Sabato mattina, a scoppio ritardato, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge Finanziaria della Regione siciliana. Nel giro di pochi giorni, i dipendenti regionali di enti e società partecipate potranno percepire gli stipendi di maggio. Fin qui non è stato possibile a causa della gestione provvisoria, che ha portato a un congelamento della spesa. Da oggi, però, la Sicilia ha nuovamente un bilancio.

Una fetta importante dell’ultima Legge di Stabilità resta ‘congelata’ in attesa che si concretizzino gli accordi con Roma. Ballava un miliardo. Armao è riuscito a recuperarne una prima parte facendo approvare un emendamento che libera 670 milioni in tre anni (220 subito) alla vigilia dell’esame del ddl. Mentre nei giorni scorsi è stata esitata dal Consiglio dei Ministri la norma relativa al posticipo della rata del disavanzo decennale, che libera da subito 211 milioni. La procedura verrà definita dal decreto del presidente della Repubblica e dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. “L’entrata in vigore di tale disposizione di attuazione – ha spiegato l’assessore all’Economia – consente di liberare ingenti risorse assegnate a capitoli che erano stati congelati, ma che adesso diverranno immediatamente disponibili”.

Si tratta, comunque, di una Finanziaria con molte macchie. Per trovare i fondi destinati a finanziare i 242 emendamenti aggiuntivi, come scrive il Giornale di Sicilia, maggioranza e opposizione hanno tagliato su voci storiche del bilancio. I contributi alle associazioni antiracket per aiutare gli imprenditori andati in crisi per richieste estorsive scendono dai 320.586 euro del 2021 ai 19.910 euro di quest’anno. I contributi per gli orfani delle vittime della mafia sono stati del tutto cancellati (l’anno scorso valevano 76.645 euro). Cancellati anche i fondi per assumere i parenti di vittime della mafia (nel 2021 c’erano 188 mila euro). Spariscono pure i fondi per gli indennizzi alle vittime della criminalità che l’anno scorso valevano circa 70 mila euro. Tagli anche ai disabili.

Nel frattempo, restano inutilizzabili 6,7 dei 16 milioni stanziati per gli Asu (che per altro restano in attesa dell’agognata stabilizzazione: a inizio giugno si pronuncerà la Corte Costituzionale); 15 milioni sui 38 di budget previsti per i Pip, un’altra categoria di lavoratori senza pace (la Regione ha scaricato sul Ministero dell’Economia la mancata apertura di un tavolo tecnico per risolvere la vertenza). La Sas, che impiega la maggior parte dei lavoratori in servizio nelle partecipate, dovrà pazientare per lo sblocco di 17 milioni (su 41). Ma anche altre realtà, come i Consorzi di Bonifica, o i precari dei Cantieri di Servizio a Enna e Caltanissetta, rischiano rallentamenti. Così come i gestori di parchi e riserve e la galassia del trasporto pubblico locale.

Fra i primi a pagare lo scotto di una gestione economico-finanziaria rivedibile, a tratti fallimentare, sono i lavoratori regionali. Circa duemila, spinti dai sindacati, si sono radunati in piazza a Palermo e Catania per protestare contro la mancata riqualificazione del personale. Cosa vuol dire? Essenzialmente che ai dipendenti del comparto non dirigenziale non vengono riconosciuti gli scatti di carriera a fronte di un impegno che va oltre le proprie competenze. Lo spiega bene la deputata del Movimento 5 Stelle, Roberta Schillaci: “Il governo Musumeci, dopo quasi cinque anni, fa ancora finta di non conoscere, o ha dimenticato, le legittime aspettative dei dipendenti della Regione: a cominciare dalle categorie A e B, le cui unità vengono frequentemente usate in mansioni superiori”. Cosa serve? Una “doverosa riorganizzazione di tutto il personale, compresa la giusta riqualificazione, anche economica, categoria per categoria, in vista del rinnovo contrattuale”.

