Macchietta o marchetta?
Giletti, Veltroni, Odessa

Macchietta o marchetta? Per dimostrare al mondo che il talk-show esiste e lotta insieme a noi, il soldato Giletti si è trasferito nuovamente a Odessa e si è travestito ancora una volta da eroe. Da ardito, stavo per dire. Ma che bisogno c’era? Per buona metà la puntata di “Non è l’arena” è stata dedicata all’ultimo libro di Walter Veltroni, ovviamente presente in studio: una carineria, chiamiamola così; e per l’altra metà al solito dibattito stanco, arruffone, volutamente sguaiato. Robaccia, insomma. E per dimostrarlo basta guardare gli indici di ascolto. Ieri sera la trasmissione dell’eroe, travestito da inviato di guerra, ha toccato a fatica il cinque per cento. Una miseria. Lui, il soldato Giletti, ce la mette tutta. Si inventa i numeri da circo. Si batte per la libertà di..

Musumeci e il demone
della sua ricandidatura

Il demone della ricandidatura si è impadronito di Nello Musumeci. Il governatore – che nell’autunno del 2017 si presentava ai siciliani con toni pacati e rassicuranti – sembra avere perso il lume della ragione. Anche la sua tradizionale e decantata onestà sembra messa a dura prova. Tutto ciò che fa e tutto ciò che dice ha un solo obiettivo: vincere la prossima partita elettorale e rimanere per altri cinque anni a Palazzo d’Orleans. A costo di uno, dieci, cento azzardi. Come quello di allearsi con tre personaggi di peso – Marcello Dell’Utri, Totò Cuffaro, Francantonio Genovese – o quello di spingere il gioco fino alla soglia più estrema. Oggi vi raccontiamo l’osceno spettacolo dei settecento mila euro bruciati in uno spot pubblicitario che impazza da giorni sulle reti televisive nazionali...

Il Bullo a testa bassa
contro Buttanissima

Per quattro anni abbiamo tenuto il punto. E per quattro anni abbiamo mantenuto la promessa di fornire ogni giorno al lettore una ricostruzione irriverente dei giochi di potere. Senza soggezioni, senza sudditanze, senza paraculismi. Ma ora l’aria si è fatta irrespirabile. Altro che libertà di stampa. Altro che civile confronto delle idee. Dalla Regione è partito l’ordine di annientarci. Il plotone di esecuzione, manco a dirlo, è comandato dal Bullo, il quale non perde occasione per intimidire i nostri collaboratori, per minacciare i nostri inserzionisti, per ordinare all’Irfis – roba sua – di escluderci dai benefici previsti dalla legge per l’editoria. Un abuso di potere. Di fronte al quale non abbiamo altra difesa se non quella di affidarci agli strumenti garantiti dallo stato di diritto. Ci sarà un giudice a..

Il cerchio magico
del basso impero

Lo dico. E anche con fierezza: ho un amico che appartiene al mondo della destra estrema, che è cresciuto nel Movimento sociale e ora milita nel partito di Giorgia Meloni. Un uomo di legge e ordine. L’ho incontrato ieri sera e il discorso è finito – non poteva essere diversamente – sugli ultimi azzardi di Musumeci, sorprendentemente sostenuto da Marcello Dell’Utri, da Totò Cuffaro, da Francantonio Genovese. Tre nomi di peso. Mi sono permesso un’obiezione. L’azzardo vero di Musumeci non sta tanto nelle sue alleanze. Sta soprattutto nel suo cerchio magico: nella violenza del Bullo che manda messaggi intimidatori – mafiosi, stavo per dire – a chiunque gli si opponga; nella volgarità del Balilla, quello del suca; nella spregiudicatezza del Corazziere La politica della Regione è nelle loro mani. E..

Hanno sparso in Sicilia
solo arroganze e veleni

Ogni qualvolta gli si contesta la totale inefficienza del suo governo, lui – Nello Musumeci –puntualmente risponde: “Abbiamo seminato e presto la Sicilia raccoglierà i frutti della nostra buona amministrazione”. Ma cosa ha seminato questa giunta senza maggioranza, senza una visione politica, senza autorità e senza autorevolezza? Non ha varato una sola riforma degna di questo nome e per dimostrarlo basta ricordare i tormenti e il flop della legge che avrebbe dovuto riordinare il settore dei rifiuti e azzerare gli interessi mafiosi legati alle discariche. Non ha messo ordine nei carrozzoni dello spreco, dall’Esa a Sicilia Digitale. Non ha arginato un solo scandalo: dall’Ast all’Oasi di Troina. Non ha mai presentato un bilancio in ordine. Il presidente e i turibolari del cerchio magico hanno sparso sull’Ars arroganze, insulti e bullismo...

