Sorpresa. Siamo nella black list di Putin. Una mattina ci siam svegliati e anche senza trovare l’invasore, almeno non ancora, abbiamo appreso che la Russia ci ha inserito tra i paesi ostili. Ma come mai? Come è potuto succedere?

Sgomento. Nel mentre che “l’Italia è pronta a sostenere un terzo pacchetto di sanzioni dell’Unione Europea alla Russia che dovrebbe ampliare la lista di banche e miliardari russi nel mirino, nel tentativo di spingere Mosca a un cessate il fuoco”. A dirlo è il nostro ministro degli Esteri in missione a New York, sottolineando che la Ue non cederà al “ricatto della Russia” sull’energia. Parla di Unione europea Di Maio, e non nota che il cancelliere tedesco Scholz sull’approvvigionamento energetico dalla Russia ha un’altra idea. Lo considera “essenziale”. Intanto, i nostri giornaloni, quelli finanziati direttamente con i fondi della presidenza del consiglio, contributi più che raddoppiati negli ultimi due anni, non cessano di stupirsi.

In fin dei conti il migliore tra noi, il presidente del consiglio, appunto, ha cominciato con l’affermare solo che “l’Italia non intende voltarsi dall’altra parte”. Che all’insegna dei “valori di libertà e democrazia” in Italia rappresentati al meglio, abbiamo “risposto all’appello del presidente Zelensky, il quale aveva chiesto equipaggiamenti, armamenti e veicoli militari per proteggersi dall’aggressione russa”. Poi il capo dell’italica diplomazia ha rincarato la dose. E’ andato ardito sul pulpito televisivo e ha paragonato Putin a un cane. Ha specificato: “atroce”, ma forse voleva dire: “feroce”.  In fondo cosa abbiamo fatto?

La politica traccia il solco e il popolo lo difende. E’ un fatto di cultura, di identità. Fuori Dostoevskij, sommo scrittore della stagione migliore (quella sì) della letteratura russa. “Non dignum” l’autore di “Demoni” e “L’idiota” – romanzi che già per i titoli risultano di compiuta attualità – di essere studiato all’università Bicocca. A dimostrazione che l’enunciato latino “nomen omen” non sbaglia e che mai ci fu stirpe più razionale nell’uso della lingua degli antichi romani.

Quel genio di Dostoevskij, alieno all’era del comunismo russo e anche del postcomunismo, era uno fuori misura. Uno che mal si adattava pure al potere che vide e visse. Lo zar di tutte le Russie lo condannò a morte. Poi lo salvò dalla esecuzione quando già era pronto sul patibolo e gli commutò la pena capitale in quattro anni di lavori forzati in Siberia.

Già solo per questa esistenza da brivido, in preda ad astratti e concreti furori, Dostoevskij non meritava di essere ostracizzato come un putiniano qualunque. Riotta docet. Ma “à la guerre comme à la guerre” e Dostoevskij, morto nel 1881, è stato rimosso come alcuni artisti viventi costretti all’aut aut da sindaci, sovraintendenti e sovrastanti. “O con la Russia o con l’Occidente”, l’ora delle decisioni irrevocabili è scoccata.

Fino alla campagna contro i cittadini russi in Italia imbastita con violenza verbale di sicura efficacia, già collaudata e sperimentata sui reprobi al vaccino. Poi capita che avvengano episodi di intolleranza. Come, per esempio, quel liceale di Brescia aggredito e picchiato dai compagni perché russo. La stessa ambasciata di Mosca a Roma ha diffuso un messaggio: “Cari compatrioti, in riferimento all’aggravarsi della situazione internazionale e alla campagna di informazione antirussa lanciata sui media, il numero di casi di discriminazione nei confronti di cittadini russi all’estero è notevolmente aumentato. Per la risposta più tempestiva ed efficace a tali incidenti, l’Ambasciata russa in Italia ha messo a disposizione una linea dedicata. Se ricevete minacce o insulti, siete vittime di molestie, aggressioni o violenze fisiche, segnalate immediatamente l’accaduto alle forze dell’ordine italiane nonché a noi”.

Ma dato che è stato Putin ad aggredire l’Ucraina, e questo va detto con chiarezza e in premessa, in fin dei conti noi che abbiamo fatto?

Dalle sanzioni culturali a quelle economiche e finanziarie. Abbiamo disconnesso il sistema bancario russo, isolandolo dal sistema di pagamenti internazionali Swift. Mosca ha risposto che pagherà i creditori dei paesi ostili alla Russia in rubli. Nel frattempo grandi banche come Unicredit e Intesa San Paolo hanno qualche cruccio per i crediti concessi in Russia. Milioni di euro. In gran parte derivanti dalla vocazione tutta italiana al risparmio. Ma che sarà mai?

Nella caccia ai tesori di Mosca presenti sul territorio italiano “si è provveduto a congelare beni mobili e immobili appartenenti a soggetti russi per circa 140 milioni di euro”, ha detto il Ministero dell’Economia. Finora. In attesa di ulteriori sanzioni.

Severi ma giusti di fronte all’aggressione di uno stato sovrano come l’Ucraina. Che non possiamo comparare alle altre recenti aggressioni all’Iraq, alla Libia o alla Siria perché sarebbe un accostamento azzardato. Perfino complottista. E neppure alle bombe su Belgrado nel 1999 che dal cuore dell’Europa aprirono la stagione del “militarismo umanitario”.

Ma “the devil is in the details”, come dicono Oltremanica. Ricade sullo Stato italiano la manutenzione dei beni congelati ai russi. Per esempio residenze di lusso sulle colline toscane come Villa Lazzareschi nelle campagne di Lucca riconducibile all’oligarca Oleg Savchenko. E soprattutto costosissimi mega yacht, con tanto di rispettivi equipaggi. “Belle barche”, si sa, ormeggiate qua e là sulle coste italiane, specialmente in Liguria.

Come dire, “Il danno e la beffa”, narrativa che i contribuenti italiani conoscono al meglio. A menadito.  Altro che “Delitto e castigo” di Dostoevskij. Un capitolo è dedicato ai rincari: gas, luce, petrolio. Tutto alle stelle e di buon auspicio per la tanto decantata ripresa. Forse, in fin dei conti ci siamo fatti pure male.

Certo, al momento quisquilie rispetto al sangue delle vittime innocenti, al dolore degli invisibili, alle bombe, al fango delle trincee in Ucraina.

“Nulla è perduto con la pace, tutto può essere perduto con la guerra” rimarcò rivolto ai governanti e ai popoli Pio XII nel 1939, alla vigilia della seconda guerra mondiale. “Ritornino gli uomini a comprendersi. Riprendano a trattare. Trattando con buona volontà e con rispetto dei reciproci diritti si accorgeranno che ai sinceri e fattivi negoziati non è mai precluso un onorevole successo. Lasciando alla ragione il suo impero avranno risparmiato il sangue dei fratelli e alla patria rovine”.

Ecco, “il rispetto dei reciproci diritti”. Come è noto il venerabile servo di Dio, Papa Eugenio Pacelli non venne ascoltato.