Il ministro degli Esteri in missione in Sicilia per verificare i danni del maltempo. E per dare nuova linfa a un Movimento sempre più depresso. Mentre i leader nazionali, ad eccezione del capo della Farnesina, hanno fatto passerella a Venezia, armati di stivaloni gialli e giacche a vento, Luigi Di Maio ha scelto di trascorrere il prossimo weekend nelle province siciliane maggiormente provate dal maltempo. Gliel’aveva chiesto con insistenza il sindaco di Ispica Pierenzo Muraglie, all’indomani dell’alluvione che il 26 ottobre aveva colpito la città del Ragusano, dove l’esondazione di un torrente aveva travolto due auto con a bordo 8 persone (per fortuna salve).

Alle prime piogge la Sicilia va a rotoli. Così Di Maio, che da queste parti vuole conservare il famoso feudo giallo, ottenuto alle Politiche di un anno e mezzo fa e confermato alle Europee (in netta controtendenza rispetto al resto del Paese, dove il M5S è in picchiata), scende in campo per negare il concetto di “Italia a due velocità” denunciato nelle ultime ore dal sindaco di Licata, anch’essa falcidiata dalle piogge torrenziali e dall’acqua alta, in pieno stile Laguna. E per dimostrare che il governo giallorosso è attento alle città che si sgretolano. Tutte, da Nord a Sud. In Sicilia ce ne sono parecchie. Secondo una relazione della Corte dei Conti sul Fondo della progettazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico, servirebbero 3 miliardi per rimettere in sicurezza il territorio. Ma al momento l’Isola deve accontentarsi dalla visita del Ministro.

Di Maio debutta a Castelvetrano, dove da qualche mese è diventato sindaco il grillino Enzo Alfano. Poi, dopo un incontro a Sciacca, alcune tappe nell’Agrigentino, messo a durissima prova da fenomeni di erosione costiera che hanno ridotto in fin di vita la spiaggia di Eraclea Minoa, dove le mareggiate hanno inghiottito 150 metri di spiaggia dagli anni ’80 ai nostri giorni, compresi – di recente – un ristorante e un pezzo di boschetto. Il Comune ha appena pubblicato una gara per la realizzazione dei pennelli frangiflutti (il nostro Mose?), ma poi dovrà ripassare dalla lenta burocrazia siciliana per avviare la fase operativa. Sarà meglio dirlo a Di Maio, che domani pomeriggio sarà a una trentina di chilometri: per l’esattezza a Porto Empedocle, dove in estate ci sono stati nuovi cedimenti e il dissesto minaccia anche la Statale 640, definita la strada degli scrittori. Ma oggi sempre più la strada degli orrori. Sabato toccherà a Licata, Ispica, Ragusa, Rosolini, Noto (dove è morto un agente della polizia penitenziaria, travolto dall’esondazione del fiume Tellaro) e Augusta, ossia le città investite dai maggiori disagi a fine ottobre. Domenica, infine, una puntata nel Catanese, dove il M5s è schiacciato da una presenza invadente di Musumeci e del governo regionale.

E dove c’è grande attesa per la realizzazione di un’opera, la Ragusa-Catania, di cui si parla da oltre vent’anni. Un test per il Movimento 5 Stelle, che più volte aveva annunciato un “lieto fine” durante l’esperienza dei ministri Lezzi e Toninelli (sempre smentiti dai fatti), e adesso si gioca un’altra partita importante. Proprio sabato, mentre Di Maio sarà in città per altro, al municipio di Ragusa andrà in scena l’ennesimo confronto serrato a cui parteciperà il vice-ministro ai Trasporti, Giancarlo Cancelleri, assieme ai sindaci e all’assessore regionale alle Infrastrutture, Marco Falcone, per aggiornare i diretti protagonisti sull’esito dell’iniziative del governo: ossia inserire l’opera nel decreto “Sblocca-cantieri” per abbattere i tempi di realizzazione. Un’altra promessa da non mancare, o anche da queste parti – come è già successo in altre parti d’Italia, ad esempio Taranto – il M5s rischia di diventare gracile. Più delle strade.

Di Maio arriverà anche per questo. Per rinsaldare lo spirito di una terra a trazione grillina (la neo-ministra al Lavoro, Nunzia Catalfo, è di Catania) che però pretende risultati. Fin qui ne sono arrivati pochini anche dall’Assemblea regionale siciliana, dove il Movimento – che conta venti deputati – riesce a recitare molto bene la parte del guastafeste, ma non riesce a incidere sull’azione legislativa del parlamento. Delle poche battaglie campali che si ricordano, una è quella dei vitalizi. I 5 Stelle ne fanno una questione di vita e di morte, ma non sono riusciti a convincere della bontà della propria proposta nemmeno gli alleati “romani” del Pd, che hanno avallato un mini-taglio (del 9%) alle pensioni degli ex parlamentari in fase di approvazione all’Ars. C’è un “però”: la bozza della maggioranza “mista” (il primo firmatario è Antonello Cracolici del Pd) non è piaciuta particolarmente al governo nazionale, che oggi chiede un’interlocuzione e domani, chissà, qualche modifica.

Su questo tavolo i Cinque Stelle potrebbero giocarsi un’altra mano. E convincere, a colpi di onestà, che la via giusta è seguire le direttive nazionali. Dai grillini, però, ci si attenderebbe qualche soluzione in più sui temi del momento. Dal caos dei conti, che sarà regolato in primis dalla magistratura contabile, alla legge sui rifiuti, che il Movimento 5 Stelle – stavolta col contributo del Pd – ha scelto di stoppare. Dall’influenza delle discariche private, che hanno monopolizzato il business della monnezza, alla moltitudine di cantieri fermi che hanno paralizzato e continuano a paralizzare la mobilità nell’Isola. Hanno dalla loro parte un vice-ministro (alle Infrastrutture, per altro) che fino a ieri sedeva fra i banchi di Sala d’Ercole e un ministro che viene spesso in visita per ricordare al mondo e alla Sicilia che il Movimento non si è estinto. Ma serviranno fatti. O anche la Sicilia rischia di diventare l’ultima chiamata.