Poteva godersela alla grande: non aveva una carriera da inseguire né altre mete da conquistare. Era stato presidente del Senato, la seconda carica dello Stato: la politica gli aveva concesso tutti gli onori. Eletto a settembre governatore della Sicilia, Renato Schifani avrebbe potuto inaugurare una legislatura di grande libertà: libertà dai vincoli asfissianti di una maggioranza rissosa e affarista; libertà dalle faide micragnose di un partito il cui leader non riesce più a gestire il tramonto; libertà dalle ingombranti e pericolose amicizie del passato. Avrebbe potuto, insomma, gustarsi le prelibatezze di una stagione politica unica e irripetibile. Invece, da tre mesi, è lì che annuncia e smentisce, che litiga e media, che cade dal pero e tenta di rialzarsi. Avrebbe potuto pasteggiare a caviale e champagne, si ritrova a inghiottire ogni giorno pane e cipolla.