“L’avvocato che difende un mafioso non è per ciò stesso un mafioso, l’antimafia non è e non può essere solo una questione di magistrati, parenti delle vittime e avvocati di collaboratori. L’antimafia non può essere solo dei duri e puri. La lotta alla mafia non può diventare un pretesto per rinunziare o per sottovalutare, concetti e diritti fondamentali: il diritto ad una difesa, ad una giusta e chiara imputazione, ad un processo equo. L’avvocato difensore è sempre architrave dello Stato di diritto”. Sono alcuni passi della lettera di Domenico Gozzo, sostituto procuratore generale di Palermo, pubblicata da Il Foglio con il titolo ‘Da magistrato vi spiego perché gli avvocati dei mafiosi non vanno demonizzati: non usiamo la lotta alla mafia contro lo stato di diritto’. Una lettera che segna un passaggio importante nel dibattito sempre vivo nel nostro Paese tra le ragioni del giustizialismo antimafioso militante e la ragioni del garantismo e della difesa delle principali regole del diritto.

Le parole di Domenico Gozzo, inoltre, provano a riportare un clima di serenità e di reciproco rispetto nei rapporti sempre tesi tra avvocatura e magistratura. Rapporti che da un punto di vista mediatico, politico e funzionale hanno visto negli ultimi anni il prevalere dei magistrati. La lettera di Domenico Gozzo, uno dei magistrati in prima linea nel contrasto alla criminalità organizzata, si innesta nella polemica innescata dal sociologo Nando Della Chiesa subito dopo l’indicazione di un avvocato difensore di mafiosi quale componente di un comitato legato alla commissione antimafia lombarda. Un avvocato che ha difeso niente poco di meno che i Lo Piccolo, boss mafiosi del capoluogo siciliano. Ma questo non è un reato, ci ricorda Gozzo, e non possono essere addotte nemmeno le odiose regole di opportunità, dietro le quali si malcelano spesso i teoremi del professionismo antimafia che vuole solo distruggere tutto ciò che non gli appartiene.

“La mafia rimane una montagna di merda” sottolinea Gozzo, ricordando le parole di Peppino Impastato, ma il problema non è questo. Su questo giudizio non ci sono né ci possono essere distinzioni di sorta: “Non può e non deve esistere una forza politica che non abbia nel suo Dna l’antimafia” afferma Gozzo, ma è anche vero che nessuna forza politica, diciamo noi, può ritenersi depositaria dell’unica verità in tema di lotta al malaffare mafioso, additando magari come collusi i politici che non ne fanno parte. “L’antimafia sia di tutti e non solo dei duri e puri” ammonisce Gozzo, e sulla stessa falsariga si muoveva Giovanni Falcone che di proclami, slogan e teatrini sconnessi e slegati dalla vera lotta alla mafia se ne intendeva eccome “perché una società vada bene, si muova nel progresso, nell’esaltazione dei valori della famiglia, dello spirito, del bene, dell’amicizia – sosteneva Falcone – perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il proprio dovere”. Nessun effetto speciale, quindi, nessuna vocazione o predestinazione: è sufficiente che ognuno faccia il proprio dovere sino in fondo, nel rispetto della legge. E’ una lettera, questa di Gozzo, che restituisce dignità e valore alla funzione forense, imprescindibile e ineliminabile nella dinamica dei processi. “Nel processo penale – spiega Gozzo – giudice, Pm e avvocato difensore sono essenziali: senza una di queste persone il processo non è equo”.

Costantino Visconti, ordinario di Diritto Penale all’Università di Palermo, non le manda certo a dire: “Accade raramente che Nando Dalla Chiesa colpisca il bersaglio su questioni che interessano il diritto, ma credo che sia comunque in buona fede perché in realtà non è in possesso degli strumenti culturali adeguati per intervenire su questioni di questa importanza”. Ma Visconti commenta anche la lettera di Gozzo: “Sono felice di leggere queste parole: che un Pm di grande valore ed esperienza abbia la sensibilità e l’acume di sottolineare pubblicamente quanto è importante l’esercizio del mandato difensivo nei processi di mafia è un’ottima scelta pedagogica. Il ruolo dell’avvocato è essenziale per il raggiungimento della verità processuale: non può esservi alcuna verità in assenza di una buona e piena difesa. Credo che vada abolita la locuzione avvocato di mafia perché richiama fenomeni criminali. Esiste e dovrà sempre esistere l’avvocato che difende singoli imputati di mafia non colpevoli sino a sentenza definitiva”.

Ennio Tinaglia, avvocato del Foro di Palermo, plaude alla lettera di Gozzo e stigmatizza il comportamento del figlio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa: “Pienamente condivisibili le parole di Domenico Gozzo: l’avvocato non è un sodale del cliente. Un equivoco, questo, che purtroppo attraversa larghi settori dell’opinione pubblica e mi sorprende che possa far breccia su una persona come Nando Dalla Chiesa, un sociologo che dovrebbe sapere di cosa parla”.