Alla vulgata popolare che ha accompagnato il terribile stupro di Palermo, da regista di scena consolidata, ha partecipato pure la palermitana Emma Dante. Che ha pubblicato sui social una solenne invettiva contro i presunti autori dell’abuso nei confronti della ragazza di 19 anni. Così ha scritto in un post: «A che vi serve quel coso moscio, quel pezzetto di carne che pesa meno di un etto, quella protuberanza fastidiosa che a volte mettete a destra e a volte a sinistra, quel naso brutto senza narici, quella piccola sporgenza imbarazzante, quell’illusione di centro del bacino, centro del maschio, centro del mondo, quel palloncino che si gonfia con la pompetta della libido e diventa arma tagliente, pugnale penetrante, esaltazione dell’io, pene immondo che insozza la poesia di corpi sublimi fatti di vallate e promontori? Perché non asportarlo subito quel pungiglione velenoso? Sarebbe un grande rimedio, finalmente, evirare il maschio portatore di fallo fallace a scopo sanitario e ascetico. Allora, questo genere di maschi, ripuliti da superflui pezzi di carne, canterebbero melodie soavi con le loro voci bianche».

Modi eleganti e forbiti – come suggerisce la lettura di Luca Beatrice su Libero – “per dire che il maschio bastardo e stupratore andrebbe evirato, che la fallocrazia è criminosa e ripugnante, traducendo in immagini piuttosto efficaci ciò che diversi politici, non proprio della sua parte, hanno espresso ripetutamente di fronte a casi del genere. Con Emma Dante la misura della castrazione chimica è diventata di sinistra, tanto per dar ragione a chi pensa che il mondo vada all’incontrario”.

E a supporto di questa tesi, su Facebook, arriva il commento di Maurizio Martinelli, direttore del Messaggero: “Quandio Calderoli ebbe l’ardire di proporre la castrazione chimica fu crocefisso sulla pubblica piazza. Qui siamo oltre e di parecchio. Ma alla gauche caviar, con le Birckenstock e la evve moscia, tutto è concesso”. Il livello dello scontro, e l’agitazione della forca, sembravano aver toccato l’apice coi post al vetriolo del cantante Ermal Meta, che aveva augurato ai “cani” di finire sotto cento lupi. Non avevano ancora visto (e letto) Emma Dante.