I giochi di Galvagno
attorno all’inchiesta

Gaetano Galvagno, spinto nel tritacarne da una pesantissima inchiesta per corruzione e peculato, ha tutto il diritto di invocare la presunzione d’innocenza. Ed è anche libero, liberissimo di preferire la festa di Totò Cuffaro alla commemorazione di Paolo Borsellino, il giudice ucciso dalla mafia. Ma nessuno lo autorizza a imbrogliare le carte nel maldestro tentativo di confondere le idee ai magistrati, ai giornalisti e soprattutto ai siciliani. Per attutire il contraccolpo dell’avviso di chiusura indagine il presidente dell’Ars ha dichiarato che erano cadute “tutte le utilità personali” che gli erano state attribuite. Ha detto una bugia. Perché, a parte i biglietti a scrocco, un noleggio d’auto e il regalo di un vestito, tutti i traccheggi, le indecenze e gli scempi di denaro pubblico orchestrati da lui e dalla sua ape..

Tutti uniti e sputtanati
nell’Ars degli scandali

Gaetano Galvagno, presidente dell’Ars, è nella polvere, schiantato da un’inchiesta per corruzione che chiama in causa lui e il suo cerchio magico. Renato Schifani, presidente della Regione, è nelle sabbie mobili accerchiato dai franchi tiratori: più si agita e più sprofonda. Roberto Lagalla, sindaco di Palermo, è un trombone sfiatato che insegue, senza trovarli, gli spicciafaccende dell’ufficio anagrafe. Diciamolo: il centrodestra è senza speranze, affossato dalla questione morale e dalle faide interne. Ma se Atene piange, Sparta non ride. Anche i partiti dell’opposizione sono diventati impresentabili. Galvagno, dopo averli coinvolti nei giochi proibiti del Consiglio di presidenza, ieri li ha chiamati in correità per le mance. Ormai convocano la stampa per meglio sputtanarsi tra di loro. E la stampa va. Felice di soffiare col suo ventaglio su tutta questa melma.

E sulle cure terminali
tradito il volontariato

Daniela Faraoni ha compiuto un altro passo falso. Il fatto che l’Asp di Palermo sia da sette mesi senza un manager non la preoccupa più di tanto. L’ha lasciata indifferente anche la corsa di sette ispettori sanitari alla Sala Vip di Punta Raisi per capire se la caponata fosse fresca di giornata e avallare così una bizzarra sceneggiata del presidente della Regione. Tutto sommato non la sconvolgono nemmeno le stroncature che piovono sulla sua bozza di rete ospedaliera: se ci avesse messo veramente la testa non avrebbe fatto certe scelte assurde e clientelari. Ha dedicato molto impegno invece alle cure palliative e ha emanato un decreto che apre le porte al business, mortifica il ruolo svolto sin qui dal volontariato e accende, di fatto, un conflitto con le associazioni cattoliche...

Schifani come Trump?
Ricordiamoci di Cechov

"E’ illuso di avere il potere assoluto", sostiene Raffaele Lombardo, accostando le imprese del governatore di Sicilia alle guasconate del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Forse il leader dell’Mpa sopravvaluta il reuccio di Palazzo d’Orleans. Purtroppo Renato Schifani somiglia solo a Schifani. Ci sono momenti in cui il suo stile presenta venature letterarie. Gli capita – soprattutto nei confronti di Fratelli d’Italia – di partire con parole tronfie che sparano “la coda a ventaglio, come i tacchini” di Pirandello e che poi precipitano in un “obbedisco” descritto a meraviglia da Cechov nel racconto “Dalle memorie di un uomo irascibile”. Ma quando si esibisce in una sceneggiata, come nella Sala Vip di Punta Raisi, perché la caponata non è di giornata, il tratto diventa cinematografico. Sfiora le cime del “Belluscone”,..

Si ispirano a Paolo
con questa “gentuzza”

Proviamo a metterli in fila. L’allegra compagnia si apre – noblesse oblige – con Gaetano Galvagno, il presidente dell’Ars trascinato nella polvere da una pesantissima inchiesta per corruzione. Lo segue a breve distanza Elvira Amata, assessore regionale e sacerdotessa indiscussa della famigerata corrente turistica fondata dal balilla Manlio Messina e sostenuta da altri innominabili gerarchi di Fratelli d’Italia. Poi c’è la pattuglia sanitaria con in testa Ferdinando Croce, il manager dell’Asp di Trapani costretto alle dimissioni dopo lo scempio dei referti istologici, affiancato, manco a dirlo, da Walter Messina, manager dell’ospedale Civico di Palermo e collezionista inarrivabile di gaffe e disastri amministrativi. Per carità, quattro nomi non formano un partito. Ma come può un partito che si ispira a Paolo Borsellino affidare i propri destini a questa gentuzza?

