“Io sono un biologo marino e il comandante di un moto-peschereccio. Ma sono qui per sentire i problemi dell’agricoltura”. Lorenzo Viviani è l’ultima speranza cui si aggrappano gli agricoltori di Vittoria che vivono da mesi, forse anni, nella morsa della crisi. Il deputato della Lega, un ragazzotto di 37 anni, eletto nel collegio di La Spezia, è sceso nel Ragusano a prendere appunti e conoscere gli imprenditori in difficoltà. Farà una puntata a Isola delle Femmine, poi a Mazara del Vallo. Le Europee si avvicinano ed è bene farsi vedere in giro. La Sicilia, d’altronde, ha tutte le carte in regola per diventare un avamposto leghista, anche se fino a qualche tempo fa – ma l’abitudine è dura a morire – guardava con sospetto a Salvini e compagni. Erano gli anti-meridionali per eccellenza, quelli che urlavano “Vesuvio, lavali col fuoco”. I lettori privilegiati di un quotidiano come Libero che ancora oggi, alla soglia del 2020, fa differenze fra terroni e resto del mondo. Ma pian piano questo pregiudizio all’incontrario sta scomparendo.

E’ quanto sostiene Igor Gelarda, responsabile Enti Locali della Lega per la Sicilia Occidentale, che assieme a Viviani si intrufola nel codone di auto che si mette in moto per le campagne vittoriesi. Agita la plastica fuori dalle serre, la solleva, dà uno sguardo all’interno: piante di melenzana “bruciate” dal gelo. Qualche settimana fa un’ondata di freddo ha devastato buona parte del raccolto, complicando una stagione agricola che rispetto a quella dello scorso anno sembrava andare un filino meglio. Ecco Gelarda: “In cinque mesi non ho mai ricevuto una brutta accoglienza. Se i sondaggi in Sicilia e Sardegna ci danno al 22%, vuol dire che qualcosa sta cambiando. Questo pregiudizio da parte dei siciliani evidentemente è caduto”.

La Lega si affaccia nel ceto produttivo in difficoltà. Il mercato ortofrutticolo di Vittoria è fra i più grandi d’Europa. Qui la popolazione vive e lavora a contatto con la terra. Per sessant’anni la città è stata un feudo rosso, perché nei partiti di sinistra leggeva un collegamento alla propria situazione di precarietà. Ma poi, anche qui, il Partito Democratico ha fallito. E alle ultime Amministrative si è imposto il centrodestra, il cui governo è stato cancellato con un colpo di spugna dalle infiltrazioni mafiose che hanno convinto il Ministero dell’Interno a sciogliere il Comune e apporvi tre commissari prefettizi come fossero sigilli. “Il Pd ha chiuso perché in Europa ha firmato degli accordi commerciali con i paesi africani – spiega Angelo Giacchi, rappresentante del Comitato Agricoltura Anti-crisi – Oggi il mercato italiano è invaso da prodotti egiziani e marocchini, che vengono venduti a prezzi più bassi. Frutto della concorrenza sleale e dell’assenza totale di controlli. Non ci sono misure protezionistiche che salvaguardino i nostri produttori. Molti dei miei colleghi hanno affittato l’azienda e sono andati a lavorare all’estero, come carpentieri o muratori. La classe media imprenditoriale è stata smantellata”. Ma anche un altro aspetto risulta destabilizzante: “Alcuni giorni fa il Consiglio pastorale di Vittoria ha inviato una lettera ai tre commissari per segnalare uno stato di necessità. I preti sono quelli che ricevono le maggiori sollecitazioni da parte delle famiglie in difficoltà. Famiglie che prima non avevano mai dovuto chiedere e ora sono costrette a farlo”.

Ci vorrebbe un miracolo. Ma per ora fa capolino soltanto la Lega. Che protezionista (e sovranista) lo sarebbe pure, e prova a prendersi un mucchio di voti rimasti in sospeso. Non tanto per la concorrenza del Pd, che al Nord ha dato ampia dimostrazione di quanto sia facile smarrire un’identità e perdere elettori, quanto per la presenza del Movimento 5 Stelle, che alle ultime Regionali, ma soprattutto alle Politiche, ha cannibalizzato il voto di protesta, compreso quello degli agricoltori. Gelarda sa bene che la partita si gioca contro i grillini e che il modo migliore per approcciare una terra lontana anni luce da Pontida e i suoi dogmi, è farsi vedere. Conoscere. Possibilmente apprezzare. Non esiste una ricetta vincente, ma una serie di rivendicazioni da inoltrare a Bruxelles. Perché è lì che si combatte davvero: “Abbiamo un ministro dell’Agricoltura, Centinaio, che ci sta mettendo la faccia – dice Gelarda – Bisogna mettere i dazi sulla qualità, introdurre nuovi controlli alle frontiere, adottare una politica del rigore. Le eccellenze siciliane, tutte, soffrono di due problemi: uno è il gap infrastrutturale con il resto del Paese, l’altro è l’importazione pericolosa dei prodotti dall’estero. Sono un danno per le nostre aziende agricole”.

