I fatti sono noti. Il Governo ha bocciato il progetto di un termovalorizzatore per i rifiuti da realizzare a San Filippo del Mela dove esiste già una centrale elettrica di A2A, colosso pubblico – maggiori azionisti i comuni di Milano e Brescia – dell’energia che gestisce molti inceneritori nel nord Italia dove il ciclo dei rifiuti funziona, diversamente dalla Sicilia.

Il Consiglio dei Ministri ha tenuto fede alle promesse elettorali e al mantra grillino del “no-inceneritori” che a San Filippo s’era declinato in un no all’impianto di A2A, considerato pericoloso per la salute dei cittadini, come del resto tutti i termovalorizzatori.

In un articolo sul “Mattino” l’ex presidente Enel Chicco Testa ha ricordato che 20 anni fa l’allora sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, gli aveva chiesto proprio di verificare la fattibilità di quell’impianto (in quel tempo la centrale apparteneva a Enel) perché Bellolampo era allo stremo e si rischiava l’emergenza rifiuti in Sicilia.
Vent’anni fa.

Vent’anni fa non se ne fece niente perché diffusasi la notizia e insorti di gli ambientalisti – racconta Testa – il sindaco di allora volle evitare polemiche e continuò serenamente a scaricare la spazzatura a Bellolampo che invece, come tutte le discariche, è un toccasana per la salute dei cittadini. E così la Sicilia – che ha un sistema di gestione dei rifiuti che nel terzo mondo ci schifano e dicono che siamo incivili – può continuare ad inalberare orgogliosamente la bandiera della regione “termovalorizzatori-free” e “discariche-full”.

In un paese in cui la differenziata dovrebbe stare al 65% (in Sicilia è al 15%); in un paese in cui al 2030, secondo le intenzioni UE, la percentuale dei rifiuti in discarica dovrebbe arrivare al 10% entro il 2035 (oggi in Sicilia non siamo al 100% solo perché una parte li mandiamo ad incenerire o in discarica fuori dall’isola); in una Regione che dovrebbe realizzare statue equestri nelle piazze delle città a chi vuole spendere soldi per trasformare i rifiuti in energia invece che in porcherie da mettere sottoterra in attesa che gli inquinanti raggiungano le falde e quindi la catena alimentare; in quella stessa Regione dove si vagheggiano modelli scandinavi (ignorando che a Copenhagen c’è un inceneritore al centro della città e gli abitanti misteriosamente sopravvivono); si è deciso, per unanime anelito della maggioranza governativa e relativo successivo tripudio, che va bene così: spazzatura in discarica o all’estero aspettando di raggiungere i livelli di differenziata di Goteborg o anche solo di Treviso.

Nelle more di questa rivoluzione culturale della monnezza, centinaia di camion attraversano l’isola olezzanti di “Chanel n.5” dai cassoni e di “J’Adore” dalle marmitte, contribuendo alla qualità dell’aria e dell’anima dei siciliani.

“Beato quel paese che non ha bisogno di eroi” diceva Galileo Galilei nel dramma di Brecht. “Beato quel paese che non ha bisogno di termovalorizzatori” si dice in sostanza a Roma e a Palermo.

In quello come in questo caso, in quella come in quest’epoca di oscurantismo antiscientifico, si abiura il pensiero razionale e si porta in trionfo il cieco fideismo, rifiutando le soluzioni adottate in tutto il mondo evoluto. Si preferisce invece inseguire chimere come (per la Sicilia almeno) la teoria dei “rifiuti zero”, che da noi sarebbe raggiungibile solo se l’ARS – proseguendo nel filone delle leggi prescrittive, dopo aver intimato agli onorevoli massoni di autodenunciarsi – obbligasse i siciliani a mangiare i propri rifiuti e a respirarne a pieni polmoni gli effluvi.

Non moriremo di demagogia. Di pertosse e dissenteria forse.