Le parole pronunciate al Senato da Roberto Scarpinato, nel giorno della fiducia al governo Meloni, provocano reazioni a distanza di giorni. L’ex procuratore generale di Palermo, eletto coi 5 Stelle, ha accusato il centrodestra di traccheggiare con la mafia: “Non bastano né le prese di distanze dal fascismo – ha scandito Scarpinato – né la neo condiscendenza del presidente La Russa nel dichiarare chiusi i ponti con il passato per instaurare una nuova fase di riconciliazione nazionale”. Questa, per il senatore dei 5 stelle, “sarà possibile solo quando ci sarà verità sulle stragi del neofascismo e verranno esclusi dal vostro Pantheon taluni personaggi. Resta viva – va avanti Scarpinato – la preoccupazione sul vostro voler mettere mano alla Costituzione” con la riforma del “presidenzialismo che potrebbe rivelarsi una ritorsione autoritaria” che porterà “all’uomo solo al comando”.

“Quanto alla sua dichiarata intenzione di mantenere una linea di fermezza nella lotta contro la mafia – ha continuato l’ex pg di Palermo, rivolgendosi a Giorgia Meloni – mi auguro che valga anche contro la mafia dei colletti bianchi, che va a braccetto con la corruzione. La mia perplessità si regge sul fatto che la vostra maggioranza si regge anche su una forza politica il cui leader ha mantenuto rapporti pluriennali coi mafiosi e che ha tra i suoi soci fondatori Marcello Dell’Ut..”. Il microfono di Scarpinato, però, si è spento prima che l’ex magistrato finisse di pronunciare il cognome di Dell’Utri, condannato in via definitiva per concorso esterno: il senatore è stato interrotto da La Russa, che lo ha accusato di aver superato i due minuti previsti.

“Al senatore Scarpinato – ha replicato Meloni – dovrei dire che mi dovrei stupire di un approccio così smaccatamente ideologico. Ma mi stupisce fino a un certo punto perché l’effetto transfert che lei ha fatto tra neofascismo, stragi e sostenitori del presidenzialismo è emblematico del teorema di parte della magistratura, a cominciare dal depistaggio e dal primo giudizio sulla strage di via d’Amelio. E questo è tutto quello che ho da dire”.

Nelle ore immediatamente successive sono arrivate le parole di Carlo Calenda: “L’intervento del senatore Scarpinato era quello di una persona delirante – ha detto il leader di Azione -: pensare di trovare una continuità fra il periodo stragista e il governo Meloni è un argomento da neuro”. Anche dall’Isola giungono molte critiche nei confronti dell’ex pg. Tra tutti, Fabio Granata, ex deputato regionale e nazionale, attuale assessore ai Beni culturali del comune di Siracusa: “A Scarpinato, che ho sempre stimato, l’aria del Senato ha già confuso le idee. La sua ricostruzione sui rapporti tra neofascismo, servizi, strategia della tensione e stragi è del tutto strumentale se rivolta a Giorgia Meloni o alla storia del Msi o alla figura di Pino Rauti. Il mondo torbido di cui lui parla è certamente esistito ma è stato quello foraggiato dal sistema democristiano e dalla Cia, e che ha riguardato frange estreme, nemiche del Msi e a libro paga dei servizi e di Gladio. Niente a che vedere con la storia del Msi”.

Polemico pure Fabio Trizzino, legale della famiglia Borsellino: “Allora vediamo di fare corretta informazione. È paradossale che lui bacchetti la Meloni sul fatto che nel suo discorso l’ha considerato un giudice e non un pubblico ministero. Giusta osservazione. Ma non può a sua volta affermare che il depistaggio lo ha smascherato lui. Il depistaggio lo ha smascherato la Procura di Lari che ha poi inoltrato la richiesta di sospensione dell’esecuzione delle pene degli innocenti al Procuratore Generale Pro tempore che non poteva fare altrimenti. Quel Procuratore Generale pro tempore era Scarpinato. Ognuno tragga le conclusioni che vuole”.

Le Operette immorali
(di Giuseppe Sottile)

La disfatta in Senato dell’antimafia chiodata

Per l’antimafia chiodata – quella che alimenta la cultura del sospetto, quella che si nutre di trame oscure e regie occulte – è stato un anno da dimenticare. Si era capito già nel corso della campagna elettorale, con i tormenti farseschi di Salvatore Borsellino, il fratello del giudice Paolo, che non sapeva scegliere tra i quattro magistrati candidati al parlamento: chi era il più giustizialista del reame? Ma la disfatta si è materializzata ieri nell’aula del Senato quando Giorgia Meloni ha raso al suolo i teoremi di Roberto Scarpinato, l’inventore di quella boiata pazzesca che fu il processo sulla trattativa tra lo Stato e i boss di Cosa nostra. L’ex procuratore generale di Palermo aveva costruito un labirintico legame tra neofascismo, presidenzialismo, mafia e stragismo. E la Meloni lo ha subito stroncato. Incassando non un applauso ma una standing ovation.