La Sicilia è talmente indietro nella realizzazione degli impianti fognari che, come emerge dall’ultima inchiesta di Repubblica, è costretta a pagare 80 mila euro al giorno – dicasi al giorno – di sanzioni all’Unione Europea. Ma ad occupare i pensieri del Presidente della Regione sono le nomine: la Struttura commissariale per la depurazione, chiamata a realizzare gli interventi di collettamento, fognatura e depurazione delle acque reflue urbane negli agglomerati idrici oggetto di infrazione comunitaria, era ferma da luglio (quando sono scaduti i 45 giorni di proroga). Proprio ieri è stata aggiornata dalla presidenza del Consiglio dei Ministri: il ruolo di Commissario unico è andato all’ex deputato catanese Fabio Fatuzzo, mentre uno dei due vice sarà Toto Cordaro, ch’era stato assessore del governo Musumeci e di recente, al servizio del Ministro balneare, aveva contribuito all’approvazione del “Piano del mare”.

Schifani – è storia nota – non ama Musumeci. Le recenti interferenze sull’aeroporto di Catania, e la distanza su alcune contromisure da adottare (l’ex governatore parla di un’unica società di gestione) li ha allontanati. E ora anche Cordaro, precipitato dal mare alle fogne, passato dal centro di Romano ai patrioti di Meloni, non va più bene: “Già assessore nella giunta Musumeci e poi non più ricandidato, si presenta come ex politico dotato di breve conoscenza della materia acquisita nel volgere del suo ruolo istituzionale”, ha spiegato Schifani nel suo commento articolato. Che non risparmia nessuno. Tanto meno Fatuzzo, già parlamentare nazionale, eletto nel 2001 con Alleanza nazionale: “Il mio grande stupore – dice Schifani – consiste nel fatto che si è passati dal professor Maurizio Giugni, ordinario di ingegneria idraulica, e quindi dotato di altissima competenza e preparazione sul delicatissimo settore che vede la Sicilia particolarmente coinvolta, ad un ex parlamentare che, nel pieno rispetto della sua prestigiosa carriera, non presenta alcuna preparazione specifica. Mi auguro che il governo nazionale rifletta attentamente su queste scelte”.

Scelte ponderate dal Ministro degli Affari regionali, il meloniano Raffaele Fitto, e condivise dal collega di Forza Italia Pichetto Fratin. Che a Schifani non sono piaciute. “Il presidente si ricorda dei problemi dei siciliani solo quando non è lui a fare una nomina?”, chiede tranchant Michele Catanzaro, capogruppo Pd all’Ars. Anche con Fratelli d’Italia è calato di nuovo il gelo: “Il presidente Schifani non avrebbe dovuto criticare così ingiustamente la scelta dei nuovi vertici della Struttura commissariale per la depurazione delle acque – afferma Giorgio Assenza, capogruppo all’Ars – Da parte nostra non ci siamo mai permessi di criticare le nomine di Schifani. Né quando hanno riguardato ex deputati né quando, talvolta, i designati si sono dimostrati degli “scienziati”».

In questa fase, ed è per questo che il governo è intervenuto, bisognava mettere ordine nella governance del settore la cui assenza – da luglio in poi – ha comportato rallentamenti nell’esecuzione dei 22 progetti già avviati nell’Isola: a partire dal rifacimento della rete fognaria di Misterbianco (un appalto da 250 milioni di euro diviso in tre lotti). Piccolo inciso: la struttura commissariale nazionale è anche stazione appaltante. Mette a bando i progetti, avvia i cantieri e paga i privati (che lamentano una decina di milioni di arretrati). Fra scelte mancate da parte della politica e stallo burocratico, il mix rischiava di essere letale. “Il nostro Paese – commenta il ministro dell’Ambiente Pichetto – paga oggi sanzioni all’Europa per le sue inadempienze in campo fognario e depurativo: un costo innanzitutto ambientale, che impatta sulla vita e sull’economia di tanti territori, prevalentemente dislocati in Sicilia, Calabria e Campania”.

“La Sicilia – segnala il deputato del M5s, Luigi Sunseri – è in vergognoso ritardo e paga sanzioni milionarie all’Europa a causa di mancati progetti o cantieri lumaca che si trascinano da anni. Un blocco ci danneggia due volte: non solo non siamo in grado di spendere le risorse commissariali ma così facendo rischiamo di perdere le risorse europee che pure ci potrebbero aiutare a risolvere il problema della depurazione. Non ci aspettavamo certamente nessuna inversione di rotta del governo Schifani per quanto attiene alla programmazione con i fondi europei considerando la continuità politica con quello di Musumeci, ma fare addirittura peggio, non era un’operazione semplice”. “Il Programma Operativo Fesr Sicilia 2014/20 – aggiunge il deputato grillino – dovrebbe contribuire alla risoluzione delle infrazioni tramite il finanziamento di alcuni dei principali interventi in Sicilia. Invece paghiamo sanzioni per oltre 2 milioni di euro al mese per la mancata depurazione. Se non vuole incappare in ulteriori sanzioni, la Regione deve spendere almeno 50 milioni di euro da qui a fine anno”. Soldi che rischiano di tornare a Bruxelles.

