Solo chi non sa come vanno le cose del mondo, chi vive in teoria e sconosce la pratica, può scandalizzarsi di fronte a un imprenditore che ha avuto l’imprudenza di tenere un lavoratore in nero. Non si fa ma può succedere. Per mille motivi. E lo ripeto affinché anche i più integerrimi di voi possano comprenderlo: non si fa ma può succedere. Perché ti sfugge (quando l’azienda è una macchina grande e complessa), perché quel momento storico (le banche che bussano, le tasse da pagare, i contributi che ti strozzano come neanche gli usurai) richiede un surplus di rischio (e di coraggio). È sbagliato ma può succedere. Chi ha un’azienda sa. Sa tutto e rimanda al mittente i rimbrotti dei virtuosi che hanno fatto del sentito dire il caposaldo della loro vita.

Per questo lo sputtanamento pubblico di Di Battista al padre, reo di avere avuto per un periodo un lavoratore in nero nell’azienda di famiglia, è inaudito. Lo è perché è irrispettoso di un uomo che – al contrario del figlio che arricchisce la propria anima viaggiando per mondi lontanissimi e scrive best seller sulla pupù del figlioletto – ha lavorato e lavora, si fa il mazzo per tenere in piedi un’azienda in crisi e che solo per questo meriterebbe rispetto e non certo la gogna mediatica che il figlio, attraverso Facebook, gli ha riservato.

Il tragico video di Di Battista è d’altronde un formidabile specchio dei tempi. Giudicare al riparo dalle intemperie che la vita ti riserva, sbraitare al calduccio del caminetto, il plaid sulle gambette infreddolite e un buon libro per arricchire lo spirito. Giudicare senza sapere niente, senza avere mai studiato, senza avere mai lavorato, senza sapere di che materia sono fatti il sacrificio e l’umiliazione a cui il tuo lavoro a volte ti espone.

In quel video ho visto la goffa corsa verso l’assoluzione degli adepti, la miserabile richiesta di redenzione attraverso la gogna in pubblica piazza come si faceva un tempo con lo scemo del villaggio, la paura di non riuscire più a controllare i flussi del vento del cambiamento che soffia come brezza leggera e euforizzante sui visi di tutti noi, la presa di distanza – ed è questa la cosa più grave – verso un uomo al quale, in un modo o nell’altro, dovrebbe legarti un sentimento di vaga gratitudine. Per il solo fatto di non essere un parassita ma un uomo del suo tempo che vive e lavora con le armi spuntate che un imprenditore oggi ha. E che ha tenuto, per un periodo, un lavoratore in nero. Roba da fottersi dalle risate.