All’Ars c’è un comodo
rifugio per indagati

Qualcuno salvi la Federico II. Doveva essere un punto di riferimento culturale per tutta la Sicilia, un fascio di luce in grado di illuminare non solo le meraviglie di Palazzo dei Normanni ma anche il grigiore di un’Assemblea regionale trasformata nella dimora di una casta sempre più aggrappata ai propri privilegi. Era una Fondazione prestigiosa ed è diventata il refugium peccatorum, la pattumiera dove il presidente Gaetano Galvagno ricovera gli impresentabili del suo cerchio magico, indagati come lui per corruzione. Non bastava avere consegnato chiavi e budget a Sabrina De Capitani, l’ex portavoce calata dal Nord per intrecciare affari, intrighi e mazzette. E’ transitato dall’Ars alla Fondazione anche Salvatore Pintaudi, l’addetto stampa che ha sgraffignato ottomila euro all’impresario Nuccio La Ferlita, altro membro della benemerita compagnia degli scandali.

Sanità, tutto risolto
Penserà a noi il Ruas

Pazienti di tutta la Sicilia, unitevi. Abbandonate code e liste d’attesa e partecipate al pellegrinaggio di ringraziamento per l’istituzione del Ruas, il Responsabile Unico per l’Assistenza Sanitaria. Si tratta di un centro nato da pochi mesi il cui compito sarà quello di vigilare su ogni prestazione e su ogni dato relativo alla nostra salute. Nessuno sfuggirà al suo controllo. Nemmeno quelle satrapie chiamate Asp. Lo annuncia il dottore Giacomo Scalzo, direttore del Dasoe, meglio noto come Osservatorio epidemiologico. Il quale comincia l’intervista con una lode al presidente della Regione, Renato Schifani, e la chiude con un encomio all’assessore, Daniela Faraoni. L’intervista è stata concessa, va da sé, al sito di Maurizio Scaglione, il pagnottista dell’informazione che in un anno ha ricevuto dalla Regione affidamenti diretti per cinquecentomila euro. Alleluja.

Come la spocchia
degrada nel ridicolo

Ammettiamolo: la politica ha meccanismi che noi umani non comprenderemo mai. Gaetano Galvagno, il presidente dell’Ars ricoperto dai liquami di una pesante inchiesta per corruzione, sfida le leggi del pudore e nel giorno in cui la Sicilia commemora Paolo Borsellino, il giudice assassinato in via D’Amelio, si fa fotografare – ridanciano e con un cappellino alla Jovanotti – tra le gaiezze di una festa colossal apparecchiata da Totò Cuffaro per le nozze del figlio. Altro che rispetto e dignità delle istituzioni. Allo sputtanamento che gli arriva dalle intercettazioni della Guardia di Finanza consegnate alla procura di Palermo e pubblicate dai giornali, il golden boy di Fratelli d’Italia ci aggiunge il carico di queste stramberie da scavezzacollo di borgata. Qualcuno lo aiuti. Accecato dal potere, non si accorge che la sua..

Lagalla e il mistero
di una sua sudditanza

E’ stata un’intervista di ampio respiro – o di grande momento: decidete voi – quella rilasciata da Roberto Lagalla al direttore di Livesicilia. Il sindaco di Palermo ha risposto ai fischi, che la folla gli ha tributato la notte del Festino, con una panoramica sull’opera di ricostruzione che la sua giunta ha intrapreso dopo cinque anni di devastazione orlandiana. Ha rivendicato il merito di avere sanato i conti pubblici e di avere eliminato la spettrale immagine delle bare accatastate in un capannone del cimitero dei Rotoli. Verissimo. Nella sua narrazione c’era solo un’omissione: sull’aeroporto di Punta Raisi, il Comune, che detiene la maggioranza, ha ceduto ai capricci e ai giochi di potere del presidente della Regione, Renato Schifani, che della Gesap invece non possiede una sola azione. Quale patto nasconde..

Il bronzo non basta più
per certe facce di Sicilia

Si fa presto a dire “faccia di bronzo”. Ma il bronzo non basta più per descrivere la resistenza di una certa casta bramina agli scandali, allo sputtanamento, alla vergogna. Forse bisognerà fare un giro nelle terre rare dell’Africa per trovare un metallo ancora più refrattario a ogni questione morale. Ci servirà per definire la faccia di Sabrina De Capitani, l’ape regina che ha trascinato il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno, nel gorgo di una pesantissima inchiesta per corruzione. O per coprire l’indecenza di Nicola Tarantino, il factotum dello scempio di Cannes, orchestrato negli anni dello “spendi & spandi” dal balilla Manlio Messina, capo indiscusso della corrente turistica di Fratelli d’Italia. Tarantino e la De Capitani sono ancora sui ponti di comando. Uno amministra i milioni della Film Commission, l’altra il ricco..

Gerenza

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