Cessate il fuoco su Gaza
Vigileranno 200 soldati Usa

Primo concreto passo in avanti nel piano di pace di Trump per Gaza. Con la ratifica nella notte dell'accordo da parte del governo israeliano (a maggioranza, con cinque ministri contrari dei partiti di destra di Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich) è entrato subito in vigore il cessate il fuoco nella Striscia, così come prevede il documento siglato in Egitto giovedì mattina. La tregua sarà monitorata da una task force congiunta con 200 soldati Usa e militari da Egitto, Qatar, Turchia e forse Emirati, come ha riferito un alto dirigente della Casa Bianca in una call cui ha partecipato anche l'ANSA. Inoltre lo Us central command stabilirà un "centro di coordinamento civile-militare" in Israele che aiuterà a facilitare il flusso di aiuti umanitari, nonché di assistenza logistica e di sicurezza..

L’annuncio di Trump nella notte
Israele e Hamas verso l’accordo

Israele e Hamas hanno raggiunto l'accordo sulla "prima fase" del piano per sospendere i combattimenti e rilasciare almeno i 20 ostaggi ancora vivi nel weekend quando in Medio Oriente, e forse anche a Gaza, dovrebbe arrivare l'artefice dell'accordo, Donald Trump, che ha annunciato sul suo social media Truth lo storico traguardo. "Sono molto orgoglioso di annunciare che Israele e Hamas hanno entrambi firmato la prima fase del nostro piano di pace. Ciò significa che tutti gli ostaggi saranno rilasciati molto presto e Israele ritirerà le sue truppe secondo una linea concordata, come primo passo verso una pace forte e duratura", ha scritto il presidente americano alla fine di una giornata in cui erano stati sempre più evidenti i segnali che l'intesa era imminente. Continua su Huffington Post

Francesca. L’ultimo mito, il più cupo, della sinistra italiana

Non è indispensabile aver letto Roland Barthes per sapere che anche la politica contemporanea e il consenso democratico vivono di mitologie. D’altra parte succede tanto a destra quanto a sinistra di pescare un pezzo più o meno grande di realtà e di costruirci intorno quanto serve perché l’elettore o il militante possano riconoscervi subito un’identità politica. Si sa che in politica i miti servono a dire, senza usare troppe parole, “Noi siamo quella cosa lì”. Quindi nessuno scandalo se la destra italiana si è appropriata poche settimane fa dell’icona del povero Charlie Kirk, che pure non aveva mai citato neanche per sbaglio quando era ancora in vita, o se la sinistra italiana oggi è alle prese con il mito di Francesca Albanese. Eppure non ricordo che nella storia recente della..

Sull’immunità a Ilaria Salis
ora litigano Salvini e Tajani

“Allora, è servito!”. Subito dopo il voto che per un soffio salva la collega Ilaria Salis dal processo in Ungheria, Mimmo Lucano esce dall’aula a Strasburgo col sorriso. È servito che lui, sindaco di Riace ed europarlamentare di Avs, sia venuto nella città alsaziana per votare. “Abbiamo cercato i voti uno a uno, non è stato facile”, confidano fonti vicine alla parlamentare di Avs, tirando più di un respiro di sollievo per la scelta dell’Eurocamera di confermarle l’immunità parlamentare che le autorità di Budapest volevano toglierle. È finita con 306 sì per la conferma dello scudo, 305 contrari, 17 astenuti e un centinaio di assenti. Favorevoli socialisti, sinistra, Verdi e Renew, anche se sulla carta hanno 310 voti. Contrarie le destre, dai Popolari in giù. Un solo voto di scarto,..

Tempo di transumanza. Per Mara Venier e politici di Sicilia

Mara Venier sa che è già pronto il lancio dei pomodori sulla sua inguardabile Domenica In. E con il coraggio tipico dei santoni della Rai – una casta bramina, che non riconosce i propri limiti e non vede le proprie colpe – cerca riparo sulla Nove, alla corte del suo amico Fabio Fazio. Ma la sofferenza, chiamiamola così, di “zia Mara”, regina di una televisione costruita sulla “semiologia dell’immobilismo italico” – è la sentenza del critico Aldo Grasso, sul Corriere della Sera – non impietosisce più nessuno. Somiglia tanto al cambio casacca, esercizio nel quale si impegnano gli esponenti politici che si sentono mancare il terreno sotto i piedi e che, per mantenersi a galla, cercano rifugio in lidi più accoglienti e promettenti. La stagione autunnale delle transumanze si è..