La protesta è stata guidata dai sindacati autonomi Cobas-Codir, Sadirs e Siad-Csa-Cisal davanti alle sedi della Presidenza della Regione. “Un’iniziativa che ha avuto il merito di riaprire la trattativa col governo che si è impegnato a convocare un tavolo di confronto”, dicono Dario Matranga e Marcello Minio (Cobas-Codir), Fulvio Pantano (Sadirs) e Angelo Lo Curto (Siad-Csa-Cisal) al termine dell’incontro avuto a con l’ufficio di Gabinetto della Funzione pubblica. “I lavoratori scesi in piazza a Palermo e a Catania per protestare contro il mancato utilizzo dei fondi già stanziati (circa 44 milioni complessivi, ndr) per la riclassificazione e riqualificazione di tutto il personale della Regione siciliana, delle partecipate e degli enti collegati – spiegano i sindacalisti – hanno ottenuto una riapertura del ragionamento sul rinnovo del contratto affinché contenga, prioritariamente, la riorganizzazione della macchina amministrativa per dare efficienza agli uffici e creare un sistema classificatorio che tenga conto di professionalità e titoli dei dipendenti”.

Una storia che si protrae ormai da anni, e che avrebbe meritato certamente un esito migliore: magari una riforma della pubblica amministrazione, che Musumeci aveva promesso in campagna elettorale, e invece è rimasta nei cassetti impolverati di palazzo d’Orleans. Il governo ha già stanziato 27 milioni per l’equiparazione degli stipendi dei regionali a quelli statali, mentre 17 sono destinati alla riclassificazione. Attorno a quest’ultima voce si è aperta una vertenza fra sigle sindacali. Mentre i confederati si “accontentano” dell’equiparazione, gli autonomi si spingono oltre. “Dalla settimana prossima, ha assicurato il governo regionale, sarà convocato un apposito tavolo di confronto per arrivare al pieno utilizzo delle risorse già stanziate per il rinnovo contrattuale coniugato al nuovo sistema classificatorio. Durante il confronto – concludono Cobas-Codir, Sadirs e Siad-Csa-Cisal – abbiamo ribadito che le nostre organizzazioni sindacali, che rappresentano oltre il 60% dei lavoratori, non accetteranno compromessi al ribasso”.

La Schillaci ha depositato un’interrogazione all’Ars per chiedere chiarimenti al presidente della Regione e all’assessore della Funzione pubblica, Zambuto. “Le professionalità andrebbero valorizzate al meglio, a vantaggio di tutti i siciliani – spiega la deputata grillina -. Invece registriamo sempre le medesime lamentele per le mancate progressioni di carriera rispetto alle mansioni superiori svolte da molti dipendenti e la mancata riqualificazione con i dovuti passaggi avvenuti invece in tutte le altre regioni. L’agitazione dimostra che il governo Musumeci continua a ignorare le istanze dei propri dipendenti e a trascurare quella necessaria revisione dell’apparato burocratico in funzione dei nuovi compiti richiesti dai processi di innovazione tecnologica e normativa, oltre che l’accantonamento di mansioni obsolete, direttamente collegati alla normativa vigente sulla dematerializzazione dei documenti della pubblica amministrazione. Stiamo parlando di un bacino di 11.000 dipendenti solo del comparto non dirigenziale”.

I rapporti fra politica e burocrazia, nell’arco di questa legislatura, non sono mai stati sereni. Musumeci, a più riprese, si è scagliato sui dipendenti che si “grattano la pancia”, salvo premiarli con lauti riconoscimenti erogati a fine anno. Che non sono serviti, però, a cancellare il malcontento: “Non siamo in vendita – ha detto a Repubblica un dipendente che da 30 anni lavora all’assessorato all’Economia – ma devono ascoltarci. Musumeci non ci ha mai ricevuti. Almeno con Cuffaro e gli altri presidenti della Regione c’era un dialogo. Ormai è inutile anche andare alle urne”. Non basterà la campagna elettorale a cancellare cinque anni di tensioni.