Se non si sono fatte le riforme è colpa dei numeri della maggioranza, risicatissimi, che non permettono di osare su disegni di legge molto attesi dai siciliani (come quello sui rifiuti, o sui Consorzi di bonifica, o sulla Pubblica Amministrazione). Colpa di una legge elettorale che non assegna a chi vince le elezioni una maggioranza solida in parlamento; e, perché no, dell’abominio del ‘voto segreto’, che ha messo il presidente Musumeci di fronte al suo limite più palese: tenere insieme le anime del centrodestra.

Se i conti della Regione fanno acqua dappertutto, invece, non è responsabilità dell’assessore all’Economia, che in anni di trattative con Roma non è mai riuscito a strappare condizioni vantaggiose per la povera Sicilia, e ha accumulato una serie inestricabili di pasticci e bocciature (da parte della Corte dei Conti); bensì colpa di Crocetta, e di un maledetto decreto, il n.118 del 2011, sulla contabilità armonizzata, che non ha più permesso alla Regione di accumulare debiti, ma l’ha costretta ad accantonare somme per coprire le poste incerte di bilancio. O dello Stato, che per recuperare quote enormi di disavanzo, ha dovuto imporre alla Sicilia “cure da cavallo” (per usare un’espressione di Armao) di cui nessuno ha (tuttora) contezza.

In quattro anni di legislatura Musumeci ha trovato un alibi per tutto, e persino di fronte all’emergenza sanitaria, mettendo da parte i benefici concessi alle Regioni – compresi i fondi per l’apertura di nuovi cantieri negli ospedali e per assumere personale sanitario e amministrativo, ma anche i dispositivi medici di protezione, garantiti nella fase iniziale della pandemia – ha trovato il tempo e il modo di avanzare rivendicazioni pretestuose, come l’attivazione dell’art.31 dello Statuto per mettersi a capo dell’esercito di stanza nell’Isola. Ma adesso il tempo degli alibi è finito e le ultime ordinanze emanate, in senso restrittivo, dal presidente della Regione, palesano fino in fondo le difficoltà a dimenarsi nell’emergenza. Ad adottare provvedimenti univoci e giuridicamente validi.

La parte più importante dell’ordinanza firmata alla vigilia di Ferragosto per contenere i contagi, ossia l’articolo 5 che prevede l’accesso agli uffici pubblici solo per chi è in possesso del Green Pass, è finita su un binario morto. Dopo appena un giorno. Il tempo di sperimentare, a Palermo, il grande caos creato dal provvedimento. E l’impossibilità, per chi aveva prenotato un appuntamento da mesi, di poter ritirare anche solo una carta d’identità. Musumeci, assediato dai partiti della sua stessa coalizione (dalla Lega a Fratelli d’Italia), è stato costretto a sospendere l’applicazione dell’articolo di cui sopra: “Attenderemo la risposta del Garante prima di dare esecuzione alla misura”, ha specificato. Pur garantendo che “il decreto legge vigente affida al potere di ordinanza del presidente della Regione (soggetto attuatore del commissario nazionale per la emergenza) la disciplina di misure restrittive temporanee dettate da ragioni epidemiologiche. Questo è il caso, in diritto”. Il Garante della Privacy ha però obiettato che “le misure di sanità pubblica che implichino il trattamento di dati personali, ricadono nelle materie assoggettate alla riserva di legge statale e, pertanto, non possono essere introdotte con un’ordinanza regionale”.

Era stato altrettanto severo, il Garante, nello stoppare, circa un mese fa, un altro azzardo di Musumeci. Il quale, con l’ennesima ordinanza, chiedeva alle Aziende sanitarie “una ricognizione completa e aggiornata di tutti i dipendenti pubblici, del personale preposto ai servizi di pubblica utilità e ai servizi essenziali, degli autotrasportatori, del personale delle imprese della filiera agroalimentare e sanitaria, degli equipaggi dei mezzi di trasporto per censire chi non è ancora stato sottoposto a vaccinazione e invitarlo formalmente a provvedere”. Anche questa ordinanza, secondo l’autorità della Privacy, “non rappresenta valida base giuridica per introdurre limitazioni a diritti e libertà̀ individuali che implichino il trattamento di dati personali, che ricade nelle materie assoggettate a riserva di legge statale”. Musumeci ebbe da ridire: “Non sapete cos’è una pandemia”. Il provvedimento, però, è rimasto lettera morta e nessun censimento (autorizzato per legge) è stato condotto nelle ultime settimane. I fatti e le intenzioni, ancora una volta, rimangono scollegati.

Così come il tentativo, circa un anno fa, di sfidare lo Stato sulla chiusura dei porti e lo sgombero dei centri d’accoglienza, per limitare gli effetti dell’emergenza sanitaria proveniente dal mare. Il Consiglio dei Ministri impugnò l’ordinanza, che poi fu sospesa dal Tar prima di essere dichiarata nulla. “Il potere di disciplinare l’immigrazione – scrissero, all’epoca, i giudici – rappresenta un profilo essenziale della sovranità dello Stato, in quanto espressione del controllo del territorio; potere, al quale si correla il controllo giuridico dell’immigrazione di esclusiva competenza dello Stato a presidio di valori di rango costituzionale”. Musumeci ne uscì affranto: “Era tutto scritto. I siciliani sanno bene che senza la mia azione, Roma non si sarebbe mai svegliata sul tema migranti. I fatti, per fortuna, parlano più delle ideologie. E i fatti dicono con chiarezza che in Sicilia gli hotspot continuano ad essere fuori legge e non adeguati alle norme Covid. Roma rivendica competenze? Le eserciti davvero, oppure lasci fare alla Regione”. Poco prima se l’era presa con la giudice Quiligotti, rea di aver sospeso il provvedimento: “Il governo ha impugnato la nostra ordinanza, lo ha fatto al Tar con un magistrato che non appare al di sopra di ogni sospetto. Qualcuno dice, ma è una “malalingua”, che è stato consulente del presidente Zingaretti”, all’epoca segretario del Pd. Una caduta di stile denunciata da ambienti della stessa maggioranza, fra cui il leader del Cantiere Popolare, Saverio Romano, che chiese scusa a nome di tutti.

