Schifani e Volo si sono incagliati sulle nomine (possibile uno slittamento al 31 dicembre) ma già pensano a riformare la sanità siciliana. Più o meno sul modello delle province: vale a dire, più poltrone. Nel piano immaginato da piazza Ottavio Ziino, e già trasmesso informalmente alla segreteria di giunta e al ragioniere generale della Regione, si prevede in sostanza la moltiplicazione di direttori generali (da 18 a 24), sanitari e amministrativi. Come? Facendo in modo che nelle province di competenza di una sola ASP i principali ospedali fuoriescano dal controllo dell’Azienda sanitaria (fin qui) di riferimento e si diano una nuova governance. Accadrebbe al “Giovanni Paolo II” di Ragusa, al “San Giovanni di Dio” di Agrigento, al “Sant’Elia” di Caltanissetta, all’ “Umberto I” di Enna, all’ospedale di Siracusa e al “Sant’Antonio Abate” di Trapani.

Come anticipa Repubblica, a Palermo, Catania e Messina nascerebbero invece le nuove aziende ospedaliere riunite. Secondo questo schema: a Palermo il Civico-Di Cristina gestirà anche l’Ingrassia e gli ospedali di Termini Imerese e Petralia Sottana, mentre Villa Sofia-Cervello guiderà gli ospedali di Partinico e Corleone. A Catania il Cannizzaro sarà capofila degli ospedali di Acireale, Biancavilla, Giarre e Bronte, e sotto la guida del Garibaldi passeranno i presidi di Caltagirone, Militello e Paternò. A Messina il Papardo gestirà gli ospedali di Milazzo, Taormina, Patti, Barcellona, Sant’Agata di Militello, Lipari e Mistretta.

Il personale e il patrimonio degli ospedali di provincia finora in capo alle Asp passeranno sotto la gestione dell’ospedale capofila. Il disegno di legge prevede che entro 180 giorni dal via libera, l’assessorato riformuli la rete ospedaliera, con una suddivisione netta tra l’assistenza ospedaliera per pazienti acuti e le competenze del territorio in capo alle Asp, che dovranno concentrarsi sulla loro missione principale: prevenzione, diagnosi e assistenza dei pazienti cronici. Ma più che fare ordine sembra un papocchio.