Ma sui fondi europei c’è un’altra eccezione segnalata dal Partito Democratico: la Sicilia, con Schifani, rischia di perdere 1,5 miliardi di finanziamenti. La segreteria del Pd ha avviato una campagna sui social per denunciare “il fallimento di Schifani: per quanto riguarda i PUI (Piani urbani integrati) il taglio ammonta a 516 milioni di euro: 198 milioni per la città metropolitana di Palermo, 182 milioni per quella di Catania (-51 per Catania e -134 per il Calatino) e 132 milioni per quella di Messina. Attraverso i PUI si sarebbero potuti finanziare progetti di recupero e riqualificazione di aree degradate ma anche interventi a valenza ambientale, culturale e turistica”.

Un lavoro, quello del Pd, realizzato dalla responsabile del dipartimento PNRR, Cleo Li Calzi, che ha messo su un osservatorio sui dati ed un sistema di monitoraggio permanente, per supplire proprio alle carenze informative sui fondi PNRR da parte della Regione. “Questo attesta l’inadeguatezza e l’assoluta impreparazione del governo regionale guidato da Renato Schifani. Abbiamo lanciato l’allarme in tempi non sospetti proprio perché ci attendevamo una reazione, anche minima, in difesa degli interessi della Sicilia che – dichiara il segretario regionale, Anthony Barbagallo – purtroppo da palazzo d’Orleans non è arrivata. Per questo la dichiarazione di Schifani che sostiene che il trend di crescita economica della Sicilia si conferma e anzi è in crescita, ci lascia di stucco. Ma di quale crescita parla? I dati diffusi dalla Cgia di Mestre secondo cui il Pil della Sicilia cresce più di Germania e Francia sono fuorvianti. Non dicono infatti che nello stesso report si evince che cresce la forbice tra Nord e Sud di Italia. Schifani non ha nessun merito sugli indici di crescita, che sono comunque riferiti su risorse nazionali del 2020-2022, mentre lui stesso nella delibera del 27 luglio scorso ha ammesso i gravi ritardi nella spesa regionale che hanno determinato il mancato assorbimento di investimenti per oltre 1 miliardo per i quali ha proposto la riprogrammazione essendo fuori dai target di fine 2023”.

Anche su questo fronte il presidente della Regione annaspa pericolosamente. Ma si difende in qualche modo: “Comprendo la disperazione del Pd siciliano, dato dai recenti sondaggi ai minimi storici, ma non è con le gambe corte delle bugie che si recupera terreno. I dati in loro possesso sugli investimenti relativi al PNRR in Sicilia sono decisamente errati se non raffazzonati! Prima di aprire bocca dovrebbero documentarsi un po’ meglio onde evitare figuracce”. E ancora: “Come precisato dal governo nazionale, a seguito dell’interlocuzione con il ministro Fitto, nessun investimento programmato in Sicilia verrà perduto ma ne sarà solo cambiata la fonte finanziaria ove accertata l’impossibilità di realizzazione entro il 2026. Gli investimenti del Pnrr assegnati alla Regione Siciliana sono tutti in sicurezza, anzi in taluni casi le misure finanziarie risultano complessivamente incrementate”.

Ma c’è un’ultima questione che richiede adeguate contromosse: riguarda la sanità. Dopo aver investito, di concerto con l’assessore Giovanna Volo e con il capo dipartimento della Pianificazione strategica, Salvatore Iacolino, sull’abbattimento delle liste d’attesa, il governatore ha convocato per giorno 8 settembre i manager di Asp e Aziende ospedaliere a Palazzo d’Orleans: dovranno relazionare sull’attività di riprogrammazione dell’offerta sanitaria. “Ho voluto questo primo momento di verifica – dice Schifani – per serrare i tempi di attuazione dei vari passaggi del piano, per avere certezza di rispettare il cronoprogramma stabilito e di centrare l’obiettivo di abbattere le liste di attesa. Questa è una delle condizioni per garantire ai siciliani il diritto a ottenere servizi sanitari di qualità in tempi accettabili”. Il piano presentato dalla Regione il 27 luglio scorso prevede l’immissione in sistema di 48 milioni, di cui la metà destinata alle strutture private convenzionate. Sarà un banco di prova anche per gli attuali commissari, che su questa partita si giocano il proprio futuro: entro la scadenza del 31 ottobre, infatti, saranno nominati i nuovi vertici della sanità. Prevarrà il merito o la politica?