L’iniziativa sull’articolo 31 dello Statuto, secondo cui “il presidente della Regione, di concerto con il ministro dell’Interno (…) si possa sempre avvalere della Polizia di Stato e, ove occorra, delle Forze armate di stanza nella Regione, anche di concerto con il ministro della Difesa”, invece, è stata immediatamente stoppata dall’ex premier Conte, che la definì un’esagerazione. Erano i giorni dell’elmetto, in cui Musumeci sembrava disposto a tutto pur di fermare l’ondata del virus. Molti dei provvedimenti assunti in ambito sanitario – dalla chiusura dei supermercati la domenica, passando per la mancata limitazione dei posti a sedere sui mezzi pubblici – si sono dimostrate fallaci. Al netto delle rivendicazioni di principio, che lasciano il tempo che trovano.

Da lunedì, infatti, torneremo nuovamente in zona gialla perché siamo la Regione con il numero più alto di ricoveri, i primi a superare la soglia di ospedalizzazione fissata a livello nazionale. E nonostante il co-finanziamento da 240 milioni, grazie al quale lo Stato aveva garantito, di concerto con palazzo d’Orleans, l’apertura di 79 cantieri per ampliare reparti di Terapia intensiva e pronto soccorsi negli ospedali. Al 30 giugno solo il 37% degli interventi era stato completato, e in queste ore si sta facendo una corsa contro il tempo per attivare ulteriori 194 posti letto di rianimazioni ed evitare, così, il declassamento (contemporaneamente si sta provvedendo alle dimissioni per i pazienti non gravi, seguendo però “i criteri definiti dall’Agenas” e senza l’adozione di alcuna circolare “svuota ospedali”, precisa l’assessorato). Siamo ultimi in tutto, vaccini compresi, perché l’assessorato alla Sanità – come sottolineato dal Pd ma anche dalla Cgil – non è riuscito a coinvolgere pienamente i medici di famiglia nella campagna di prossimità. Idem per i farmacisti. E non solo a causa della ritrosia di molti siciliani, compresi quelli che partecipano con eccessiva leggerezza ai banchetti con 300 invitati.

Siamo ultimi, evidentemente, perché la pioggia di assunzioni garantita durante la pandemia, e l’affidamento di incarichi per la progettazione e l’esecuzione dei lavori di edilizia sanitaria, non hanno dato i frutti sperati e non sono bastati a prevenire gli effetti della quarta ondata. Siamo ultimi, forse, perché la capacità di tracciamento è sempre stata un punto di debolezza. E perché due mesi trascorsi senza un assessore – Razza sui dimise per l’indagine della procura di Trapani sui dati falsi e sui morti spalmati – e con un capo dipartimento pro-tempore (al posto della Di Liberti, anch’essa indagata) possono aver pesato sul funzionamento della catena di comando. Chiaramente, c’è un alibi anche per questo: ma i siciliani sono stanchi di sentirsi ripetere che nessuno era pronto per affrontare una pandemia. Da un anno e mezzo a questa parte qualcosa l’avremo pure imparata. O no?

Il M5s: “Musumeci dovrebbe solo dimettersi”

“Il vero giallo, a questo punto, non è il colore che che la Sicilia prenderà a breve, ma che Musumeci sia ancora al suo posto dopo avere fallito praticamente su tutto. Dovrebbe dimettersi, se ha a cuore la Sicilia. Lo afferma il capogruppo del M5S all’Ars, Giovanni di Caro. “La legislatura di Musumeci è un rosario di fallimenti: sui vaccini, sui contagi, sugli incendi, sui rifiuti, sui ristori che non arrivano, sulle Finanziarie di cartone, sui buchi di bilancio, sull’ambiente con sanatorie scandalo e con l’apertura agli inceneritori. E si potrebbe continuare all’infinito. Sarà ricordato per i cavalli di Ambelia e per i morti spalmati dal suo assessore, ripescato contro ogni logica e contro ogni decenza. E l’assurdo è che non puoi neanche permetterti di contestare il suo operato: se lo fai sei solo uno sciacallo, nessuno osi criticare il manovratore, anche se questo è diretto verso il baratro”.

“Sul fronte Covid, come su tanti altri fronti – dice Di Caro – abbiamo segnalato le tante anomalie, dal mancato coinvolgimento dei medici di base, alle falle nella campagna vaccinazione, ai mancati controlli a Fontanarossa, agli hub diventati ora inutili cattedrali nel deserto, ma ancora aperti e non vorremmo che lo fossero per mantenere in vita qualche assunzione temporanea, dal sapore clientelare. Non ci ha mai ascoltato, anzi. Siamo i primi per contagi, ultimi per vaccini e primi a tornare in giallo, sempre che vada bene. La sensazione, nettissima, è che la situazione gli sia sfuggita di mano: pagheranno, come al solito i siciliani, anche se per Musumeci la colpa di tutto è sempre e solo la loro”.