Devoti ma senza voti.
Un trittico per la Sicilia

Persino i bambinetti dell’asilo sanno che il Bullo non ha nemmeno un voto: per vent’anni ha inseguito affari, consulenze, parcelle milionarie. Ora però tenta il salto e si propone come leader della minoranza che vuole scalzare Gianfranco Miccichè e conquistare il vertice di Forza Italia. Va e viene da Roma. Simula incontri e amicizie. Millanta. Tresca. Complotta. Ma deve fare i conti con due concorrenti. Anche Renato Schifani, al quale resta solo l’araldica di ex presidente del Senato, crede di avere i titoli per mettersi alla testa dei ribelli. E poi c’è Marcello Dell’Utri. Che dopo un lungo calvario giudiziario, ha appena ritrovato il gusto della politica. Organizza incontri, cene, pranzi. E quando la maggioranza dei berluscones boccia Nello Musumeci lui si attovaglia con il Governatore e lo rassicura sulla..

L’Orchestra sinfonica
e quella parola non detta

Gentilissimi onorevoli della Commissione Cultura dell’Assemblea regionale. Dopo un ampio e approfondito dibattito avete scoperto che tra le pieghe della Foss, meglio conosciuta come Orchestra Sinfonica Siciliana, si nasconde del marcio: a dir poco un maleodorante impasto di favori e clientele. Avete trovato riscontri scottanti e, “per il di più a praticarsi”, avete inviato un corposo dossier alla procura della Repubblica e alla Corte dei Conti. Vi aspettavate, di conseguenza, che l’assessore al Turismo arginasse in tempo lo scandalo: che chiudesse il lungo e oltraggioso capitolo del commissariamento e restituisse finalmente i poteri a un regolare consiglio di amministrazione. Vi siete illusi. L’assessore considera la Foss “roba sua”: Dio me l’ha data, guai a chi me la toglie. Ed è già tanto che non vi abbia risposto, com’è suo costume,..

Il teatro, le difficoltà
e quella brutta tarantella

E’ difficile non sentire il coro delle anime belle che lanciano un grido di dolore per la lenta morte della cultura. E’ difficile non indignarsi con il Comune di Palermo che non tiene un euro in cassa e non riesce a rispettare gli impegni nei confronti del Teatro Biondo. Ed è anche difficile, molto difficile non mostrare solidarietà verso i lavoratori dello spettacolo che a fine mese non trovano soldi in busta paga. Ma, detto questo, bisogna anche chiedersi se i sovrintendenti abbiano fatto di tutto per mantenere alto il prestigio delle istituzioni che governano. Prendiamo il “Biondo”. Nessuno mette in dubbio che pandemia e ristrettezze di bilancio abbiano pesato in maniera nefasta. Ma solo la direzione di Pamela Villoresi poteva ridurre a un banale gioco di tarantelle l’opera delicatissima..

Non hanno un solo voto
Eppure spadroneggiano

Se il Balilla fosse stato eletto democraticamente, come gli altri deputati, dovrebbe rendere conto delle sue scorribande. Invece è stato messo lì da una cricca di faccette nere e crede di avere licenza su tutto, anche di usare un linguaggio postribolare. Se il Bullo avesse un elettorato di riferimento non utilizzerebbe la Regione come una vandea: avrebbe un po’ di rossore. Invece è stato portato lì, a Palazzo d’Orleans, dalle logge e dalle lobby che non gli chiedono né rigore né trasparenza. Solo affari. Lo stesso vale per il Corazziere: non dispone di un solo voto, ma si arroga persino il diritto di spadroneggiare in terra di Santa Romana Chiesa. Penso, per contrappeso, a Roberto Lagalla. Lui ha lasciato l’assessorato e si è buttato nella mischia. Il Balilla, il Bullo..

Tre nomi di peso
per una ricandidatura

In quattro anni il vessillo dell’onestà issato su Palazzo d’Orleans si è molto appannato. Quando il Bullo compie le sue scorrerie vandaliche sui carrozzoni dello spreco, lui – Nello Musumeci – si gira dall’altra parte. Quando il Corazziere occupa un protettorato di Santa Romana Chiesa e lo trasforma in un feudo da regalare alla sua sposa, lui fa finta di non vedere. Ma ora il vessillo rischia addirittura di strapparsi. Pensateci. Le uniche alleanze che il governatore ha stretto, oltre il recinto delle faccette nere, fanno riferimento a tre nomi di peso: Marcello Dell’Utri, Totò Cuffaro e Francantonio Genovese. Per carità, è vero che la pena cancella ogni colpa e che il carcere redime da ogni peccato. Ma non sempre Parigi – o una ricandidatura – val bene una messa.

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