Dopo l’espulsione di un anno e mezzo fa a seguito di un’intervista “incriminata” (ad Atlantide, su La7), il procuratore nazionale Antimafia, Cafiero De Raho, ha revocato il provvedimento e riammesso il pm Nino Di Matteo nel pool d’inchiesta sulle stragi del ’92. De Raho ha informato  il Consiglio superiore della magistratura, che aveva aperto un fascicolo sul caso. Il 23 settembre scorso, il procuratore ha inviato una nota a Palazzo dei Marescialli per far conoscere al Csm la sua intenzione di evitare “aggravi procedurali e decisionali in un momento particolarmente delicato per la svolgimento delle funzioni e l’immagine della magistratura”.

Quando Nino Di Matteo ritornerà alla direzione nazionale antimafia dopo l’incarico al Csm, potrà quindi riprendere il suo posto nel pool. “Ha tradito la fiducia del suo gruppo di lavoro e delle procure distrettuali impegnate nelle inchieste”, aveva detto De Raho, in riferimento all’intervista di Di Matteo sui mandanti occulti delle stragi. L’ex pm della Trattativa, come riporta ‘Repubblica’, si era difeso davanti al Csm ribadendo di aver parlato di questioni note da anni. Cioè il ritrovamento, accanto al cratere di Capaci, di un biglietto scritto da un agente dei servizi segreti, e di un guanto con un Dna femminile. In tv, il magistrato aveva ricordato pure la scomparsa del diario di Falcone da un computer del ministero della Giustizia e  ribadito l’ipotesi che alcuni appartenenti a Gladio abbiano avuto un ruolo nella fase esecutiva della strage del 23 maggio 1992.

Di Matteo contro Davigo: è la guerra dei duri e puri (l’articolo di Sottile su Il Foglio)