Ogni tanto la pandemia ha il merito di rispolverare vecchi pezzi d’antiquariato. Come i carrozzoni siciliani, i rami secchi dell’amministrazione regionale in cui si annidano interessi forti e sprechi esagerati. Nell’ambiente della politica, di solito, suscitano rara indignazione. Figurarsi ora, col virus in agguato…

E’ il caso di Riscossione Sicilia, la nostra agenzia di riscossione dei tributi, da cui di recente s’è dimesso Vito Branca. Ma che nel giro di pochi mesi dovrebbe confluire nell’Agenzia delle Entrate (si aspetta una norma nella prossima Legge di Bilancio dello Stato). Con essa i seicento dipendenti, che, a causa delle perdite di questi mesi, rischiavano di rimanere in mezzo a una strada. Ci ha pensato la Regione ad anticipare il saldo dello stipendio. Prima inserendo in Finanziaria, una forma di compensazione da 25 milioni di euro: peccato che la misura sia rimasta inattuata come l’80% della Legge di Stabilità a causa della fatica immonda nel riprogrammare le risorse extraregionali. Poi con un altro regalino – meno corposo, ma comunque a fondo perduto – di 5 milioni, “per compensare le minori entrate derivanti dal differimento dell’esazione fiscale a causa delle conseguenze economiche dell’emergenza epidemiologica nell’Isola”. Soldi, come ha confermato l’assessore Armao, ottenuti grazie alla moratoria dei mutui, un’operazione che ha permesso al governo Musumeci di stanziare, inoltre, 3,5 milioni per l’attivazione del bonus matrimoni (peccato che in questo periodo non ci possa nemmeno sposare…).

Ma dalle cronache di questi giorni, è sbucato fuori pure l’Esa. L’Ente di sviluppo agricolo che da qualche tempo è finito in mano a Giuseppe Catania, ossia il presidente dell’Assemblea regionale di Diventerà Bellissima. Il fedelissimo di Nello Musumeci, dovrà ricomporre i cocci di una gestione che non c’è più stata dal 2018, quando l’ex presidente del Cda, Nicola Caldarone, venne scaricato dalla politica. Ma soprattutto dovrebbe ridare all’Ente di sviluppo agricolo, nato negli anni ’50, a seguito della riforma agraria, delle funzioni “vere” e al passo coi tempi. Nessuno sa realmente di cosa si occupino i dipendenti e trattoristi dell’Esa, che lo stesso Musumeci, all’inizio della propria legislatura, aveva definito “l’ultimo carrozzone della Prima repubblica”. All’Ars, in forma ufficiosa, era approdato un disegno di legge che voleva sopprimerlo, ma non se ne fece niente. Qualche posticino di sottogoverno, d’altronde, fa sempre comodo. Così come il parco immobiliare dell’ente, che a Palermo detiene un palazzo storico appartenuto ai Florio, proprio in via Catania.

Insomma, l’Esa è rimasto in vita, pur avendo bisogno di reinventarsi. L’occasione gliel’ha offerta il Covid. Come si legge in una nota diramata ieri dal governatore Musumeci, l’ente di sviluppo agricolo “si è reso disponibile a eseguire, su tutto il territorio regionale, interventi di sanificazione periodica dei luoghi di lavoro proprio per contrastare e contenere il diffondersi del contagio, oltre a mettere a disposizione le proprie sedi quali drive-in per la realizzazione di tamponi rapidi”. Gli interventi verranno effettuati dal personale dell’Esa con il materiale fornito dallo stesso ente. Tutte le operazioni di sanificazione saranno totalmente gratuite e potranno essere svolte in quei luoghi nei quali non risultano accertati casi di positività al Covid, così come previsto dalle disposizioni del ministero della Salute.  Dalla riforma agraria alla sanificazione dei luoghi di lavoro: difficile cogliere il nesso, ma almeno ci si rende utili…