La manovrina gira a vuoto

Circa 2.500 emendamenti, da maggioranza e opposizione, piovono sul testo. La discussione slitta

La pippobaudizzazione tutta italiana della Flotilla

Eva bene, tutti indignados perché Meloni ha fatto l’ironica sulla flotilla e il relativo sciopero generale. Ma a parte che difendersi con una punzecchiatura da gente che ti accusa di complicità nel genocidio, niente meno, è il minimo sindacale; la cosa però più grottesca, nei media e nella politica italiani, è la pippobaudizzazione della flotilla. La cui crociera è finita da quattro giorni oggi, sono tutti tornati e stanno bene, ma non si parla d’altro, e si dà spazio a vip e comparsucce come quando dipartì il celebre Pippo. Una cerimonia degli addii tramutata in soap. L’impresa non c’è stata, o se anche è appena cominciata è già finita, come cantava Sergio Endrigo. Gli effetti umanitari (solo presunti) politici e geopolitici della missione della Global Sumud Flotilla non si sono..

Calabria. Occhiuto vince facile
Il campo largo imbarca acqua

Alle 15 si sono chiuse le urne in Calabria. Alle elezioni regionali si sono sfidati il governatore uscente Roberto Occhiuto, sostenuto dal centrodestra (Fratelli d'Italia, Forza Italia, di cui è vicesegretario nazionale, Lega e Noi moderati) e l'ex presidente dell'Inps ed eurodeputato Pasquale Tridico, appoggiato da tutto il campo largo (tranne Azione di Carlo Calenda): Movimento 5 Stelle, Partito democratico, Alleanza Verdi-Sinistra e Italia Viva. La prima proiezione sui dati reali del consorzio Opinio per la Rai dà il governatore uscente ial 57,5 per centro. Lo sfidante del campo largo invece è al 41. La copertura del campione è del 7 percento. Continua su ilfoglio.it

Le piazze sono piene
ma la Meloni è salda

Le piazze stracolme di indignazione farebbero immaginare l’Italia intera che si ribella e non vede l’ora di cacciare il governo. La protesta riguarda Gaza, è vero, ma nessuno potrebbe negare che nel mirino ci sia pure Giorgia Meloni, accusata di reggere il sacco a Benjamin Netanyahu, criminale di guerra. Una rivolta di così vasta portata, insomma, con migliaia di iniziative spontanee e milioni di manifestanti dovrebbe segnalare senza dubbio un divorzio tra il Paese e la sua attuale leadership, quantomeno la fine dell’infatuazione per la donna sola al comando. Tanto più che dalle ultime elezioni politiche sono già passati tre anni e di regola, quando si cominciano a tirare le somme, a misurare la distanze tra le parole e i fatti, emergono i maldipancia. Continua su Huffington Post

L’altra Gaza. I flotilleros in cerca di politica in Sicilia

Si sono rivisti in tanti, ancora entusiasti, il giorno dopo lo sciopero. Hanno discusso della manifestazione di Palermo e delle altre, numerose in Italia, per Gaza e per la pace. Hanno ribadito quanto fosse stato essenziale il contributo dei cittadini alla tenuta e al rafforzamento della democrazia e al ruolo della politica e come si sia riusciti ad esprimere lo sdegno crescente per la barbarie israeliana. Hanno pensato che sarebbe stato opportuno tentare di coinvolgere i partiti, che delle istituzioni sono i caposaldi e della politica i diretti responsabili, almeno in uno scambio di opinione, ed anche per indurli a far propria la voglia di pace, di giustizia, di pacifica convivenza di milioni di cittadini. Così hanno deciso di affidare ad un gruppo ristretto il compito di incontrare i rappresentanti..

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