Ragionamento con doppio salto carpiato. Negli stessi giorni in cui villa Igiea metteva all’asta parte dei suoi arredi, espressione della grandeur siciliana Belle Epoque, prima di dare avvio ai lavori di restauro, a Ginevra finiva all’incanto un tesoro storico che avrebbe potuto non esistere più da molto tempo. Tutti i giornali del mondo hanno non a caso definito “leggendaria” l’asta dei gioielli che la regina di Francia Maria Antonietta riuscì a mettere in salvo prima di essere imprigionata, inviandoli a sua sorella in Austria. I dieci pezzi, battuti a Ginevra da Sotheby’s qualche giorno fa, hanno totalizzato quasi 50 milioni di euro.

Che cosa sarebbe accaduto se fossero caduti nelle mani dei rivoluzionari? Delle donne che il 5 ottobre del 1789 sfondarono la difesa delle guardie di Versailles entrando nel palazzo e “riportando i reali al Louvre” salendo in carrozza? Qualcuno di questi pezzi che, sono parole del collega del Tg1 “hanno conservato intatto tutto il loro fascino, riportando alla memoria la vita alla corte di Francia”, forse, sarebbe sfuggito alla furia avida dei rivoltosi, finendo invece nelle mani di qualche furbacchione voltagabbana come Talleyrand. Gli altri avrebbero fatto la fine di tutti i tesori caduti lungo il cammino di una rivolta popolare: distrutti per puro e semplice odio nei confronti dei loro proprietari, in traslato, oppure smembrati e rivenduti sottobanco a pochi “sous” per trasformarsi in vino, puttane, stracci e fronzoli. Vittime dell’ignoranza e della cieca brutalità come, per ragioni diverse ma con l’ignoranza e la brutalità come matrice comune, i Buddha di Bamiyan fatti saltare dai talebani nel 2001.

Ogni rivoluzione vede negli oggetti d’arte o di venerazione i primi simboli da distruggere, il primo feticcio su cui rivalersi, a prescindere dalla loro bellezza intrinseca, dall’ingegno che esprimono, dal fatto di essere opera di uomini che a loro hanno dedicato creatività, lavoro, energia. Tutto questo nasce, e diventa possibile, manovrabile, solo attraverso l’ignoranza. Solo l’ignoranza ti permette di fregartene dell’oggetto, della “thing of beauty” che hai davanti, come avrebbe detto Keats, e solo la cultura ti consente di disattendere un ordine, come fece il generale Dietrich von Choltitz, preferendo arrendersi piuttosto che distruggere Parigi, nel 1944.

Per questo, e ripeto scusate se la riflessione vi sembra azzardata, sono con gli studenti che in questi giorni scendono nelle piazze contro il governo gialloverde, quel governo che mira a mortificare l’intelligenza e lo spirito di iniziativa con misure assistenzialiste vanificando nel contempo la meritocrazia nelle scuole e nelle università con finanziamenti ridicoli, indegni di un paese che vanta il più importante patrimonio artistico mondiale, e i cui studenti, messi alla prova in competizioni internazionali, ma posso anche affermarlo vedendoli tutti i giorni in aula con i loro colleghi cinesi o americani, sono fra i più brillanti e meritevoli. Non voglio vedere, né oggi né mai, un paese dove si svende la bellezza e la capacità di riconoscerla per un tozzo di pane. Anche perché presto, non riconoscendo e non difendendo la prima, non saremmo neanche più in grado di procurarci il secondo. Se oggi possiamo riempirci gli occhi e la bocca della “corte di Francia” è perché la sua sovrana seppe trovare un riparo a quelle pietre non solo dai ladri, ma soprattutto dagli ignoranti.