Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha autorizzato la Procura di Messina a procedere nei confronti del sindaco della Citta’ dello Stretto, Cateno De Luca, accusato del reato di vilipendio previsto dall’articolo 290 del codice penale. De Luca era stato iscritto nel registro degli indagati a fine marzo dopo la denuncia del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. Per questo genere di reati, perché si possa poi esercitare l’azione penale attraverso la richiesta di rinvio a giudizio o di emissione di decreto penale di condanna, è necessaria l’autorizzazione del Guardasigilli.

Il sindaco Cateno De Luca si era reso protagonista di durissime critiche alla gestione del Viminale dell’emergenza Coronavirus, culminate in una corsa agli imbarcaderi della Caronte e Tourist per impedire lo sbarco da una nave dalla Calabria. Tutto, disse il primo cittadino, per proteggere i suoi concittadini dall’epidemia. Nelle sue dichiarazioni, il sindaco accusò duramente il ministro Lamorgese di non tutelare i siciliani e di aver minimizzato il rischio che l’afflusso di persone nell’isola potesse avere sulla diffusione del virus. “Mi vogliono politicamente ammazzare a colpi di lupara di Stato – disse De Luca, dopo la querela del Ministro dell’Interno – La riunione straordinaria del CdM che è stata preannunciata per esaminare il caso De Luca è l’ennesima conferma della trasformazione di uno Stato serio in Repubblica delle Banane”, aveva tuonato.

La replica di De Luca

“Potevo accettare l’implicito compromesso di Stato, rinunciando a non impugnare la delibera della presidenza del Consiglio dei Ministri di annullamento della banca dati ‘Si passa a condizione” ed evitare così il processo per vilipendio? Assolutamente no. Per tale motivo ringrazio il Guardasigilli Bonafede per avere assecondato il capriccio del Ministro dell’interno, Luciana Lamorgese, nel processarmi per il delitto di lesa maestà”. A riferirlo è il Sindaco di Messina, Cateno De Luca.

Si ricorda che con la delibera di giunta comunale n. 260 del 12 giugno scorso, l’Amministrazione comunale ha conferito l’incarico legale per impugnare innanzi al TAR del Lazio il decreto del Presidente della Repubblica che aveva avallato la decisione del Consiglio dei Ministri di annullare l’ordinanza sindacale che introduceva dal 8 aprile scorso stringenti ma efficaci controlli per l’attraversamento dello stretto di Messina con l’obbligo di registrarsi alla banca dati “si passa a condizione”.

“Rammento ancora la presa di posizione del Ministro Lamorgese – continua il Primo cittadino – che appresa la notizia della mia opposizione è andata su tutte le furie, è così il povero Ministro della Giustizia non ha avuto altra scelta che concedere l’autorizzazione alla Procura della Repubblica di Messina di processarmi per il reato di vilipendio perché avevo osato mandare a quel paese il Ministero dell’Interno, autore e difensore del sistema di controlli farlocchi sullo Stretto di Messina. Se il 12 giugno scorso non avessi fatto la delibera di impugnazione del decreto presidenziale dell’aprile scorso, probabilmente non sarei stato processato”.

“Ai miei detrattori a Roma – conclude il Sindaco peloritano – ricordo che già il 3 aprile avevo chiesto di essere processato, perché non accetto compromessi di Stato. A seguito della richiesta della Procura al Ministro Bonafede per procedere nei miei confronti, chiesi pubblicamente di andare in tribunale per dimostrare – con le carte in mano – che non si stavano facendo i conti solo con il Coronavirus, ma anche con la malaburocrazia e certi politici allo sbaraglio. Pertanto, ringrazio per avere ascoltato la mia richiesta. Al Ministro Lamorgese ricordo il seguente versetto biblico: ‘Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli”.