Il primo conquistatore è andato: la due giorni palermitana di Matteo Salvini ha lasciato una traccia indelebile nella politica siciliana. E al di là del carattere, delle idee e delle numerose spigolature del leader leghista, la sensazione è quella di un centrodestra ritrovato, persino unito, dopo i clamorosi rimbrotti di Micciché verso il segretario del Carroccio (sui migranti) e i tentativi (disperati) di Musumeci di accreditarsi presso il suo entourage (Candiani in testa). L’altro conquistador Matteo, invece, ha osservato da lontano, e magari avrà tradito un po’ d’invidia per i toni e l’accoglienza riservati a Salvini, ma sotto sotto continua a muoversi anche lui. Eppure, dopo una sgasata iniziale, l’effetto-Renzi nell’Isola sembra un po’ arrancare. Da Italia Viva garantiscono che non è così, e il partito continua a riscuotere consenso nonostante i sondaggi lo diano fra il 4 e il 6%.

Lo scorso fine settimana si è tenuta a Roma la prima assemblea nazionale della nuova creatura – più renziana che centrista – dell’ex presidente del Consiglio. Tra i siciliani presenti c’erano ovviamente i quattro deputati regionali e una bella delegazione di amministratori locali. Tra questi i tre consiglieri di Catania che questa settimana aderiranno al progetto e costituiranno il gruppo di Italia Viva a Palazzo degli Elefanti: per la cronaca, si tratta di Giuseppe Gelsomino, Francesca Ricotta e Mario Tomasello. All’ombra dell’Etna, dove i renziani sono ben rappresentati all’Ars da Luca Sammartino e Nicola D’Agostino, le cose evolvono più lentamente che a Palermo, dove Italia Viva è diventato in poche ore il partito più numeroso a Palazzo delle Aquile: degli otto consiglieri, quattro fanno capo al senatore Davide Faraone, gli altri a Edy Tamajo, il comandante alla riscossa gli ex sostenitori di Sicilia Futura. Dario Chinnici, fedelissimo di Faraone, è appena stato nominato commissario provinciale, assieme a Maria Rita Picone, segnalata proprio da Tamajo.

Già, perché l’imprimatur  di Renzi in questa fase è quello di organizzare a dovere il partito. Così lunedì sono state formalizzate le nomine dei commissari provinciali: un uomo e una donna per ogni provincia. Fa eccezione, al momento, Ragusa, dove la quota rosa è rappresentata da Marianna Buscema, mentre il “mister x” dovrebbe coincidere con Ignazio Abbate. Il sindaco di Modica, che un primo tempo aveva occupato la casella (poi rimosso dal sito di Italia Viva) ha chiesto di pensarci su. Ma la nomina più importante è quella di Messina: dove uno dei coordinatori sarà Pippo Laccoto, vecchia conoscenza all’Assemblea regionale (tre legislature alle spalle). Non solo: Laccoto nelle prossime settimane dovrebbe tornare all’Ars. Ha vinto, infatti, il ricorso contro l’elezione di Franco De Domenico (Pd): l’ex direttore dell’Università di Messina secondo i giudici sarebbe risultato incandidabile al momento dell’accettazione della candidatura. Non si era dimesso dal suo incarico. Ora si attende l’appello. L’eventuale ingresso di Laccoto farebbe salire a cinque i deputati regionali in seno a Italia Viva: oltre a Tamajo, Sammartino e D’Agostino, c’è l’altro ex piddino Giovanni Cafeo.

I renziani appaiono sempre più solidi all’interno di palazzo dei Normanni, anche se a Palermo la situazione è meno intricata che a Roma. All’Ars Italia Viva è forza d’opposizione, mai preconcetta. Non è nella natura di Tamajo e soci: “In passato abbiamo votato i provvedimenti che riguardavano lo sviluppo della Sicilia. Ma dove lo sviluppo non esiste – sottolinea l’ex deputato di Sicilia Futura – il nostro voto è contrario”. Tamajo si è sempre professato “renziano”. Ma oggi la missione di Italia Viva – e su questo si misura la capacità d’incidere, specialmente in Sicilia – è costruire una nuova casa per i moderati di Sicilia. Che oggi sono orfani del cuffarismo, e non trovano più alcuna rappresentanza al centro. Forza Italia è l’unico partito che regge ma – nei ragionamenti dei post-piddini – “il 2,5% dell’Emilia Romagna, significa che non è più strutturato”. E inoltre, lo schiacciamento a destra, su posizioni filo-salviniane, potrebbe far calare il sipario su un’esperienza pluriventennale, che oggi, venendo meno il carisma di Berlusconi, fatica a dare risposte.

Italia Viva è lì che ci prova. Col carisma (una dote non casuale) di Renzi, che spesso sconfina nell’egocentrismo, e col tentativo della sua classe dirigente di ricostruire una “casa al centro”, provando a intercettare chi arriva da una cultura moderata, riformista, cattolica, liberale. Al centro va bene tutto. L’intuizione dell’ex premier è stata aver precorso i tempi. Anche i rivali di una vita, tra cui Gianfranco Micciché, gliel’hanno riconosciuto: “Renzi ha fatto un’operazione che qualcuno, nel centrodestra e magari anche in Forza Italia, avrebbe dovuto anticipare – ha detto a Buttanissima il presidente dell’Ars – Non mettendosi con lui – è chiaro – ma contribuendo alla ricostruzione di un’area di centro. Peccato che non sia avvenuto”. Alla nomina dei commissari provinciali, seguirà la formazione di un comitato e una direzione. Lo stesso schema si riproporrà a livello comunale, in piena alternanza di genere. Ma anche chi non fa parte dei quadri dirigenti e/o istituzionali potrà affacciarsi nell’agone politico: Italia Viva, infatti, darà vita anche ai “responsabili di circoscrizione”.

L’ex sindaco di Firenze, venuto in Sicilia a metà novembre, aveva fatto due promesse: che il suo partito sarebbe diventato il primo a palazzo dei Normanni, e che il futuro candidato alla presidenza della Regione sarebbe stato uno di loro. Vanta un credito di un paio d’anni, poi si faranno i conti. Nel frattempo, però, osserva da lontano le gesta di Salvini, che ha già posto le basi per un controllo della Regione (assieme a Musumeci e Forza Italia): “Vede, Salvini sarà stato anche bravo a raggiungere il 30% – spiega Tamajo – ma la nostra politica è talmente diversa rispetto alla sua… La prima questione che abbiamo posto a Renzi è stata il Sud. Si è parlato di continuità territoriale, di lavoro. Avevamo posto come condizione necessaria la stabilizzazione degli operatori scolastici di Palermo, ed è stato fatto. Noi siamo il partito della proposta, e non della protesta. Salvini fa solo demagogia e populismo”. Nessuna invidia, dunque, ma testa bassa e lavorare. Un percorso assai difficile per uno, come Renzi, abituato a primeggiare.