Le palestre aperte di Musumeci dureranno solo un giorno. Oggi. Che le palestre sono chiuse. Mentre il presidente della Regione ha fissato il nuovo orario di apertura (dalle 8 alle 20), il nuovo Dpcm a firma Giuseppe Conte, le ha già richiuse. Vale lo stesso per le piscine. E’ una delle numerose contraddizioni emerse da questo intreccio di decreti e ordinanze che rischia di portare i siciliani all’esasperazione. Non tanto e non solo per le refluenze negative sulla propria attività (commerciale, ma – a questo punto – anche fisica), bensì per l’impossibilità (genuina) di districarsi fra le mille regole del momento. Alcune in vigore, altre solo in fieri. Nel calderone c’è di tutto.

Compreso lo stop ai ristoranti. In Sicilia, a partire da oggi, chiuderanno alle 23, con un’ora d’anticipo rispetto all’ultimo Dpcm “ufficiale” emanato dal premier il 18 ottobre, che prevede le barricate da mezzanotte in poi. Ma da domani cambierà, visto che il governo nazionale ha deciso di chiudere tutto alle 18. Che poi alle 18 i ristoranti sono già chiusi. Ci va di mezzo l’incasso della cena. Col risultato che tutti potranno mangiare, ma solo a casa propria. In questo labirinto infernale c’è una sola certezza: al tavolo, finché non ci costringeranno dietro la lavagna, potranno rimanere in quattro (e non più in sei, a meno che non si tratti di “conviventi”). In piedi, però, nessuno.

E qui subentra un’altra questione. Che sembra spicciola, ma non lo è. Da questa sera in Sicilia è vietata la circolazione con qualsiasi mezzo dopo le 23, se non per motivi di lavoro o per tornare nella propria dimora. Si chiama coprifuoco. Un’imposizione che sovrasta la scelta di Orlando, a Palermo, di far circolare tutti, senza mai stazionare di fronte ai locali. I palermitani l’avevano capito, e persino i bengalesi, intenti a piazzare rose e braccialetti qua e là. Tutti a girare come le trottole, “perché sappiamo che non si può stare fermi”. Adesso dovranno sparire del tutto. Il governo nazionale, su questo, si astiene: e fissa soltanto una “forte raccomandazione” a non uscire di casa se non per comprovate esigenze lavorative o di salute. Farlo, però, non comporterà alcuna sanzione. La Regione, però, ha deciso di confermare il pugno duro: in Sicilia non si circola per tutto il tempo dell’ordinanza (fino al 13 novembre). Il divieto è valido sempre dalle 11 di sera.

Anche la scuola è un enigma. Mentre la Azzolina prova a dimostrare in ogni modo che in classe i contagi sono di gran lunga inferiori rispetto alla media nazionale – dove ormai risulta positivo l’11,5% delle persone che fa il tampone – Musumeci, come De Luca in Campania, ha deciso di rimandare a casa gli studenti delle superiori, chiedendo loro di affidarsi per un paio di settimane alla Dad, la didattica a distanza. Che la Regione, al netto di qualche tablet distribuito nei mesi scorsi in comodato d’uso, non ha mai agevolato: i soldi previsti dalla Finanziaria sono ancora bloccati. Ma anche il governo nazionale, per il rossore della Ministra, costringerà i ragazzi delle superiori a restarsene a casa e consultare la piattaforma per le interrogazioni online. Ma non in toto, bensì fino al 75% (in Sicilia la chiusura resta totale). E questo perché non riesce a imbastire un piano – con la compartecipazione colpevole delle Regioni – per aumentare e migliorare il flusso del trasporto pubblico. Nel villaggio globale l’incertezza è totale.

Sarà sfuggito ai più, ma anche il sindaco di Messina aveva scritto un’ordinanza per fissare il coprifuoco alle 24.30, il servizio ai tavoli nei ristoranti fino alle 24, e il lavoro in presenza – Scateno è uno che detesta i sotterfugi – almeno nella misura del 50%. Ma si era inventato pure una simpaticissima norma sui matrimoni. Ecco cosa dice: “Sono autorizzate le cerimonie civili e religiose con la partecipazione massima di 30 persone. È importante precisare che in tale numero, non devono essere conteggiati i conviventi, i congiunti ed i parenti ed affini fino al secondo grado di entrambi gli sposi”. Un “liberi tutti”, in pratica. Sul modello Musumeci, che non ha mai fatto mistero di non gradire il limite alle trenta persone imposto dal governo nazionale. Il quale, però, ha predisposto il divieto totale alle feste – sia pubbliche che private – comprese quelle successive a manifestazioni religiose. Cioè, i banchetti di nozze. E poi chi li ripaga i novelli sposi? (Ah, c’è la Regione, con un bonus fino a 3 mila euro).

Presidente del consiglio, ministri, governatori, sindaci. Sembra un folle inseguimento, in cui una norma ha la valenza di due giorni e poi va cestinata. Cambiata. Migliorata. Inevitabilmente derisa. Manca un centro di coordinamento, eppure siamo pieni di task force. Esiste l’evidenza scientifica che le cose stanno peggiorando, eppure la politica rateizza le decisioni, allo scopo di non travolgerci (ottenendo, però, l’effetto opposto). I due interrogativi che sorgono è per quanto potrà andare avanti e come ne usciremo. Chissà. Sulle nostre teste e sulla nostra libertà pende soltanto una confusione inenarrabile. Che a tratti fa persino più paura del virus.