di Fratelli d’Italia che dopo lo scandaletto di Maria Rosaria Boccia vogliono pilotare da Palazzo Chigi, senza più sorprese, il Collegio Romano. Egemonia tecnocratica, prima che culturale. “Giuli è d’area, ma non è organico: deve seguire la linea perché è stato messo da noi e non dalla sinistra”, dicono i discepoli di Giovanbattista Fazzolari. E cioè il potentissimo sottosegretario alla..

Da Report al Colle a Marina B. I soliti sospetti della Meloni

Suona la fisarmonica. Rapporti che si contraggono e poi si distengono. Dietro alla “cordiale collaborazione istituzionale” fra Palazzo Chigi e il Quirinale c’è la storia di un’altalena che non si ferma mai. Niente di personale fra la premier Giorgia Meloni e il capo dello stato Sergio Mattarella. E però, dopo 24 mesi, c’è un allineamento che fatica a compiersi. L’approccio muscolare e talvolta incendiario della destra di governo non è lo stile ideale per il Colle, come di converso la rigidità lamentata dagli uffici legislativi di Palazzo Chigi. Tutto questo concorre a creare un clima di piccoli e grandi sospetti all’insegna della massima dissimulazione. Ne è la riprova il decreto sui Paesi sicuri varato lunedì dal Cdm, dopo il caso Albania, preceduto e accompagnato da parole di benzina nei confronti..

Albania. Il decreto della Meloni
contro la cautela di Mattarella

Oplà. E il decreto interministeriale diventa un decreto legge sui paesi terzi considerati sicuri (che passano da 22 a 19). La reazione del governo, e di Giorgia Meloni, allo stop del tribunale di Roma all’esperimento albanese si consuma in un Consiglio dei ministri veloce. Annunciato all’insegna del “non ci fermeranno”. E’ la reazione ciò che conta: perché ad ascoltare le voci del centrodestra ormai sopra Palazzo Chigi è tutto un sabba di magistrati e opposizioni. Il decreto legge, che forse non risolve il vulnus con l’Europa, è stato accompagnato in maniera silente ma costante dal lavorìo degli uffici legislativi del governo con quelli del Quirinale. Contatti a tutti i livelli fra lo staff di Meloni (in prima linea il sottosegretario Alfredo Mantovano) e il “mondo Mattarella”. Il presidente della Repubblica..

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