Il rompete le righe non è arrivato per tutti. Anche se un calo di tensione, con questo caldo, è più che naturale. Lo stesso presidente della Regione, Nello Musumeci, ha spiegato che in giunta si daranno i turni per garantire continuità all’azione amministrativa. Mentre i dipendenti regionali non hanno ottenuto un solo giorno di ferie o di congedo prima della scadenza di Ferragosto. Insomma, politica e burocrazia vanno avanti a braccetto, ma si lasciano alle spalle una prima parte (abbondante) di 2020 da dimenticare. A causa del Covid – ovviamente – che ha limitato l’azione dell’una e dell’altra.

La fotografia segnante della stasi, infatti, coinvolge i politici quanto i burocrati. Per l’11 agosto (“non un giorno di più”) l’assessore Gaetano Armao era in attesa del parere del comitato di sorveglianza – di cui però non si ha ancora notizia – su una delibera approvata lo scorso 23 luglio in giunta. Oggetto: rimodulazione di 400 milioni di fondi Fesr. I soldi dell’Unione europea, originariamente legati a interventi strutturali, che dovrebbero servire a sbloccare la prima tranche della Finanziaria anti-Covid (a sua volta, approvata il 2 maggio scorso). Sono passati oltre tre mesi e la Regione non può ancora emettere i primi avvisi per la ripartizione delle somme.

Le responsabilità andrebbero suddivise in parte uguali: fra la politica, che si è mossa tardi e ha dovuto ricorrere a soluzioni troppo “ingegnose” per contrastare un’emergenza che esiste “qui e ora”; e la burocrazia, col dipartimento alla Programmazione in primis, che ha impiegato troppe settimane, col senno di poi, per fare una ricognizione delle risorse disponibili e decidere quali destinare all’emergenza. La colpa, però, non può essere certamente attribuita al dirigente generale in carica, Federico Lasco, che è stato l’ultimo di nomina governativa (a fine giugno). Prima di lui se ne sono succeduti altri, tra cui Vincenzo Falgares – un veterano della dirigenza – rimasto ad interim per qualche giorno. Nessuno, però, è riuscito a dare una forma all’acqua. La questione, troppo incerta e abbastanza spigolosa, ha bloccato una serie di iniziative previste dalla Legge di Stabilità approvata dal parlamento regionale. Tra le misure che restano in ballo – sono le prime, dato che poi serviranno altre delibere e altre autorizzazioni – c’è un’infornata di contributi e imprese e lavoratori (225 milioni, di cui 80 gestiti dall’Irfis), fondi per la scuola e, soprattutto, per gli operatori del comparto turistico.

Siamo a metà agosto e non un solo voucher promesso dalla Regione è stato emesso. L’assessore Messina, suo malgrado, è rimasto a guardare. Dopo aver lanciato, con qualche sfottò, il marchio per promuovere la stagione turistica dell’Isola (“Your happy island” è il motto), il contenitore è rimasto vuoto. I 75 milioni di euro che mancano all’appello, e che sarebbero dovuti servire per “regalare” ai visitatori una notte in albergo o un’escursione a prezzi scontantissimi, sono “congelati”. L’assessorato non può emettere gli avvisi – già pronti – finché dal comitato di sorveglianza (prima) e della commissione europea (poi) non arriverà il “via libera”. Gli avvisi serviranno per capire quali agenzie, ditte, imprese o alberghi sono disposti ad aderire all’iniziativa ed eventualmente quali servizi sono pronti a offrire. Poi bisognerà occuparsi della parte “formale”: ossia, chi stamperà i buoni. Messina aveva pensato di destinare 15 milioni per calmierare le tariffe aeree, ma anche in quel caso bisognerà aprire una trattativa serrata con le compagnie per sondare la disponibilità. S’è fatta (quasi) notte.

Ma in questa Regione-pachiderma, sono tantissime le questioni aperte. Dal punto di vista sostanziale, ad esempio, non sono bastati i primi otto mesi del 2020 a garantire una nuova legge sui rifiuti. Siamo fermi al novembre dell’anno scorso, quando la proposta della maggioranza fu affossata all’articolo 1 dai franchi tiratori. Poi il governo non ci ha più riprovato. Musumeci aveva minacciato di non tornare in aula finché non si fosse abolito il “voto segreto” (altra promessa disattesa), ma ha dovuto ripensarci. Con la collaborazione di tutta l’Ars è stata approvata una riforma epocale come quella Urbanistica – a 42 anni di distanza dalla legge che porta la firma di Piersanti Mattarella – ma sui rifiuti siamo punto e a capo. Eppure gli scandali proseguono – a Bellolampo, dove non ci sono i privati, il responsabile della discarica è stato arrestato mentre riceveva una mazzetta – e la commistione tra funzionari e malaffare è sempre più frequente. L’assessore Pierobon ha detto di aver presentato “la settimana scorsa una versione ‘dimagrita’ del disegno di legge”, su cui “serve un’assunzione di grande responsabilità da parte dell’Assemblea” per esitarla quanto prima.