Anche se a Vittoria sono stanchi delle promesse. Mariano Ferro è il vecchio leader dei Forconi, porta con sé il cappellino delle vecchie battaglie ormai in soffitta: “Guardo con un pizzico d’invidia ciò che succede ai gilet gialli in Francia, ma anche loro non otterranno niente. Qui serve la rivoluzione, e non è detto che basti. Alle ultime elezioni volevo andare con il Movimento 5 Stelle, ma non mi hanno voluto”. I Forconi, o ciò che ne rimane, hanno partecipato alla contesa schierandosi a fianco di Musumeci. Ferro ha mancato l’elezione e adesso non risparmia bordate: “E’ un governo deludente”. “Ma sa che nei prossimi anni saremo invasi da 500 mila tonnellate di pomodoro provenienti dal Sahara? Ma come possiamo competere a queste condizioni?”. La domanda resta inevasa, il plotone si muove da un’azienda agricola all’altra per verificare i danni e misurare la tempra di uomini con le mani segnate dalla fatica. La Lega come ultimo appiglio, “tanto le abbiamo provate tutte – si schernisce Ferro -. Prima Berlusconi, poi Renzi. Campiamo di pane e speranza”. Anche se agli slogan non coincidono (non ancora) i fatti: “Dicono prima gli italiani, ma segnali non ne sono arrivati”. Giacchi, parlando con Salvini durante la visita all’hotspot di Pozzallo (il governo si era appena insediato), aveva chiesto di Centinaio: “Ma l’invito non è stato mai raccolto e il ministro non s’è fatto vivo”.

Quando bisogna mettere le mani in pasta, la politica rischia di svanire. Anche se Gelarda è di un altro avviso: “Il fatto che la Lega abbia idee chiare e sia sempre coerente con se stessa, alla fine ci premierà. Il compito più importante che abbiamo in questa fase è strutturare il partito. Creare una classe dirigente che abbia dei requisiti: vogliamo delle brave persone, che amino il proprio territorio e abbiano il desiderio di spazzare via i politici che finora hanno prodotto solo disastri”. Il suo nome è uno dei papabili per le prossime Europee, anche se l’ispettore di Polizia, che si circonda già di un nutrito gruppo di collaboratori (c’è anche un consigliere comunale di Cassaro, oltre alla responsabile del partito di Licata), non volge lo sguardo oltre.

E già che siamo a Vittoria, terra per troppo tempo in mano alla mafia (come conferma il recente commissariamento del Comune) punta dritto sul concetto di legalità: “Questa parola, da palermitano, mi fa un po’ paura. In senso assoluto è la cosa più bella al mondo, in senso relativo è stata abusato da persone che con la legalità avevano poco a che fare o che con essa molto spesso si sono arricchite. Bufalino diceva che la mafia verrà sconfitta da un esercito di maestri di scuola elementare. Io la vedo allo stesso modo. La prevenzione e la repressione possono aiutare, ma l’attività da fare è sul piano culturale”.

Dalle produzioni gelate alla politica il passo è breve. Tra poco è tempo di Amministrative. La giunta regionale le ha fissate per il 28 aprile, facendo cadere l’ipotesi di un election day il 26 maggio con le Europee: “Alle casse dell’Ente costerà un milione di euro in più. Ed è un costo che ricade sui siciliani, che sulla testa hanno già una tagliola di 2 miliardi di debito con lo Stato. A noi viene il sospetto che si tratti di una decisione anti-Lega. E’ chiaro che alle prossime Europee Salvini e la Lega reciteranno la parte del matador, e che far votare per Europee e Amministrative lo stesso giorno ci avrebbe fatto comodo. Ma anche a Palermo la paura fa novanta”. Il voto nei comuni – da Caltanissetta a Bagheria, passando per Gela e Mazara del Vallo – sarà un’occasione per misurare la reale consistenza del partito, orfano di alleanze: “Le scelte che la Lega ha fatto, di volta in volta, a livello territoriale sono state concordate dalla base, dagli attivisti, dai nostri responsabili. Nessuno ci impone nulla. E non c’è una preclusione preconcetta nei confronti di Forza Italia. Se trovassimo qualcuno che ha lavorato bene per il territorio, potremmo anche andare insieme. Finora non è accaduto”. La forza attrattiva del Carroccio è anche questa: distinguersi a tutti i costi. Ma in Sicilia è ancora tutta da provare.