L’intoccabile capo dei capi – tranquilli: parliamo della corrente turistica di Fratelli d’Italia – se ne sta probabilmente rintanato in un palazzo del potere romano e non mette più piedi in Sicilia. Chi si guardò si salvò. Non si vede più da queste parti nemmeno il Balilla: è diventato all’improvviso silenzioso, meno spocchioso, addirittura cauto. Annusa il vento e capisce che il cerchio di stringe. Per lui e per tutti quelli che gli hanno tenuto bordone negli anni in cui l’assessorato al Turismo – con la banalissima scusa della promozione e della comunicazione –  distribuiva milioni ad amici e parenti, ad avventurieri e faccendieri, persino a impresari allocati nei paradisi fiscali del Lussemburgo.

Carlo Auteri – il vice capogruppo di Fdi all’Ars, che pure è riuscito a drenare contributi per quasi ottocento mila euro – era comunque un pischello rispetto agli squali che il Balilla ha foraggiato con vagonate di denaro pubblico. Certo, dopo le minacce al collega La Vardera, il giovane deputato di Sortino è stato trasformato, proprio dai suoi “fratelli”, in un comodo capro espiatorio. Vade retro, Satana. Ma lo scandalo del Turismo resta ancora tutto da esplorare. Dovrà renderne conto nell’aula dell’Assemblea regionale – o anche in altre sedi, meno agevoli – l’attuale assessora, Elvira Amata, che ha battuto gli stessi percorsi tracciati dal suo predecessore ed è arrivata al paradosso, smaccato e inopportuno, di assegnare contributi per mezzo milione di euro alle associazioni e alle clientele del suo collegio elettorale. L’altro ieri, invitata a un dibattito promosso da Repubblica, ha evitato accuratamente di assumersi un minimo di responsabilità politica e ha farfugliato frasi esoteriche sulla necessità di rivedere regole, leggi e disposizioni. Campa cavallo.

Ma la corrente turistica di Fratelli d’Italia – oltre alle proprie truppe di spreconi e maneggioni del denaro pubblico – vanta anche due grandi complicità esterne, più o meno consapevoli. La prima è riconducibile al partito di Giorgia (e Arianna) Meloni. Riesce molto difficile pensare che in via della Scrofa, Roma, non abbiano mai saputo delle scempiaggini legate alla gestione del Turismo in Sicilia: il caso Auteri è servito da detonatore anche sulle tv e sui giornali nazionali. Eppure non c’è stato un solo dirigente – un solo gerarca, si stava per dire – che abbia avvertito la necessità, o il rigore morale, di assumere un’iniziativa o di invitare i picciotti di Sicilia a fare pulizia al proprio interno.

I maggiorenti del partito, anche e soprattutto nelle sue declinazioni locali, non sono riusciti a fare l’unica cosa che, almeno in parte, avrebbe salvato l’onorabilità delle loro radici intransigenti: mettere alla porta Auteri. No. Hanno concesso al deputato di Sortino, allievo prediletto del Balilla, di autosospendersi dal partito e, a round, dal gruppo parlamentare. Hanno atteso che fosse lui a dimettersi dalla commissione Cultura dell’Assemblea regionale, dove la sua presenza appariva oltremodo incompatibile con la sua storia. Hanno lasciato che fosse lui a fare il bello e il cattivo tempo, senza emettere un gemito di indignazione.

Ma c’è pure chi, dall’alto della propria responsabilità, ha pensato di non “approfittarne”. Cioè il presidente della Regione. Il quale, memore dell’uscita di Cannes che gli era quasi costata l’amicizia di Manlio Messina, ha preferito rintanarsi nel suo bunker di Palazzo d’Orleans e scavalcare l’imponente questione morale esplosa sulla sua testa. I patrioti si amano, non si discutono.

Schifani avrebbe potuto approfittare dell’occasione per dimostrare che un presidente c’è, esiste, ed è anche giusto (per non dire rigoroso). Per far notare ai detrattori che non è solo forte con i deboli, ma anche implacabile con chi espone l’istituzione al rossore della vergogna. Per testimoniare il suo impegno a favore del merito e delle cose fatte con criterio. Per chiuderla con questa inaccettabile pervasività delle istituzioni, depredata da amici degli amici e da alcuni pagnottisti senza scrupoli. E invece niente, il treno è passato e a bordo non c’era nessuno.