Ma il punto è che oltre alla riforma – che rimette in discussione la governance del sistema – serve il famoso “piano dei rifiuti”, che Musumeci, qualche settimana fa, aveva dato per concluso. Era il 4 giugno, il giorno in cui vennero arrestate cinque persone, fra cui il patron della Sicula Trasporti, Antonello Leonardi, per la conduzione “illecita” della discarica di Lentini. Musumeci disse che il piano “è già stato esitato positivamente dalla Commissione Via-vas e che entro 90 giorni verrà adottato dalla Giunta”. Ma Pierobon è più cauto: “Attendiamo l’ultimo passaggio da superare. Si tratta dell’aggiornamento-integrazione del rapporto ambientale. Il dipartimento aveva affidato questo compito all’Università di Catania – ha spiegato l’assessore a Live Sicilia -. Col direttore abbiamo incontrato i responsabili per chiarire ogni dubbio e accelerare”. A fine giugno il Ministro Costa ha scritto a Musumeci e lo ha sollecitato affinché avviasse “un percorso di gestione dei rifiuti votato alla sostenibilità e allo sviluppo di soluzioni alternative alla tradizionale termovalorizzazione, meno impattanti in termini ambientali ed emissivi”. Il piano è l’unico strumento per fare pulizia. Riorganizzare l’impiantistica. E porre un freno alle ambizioni dei privati, che hanno sfruttato l’emergenza per farne un business.

Restando sui temi, e sulle possibili riforme, l’Ars è andata in vacanza lasciando a metà la legge che istituisce il Comune di Misiliscemi (provocando l’ira di Eleonora Lo Curto, capogruppo dell’Udc, che avrebbe voluto approfondire prima delle ferie), il 391.mo della Sicilia. Ma i fari restano puntati su altre due tematiche: l’edilizia e i beni culturali.

La prima ha un nodo: l’articolo 18. Quello che recepisce il condono del 2003, adottato dal governo Berlusconi, che consentirebbe di sanare le costruzioni sorte in aree a inedificabilità relativa. Ossia sottoposte a vincoli di natura paesaggistica e culturale. Il Movimento 5 Stelle, che ha già dato un grosso contributo alla riforma urbanistica, era pronto a fare da sponda pure sull’edilizia, se si fosse stralciato questo articolo. Niente da fare: la quarta commissione ha approvato. E non sono bastate le considerazioni dell’assessore Cordaro a far cambiare idea ai grillini: “I Cinque Stelle parlano di sanatoria, dimentichi del fatto che la sanatoria è un concetto giuridico che riguarda casi e situazioni di inedificabilità assoluta. L’articolo 18, invece, si occupa di vincoli relativi e di zone che prevedono già, nei fatti, la valutazione dell’autorità preposta al controllo – sia essa il Genio Civile, la soprintendenza o il corpo forestale – senza il cui parere favorevole non è possibile nessuna edificazione. Il nostro unico obiettivo è riaffermare la certezza del diritto”, ha detto l’assessore al Territorio in un’intervista a Buttanissima.

Altra questione sono i Beni culturali. C’è assoluta necessità di portare in aula una riforma del settore. Ma la proposta approvata in quinta commissione, che porta la firma di Luca Sammartino (di Italia Viva) non era piaciuta al governo (l’assessore Samonà si era dichiarato contrario) né ad intellettuali e associazioni. Soprattutto per il tentativo di svuotare le Sovrintendenze dei loro poteri. Sammartino ha parlato di “un intervento che modernizza e razionalizza i meccanismi di tutela, recepisce le innovazioni introdotte a livello nazionale, semplifica le procedure”, spiegando che “le tutele paesaggistiche rimangono e soprattutto vengono rafforzate” e che “le competenze delle Soprintendenza sono salve”. Sono, piuttosto, “le procedure amministrative che vengono puntualizzate, rendendo ancora più incisiva l’azione di tutela e valorizzazione, prevenendo, per quanto possibile, situazioni di incertezza giuridica”. Sarebbe la seconda legge, dopo quella sulla sburocratizzazione, che va in porto grazie all’impegno del renziano, arcirivale di Musumeci. Ma questa, come quella sui rifiuti, è una partita che andrà ben oltre il novantesimo. Ci vorranno mesi.