Sembrava tutto risolto con il benestare al nuovo centro sportivo che nascerà a Torretta. Ma il sodalizio, stavolta, s’è interrotto sul serio. Tony Di Piazza, ex vicepresidente del Palermo e attuale consigliere del Cda, ha deciso di esercitare il diritto di recesso con sei mesi d’anticipo e uscire da HeraHora, la holding che controlla il club rosanero. Avverrà, ufficialmente, il prossimo 21 giugno. L’imprenditore italo-americano detiene il 40% delle quote della società, che adesso la famiglia Mirri dovrà piazzare al miglior offerente, oppure tenere per sé.

La doccia fredda è arrivata prima di Natale, quando Di Piazza, dopo aver espresso parere negativo al bilancio, ha comunicato la sua decisione. Che arriva, per la verità, al termine di un cammino molto tortuoso. In estate, infatti, tutti i dissapori vennero a galla dopo la comunicazione dell’esonero del tecnico Rosario Pergolizzi, di cui Di Piazza non era stato prontamente informato. Ma l’ex vice di Dario Mirri, da mesi, contesta il mancato coinvolgimento nelle decisioni operative del club, arrivando a beccarsi pubblicamente con i suoi soci. Per questo aveva deciso di abbandonare la vice-presidenza e mettere in vendita le proprie quote. La questione sembrava rientrata poche settimane fa, quando il Palermo F.C. si è aggiudicato il bando del comune di Torretta per la realizzazione del nuovo centro sportivo (un investimento da 6 milioni). Ma era soltanto un fuoco di paglia. Fra le motivazioni che hanno portato all’addio di Di Piazza anche l’emarginazione di Gianluca Paparesta, l’ex arbitro internazionale che lo aveva “agganciato” a Mirri al momento dell’acquisizione del club.

Questo episodio mette ulteriormente a nudo la fragilità del Palermo, reduce da una prima parte di stagione deludente anche sul piano sportivo. La squadra di Boscaglia, reduce dal pareggio casalingo col Bari, viaggia infatti a metà classifica, in piena lotta per i playoff. Ma le premesse erano diverse ed era lecito aspettarsi almeno una decina di punti in più.

Le motivazioni di Di Piazza

Con una lettera fatta pervenire ieri all’assemblea del Palermo, l’ex vicepresidente Tony Di Piazza ha reso note “le ragioni di tale sofferta decisione”. “Come molti sanno – esordisce Di Piazza – ho deciso di entrare a far parte della Società non già per ragioni di lucro, ma per ragioni di “cuore”, mosso dalla volontà di restituire qualcosa alla mia Terra e di offrire delle possibilità alla squadra di calcio che da moltissimi anni seguo con grande passione. Ho creduto molto in questa impresa, che certo non era la più semplice da realizzare – anche per ragioni geografiche – né la più conveniente sotto un profilo imprenditoriale, ma faccio parte di quella categoria di persone che ancora crede nei valori fondamentali e nell’importanza di non ricondurre qualsiasi decisione alla logica del business. Ho creduto, in particolare, nelle persone con le quali avevo pensato di poter percorrere un lungo cammino verso il successo di una squadra che ritenevo (e ahimè ritengo tuttora) meritasse molto più di ciò che ha ottenuto e ho pensato che tale collaborazione potesse andare oltre il gioco dei ruoli tra “minoranza” e “maggioranza”.

Ben presto mi sono tuttavia reso conto che le mie aspettative erano state mal riposte. Non solo sono stato escluso dalla vita della Società (alcune notizie importantissime le ho dovute addirittura apprendere dai giornali!), ma cosa ben più grave le intese raggiunte a suo tempo e sulle quali avevo fondato la mia decisione di entrare a far parte della Società non hanno trovato attuazione secondo quanto mi aspettavo. Ciò con mio grande rammarico, come uomo, come imprenditore e come tifoso del Palermo.

I punti di divergenza che mi hanno condotto a questa scelta sono, come detto, molteplici. In particolare:

– sono state disattese le mie legittime aspettative quanto alla nomina del Direttore Operativo del Palermo Football Club S.p.a. (“Palermo”); è infatti da questa estate che si parla di rinnovare la carica di Direttore Operativo al dott. Gianluca Paparesta e allo stato nulla è stato fatto. Non intendo dilungarmi sulla circostanza, ma tengo a sottolineare l’importanza che la questione rivestiva nella mia prospettiva: il diritto alla nomina della figura in questione rappresentava per me un presupposto importantissimo della partecipazione alla Società, tenuto conto che allo stesso era stato pattiziamente attribuito il compito di partecipare alla formazione del piano finanziario e di vigilare sul rispetto dei budget stabiliti. Tale nomina era quindi, per me, garanzia della corretta gestione economica e finanziaria della Palermo, gestione che rappresenta un innegabile punto di attenzione per una realtà come quella in oggetto, tenuto anche conto delle infelici vicende che ha dovuto affrontare in un recente passato;

– non vi è stata convergenza di opinioni tra i soci di Hera Hora con riguardo al tema del richiamo dei decimi di capitale non ancora versati. Personalmente, ritenevo che – come ho chiaramente espresso il 26 maggio scorso – fosse utile provvedere all’integrale versamento dei decimi di capitale di Hera Hora allorché l’apporto di risorse avrebbe potuto giovare alla formazione della squadra (in termini, ad esempio, di scelta dei giocatori da reclutare), ma tale mio pensiero è rimasto isolato e la proposta respinta sul presupposto che non fosse allora necessario tale apporto di risorse. Senonché, di recente, a pochi mesi da quella proposta, è stata bruscamente cambiata rotta e si è deciso di dare corso a tale richiamo di decimi di capitale;

– è mancata unità di vedute quanto al tema della sussistenza di un’attività di direzione e coordinamento sulla Palermo da parte di Damir S.r.l., in qualità di soggetto indirettamente controllante, o di Hera Hora s.r.l.. Personalmente (ma nei medesimi termini si è anche espresso il Collegio Sindacale della Palermo, il che conferma la fondatezza della mia posizione) ritengo che attività esista e che non siano quindi corrette le decisioni di segno contrario che sono state recentemente assunte;

– quanto, poi, alla Palermo, non ho condiviso le modalità con le quali si è deciso di trattare i rapporti con le parti correlate, nonché le decisioni in merito all’attribuzione di poteri di cui hanno recentemente beneficiato l’Amministratore delegato e il Presidente del Palermo (attribuzioni che hanno di fatto spogliato il Consiglio dei suoi poteri collegiali), nonché agli adeguamenti retributivi che sono stati riconosciuti al predetto Amministratore Delegato e ad altre figure (adeguamenti che incidono considerevolmente sulla situazione economica e finanziaria della Palermo).

Insomma, i punti di discussione non sono certo mancati in questi ultimi tempi e la lista di questi punti potrebbe anche essere più lunga, ma come mi è stato più volte ricordato negli ultimi tempi, la partecipazione in Hera Hora a me di riconducibile è di minoranza, il che non mi consente di fare più di quello che ho cercato di fare fin qui. Mi sono quindi visto costretto a fare un passo indietro e a recedere dalla Società”.