I ritardi nelle forniture di Pfizer e Astrazeneca hanno fatto passare in secondo piano persino i “furbetti”: secondo il presidente della federazione dell’Ordine dei Medici, Filippo Anelli, su un totale di 1.312.275 dosi di vaccino utilizzate (dato di sabato), ben 397.583 erano state iniettate a personale non sanitario e non appartenente alle altre aree a rischio come ad esempio quelle degli ospiti delle Rsa e degli ultraottantenni. Le due questioni vanno di pari passo e rivelano il bug di una campagna che, in principio, aveva reso l’Italia virtuosa. Siamo tuttora il Paese col più alto tasso di somministrazione, ma il meccanismo si è ingolfato da qualche giorno, da quando, cioè, la multinazionale Pfizer ha ridotto del 29% le proprie forniture: in breve tempo si è passati da 80 a 30 mila inoculi al giorno.

I dati aggiornati alle 21 di domenica sera parlano di 100 mila persone vaccinate (cioè coloro che hanno ricevuto entrambe le dosi). Mentre la Sicilia, che era partita a razzo, si ritrova in quint’ultima posizione per capacità di somministrazione: appena 98.286 vaccini fatti su 169 mila dosi a disposizione, il 58%. Un dato che dice tutto e niente: la disponibilità del “magazzino” servirà a completare l’immunizzazione dei primi fortunati. Il resto è in alto mare. Le aziende produttrici, infatti, viaggiano a scartamento ridotto. Detto di Pfizer, che ha ridotto lo stock dell’Isola del 23% (ma l’azienda assicura di tornare quasi a regime la prossima settimana) l’ultima scure si è abbattuta sull’Italia direttamente da Astrazeneca. Che, badate bene, non ha ancora ricevuto il “via libera” dall’agenza del farmaco (previsto per la prossima settimana), ma ha già annunciato un taglio delle forniture del 60% nel primo trimestre. Come ha spiegato a chiare lettere il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, gli inglesi avrebbero dovuto consegnarci 8 milioni di dosi entro marzo: saranno solo 3,4.

Questo comporta un effetto su tutti: dover rivedere la campagna vaccinale che il governo, assieme al commissario per l’emergenza Domenico Arcuri, aveva illustrato prima del Vax Day basandosi sui contratti sottoscritti dalle aziende produttrici e l’Unione Europea, che ha negoziato quantità di sieri e tempi di consegna per i singoli Paesi. “Le riduzioni di dosi comunicate da Pfizer e da Astrazeneca faranno slittare di circa quattro settimane i tempi previsti per la vaccinazione degli over 80 e di circa 6-8 settimane per il resto della popolazione” ha detto il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri. L’Italia avrebbe dovuto avere 28 milioni di dosi (comprese quelle dell’americana Moderna) entro il 31 marzo. Si ridurranno a 15. Ciò vuol dire che sarà impossibile vaccinare più di 7,5 milioni di persone. Il piano, però, dovrà essere rivisto alla luce di un nuovo elemento: il vaccino di Astrazeneca, che prevede una somministrazione unica, potrebbe essere indicato solo per gli under 55. In quel caso un’enorme fetta di anziani rischia di rimanere esclusa dalla campagna, con tutto ciò che comporta: una principale esposizione al virus.

Nel frattempo il governo si muove con le carte bollate. Ieri, al termine di un vertice cui hanno partecipato Conte, Speranza, Boccia, Arcuri e le Regioni, sono state prospettate le tre ipotesi al vaglio dell’Avvocatura generale dello Stato: la diffida da depositare in un tribunale italiano per i ritardi nelle consegne; l’avvio di un contenzioso a Bruxelles dove la Commissione ha firmato i contratti; infine, se la situazione non dovesse rientrare, una denuncia penale in Italia per i reati contro la salute pubblica previsti dal nostro codice. Una strategia appoggiata da Musumeci: “La Sicilia sosterrà l’azione legale dello Stato contro la riduzione dei vaccini ed è pronta a fare la propria parte. Tuttavia, lo dico con grande rispetto per le istituzioni comunitarie, non mi pare che l’Europa ci stia facendo una buona figura perché le multinazionali stanno dimostrando di fregarsene, convinte che alla fine si dovrà bussare alla loro porta. Al posto di porre paletti burocratici sulle risorse che potranno servire per dare ristoro alle aziende e sostenere la crisi economica, si deve fare di tutto per trovare vaccini e risarcire le imprese. È questo che gli italiani si aspettano da Bruxelles”.

L’Italia fin qui è l’unica ad alzare la voce e pretendere il rispetto degli accordi con Pfizer e Astrazeneca. Gli altri Paesi, soprattutto Francia e Germania, sono irritati ma si guardano intorno, la Commissione Europea suggerisce di attendere la fine di marzo – le forniture, d’altronde, sono trimestrali – per calcolare gli ammanchi e agire di conseguenza. Ma anche un giudice, qualora arrivi a pronunciarsi in tempi utili, non ridarà all’Italia quanto le spetta. Se i problemi delle due multinazionali riguardano la produzione, i vaccini che servirebbero in realtà non esistono. “Questo tipo di rallentamento coinvolge tutta l’Europa e buona parte del mondo – ha aggiunto Sileri -. Per ovviare ai problemi sulla linea produttiva servirebbe un accordo quadro a livello europeo che consentisse di operare per conto terzi, realizzando una sinergia tra le compagnie oggi operative e altre realtà attualmente non impegnate nella produzione dei vaccini. Questo potrebbe aumentare in maniera incisiva la velocità di produzione”.

Il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, ha raccolto l’appello del suo assessore (Razza) e rilanciato: “Durante la prima fase della emergenza pandemica, ai confini degli Stati si requisivano materie prime, mascherine e ventilatori. Oggi mi chiedo: perché non si pensa a requisire le fiale dei vaccini prodotte nei Paesi dell’Unione Europea? Non vorrei che, mentre oltreoceano il nuovo presidente Biden si dice pronto ai “poteri della guerra” per la produzione dei vaccini, dalle parti nostre vi sia un atteggiamento remissivo nei confronti di multinazionali che non possono produrre da noi, firmare contratti con impegni precisi e poi, magari (ma spero non sia così!), vendere a prezzi maggiori dove meglio conviene. Requisire i vaccini delle multinazionali: è questo che gli italiani si aspettano”. Astrazeneca, fra l’altro, è un vaccino efficace al 70% e non è dato sapere il suo “comportamento” di fronte alle varianti più feroci del virus (come quella brasiliana).

La Sicilia, nel primo trimestre, dovrà rinunciare a 4-500 mila dosi di vaccini Astrazeneca, ma con Pfizer le cose non vanno meglio. La prossima settimana, infatti, l’Isola avrà un ulteriore taglio del 20 per cento delle forniture: ne arriveranno 31 mila. Seimila in meno rispetto alla scorsa settimana, quando ne erano arrivate 37 mila (anziché 49). Ridotte da 6.400 a 5.500 anche le dosi del vaccino Moderna. Sta crollando come un castello di carta il piano di Musumeci, che aveva promesso di vaccinare entro settembre 3,5 milioni di siciliani. La nostra Regione, assieme alla Lombardia, è tra quelle che si è lamentata anche per le siringhe: “Mancano quelle di precisione, non sono proporzionate alle fiale: se avessimo quelle potremmo sempre avere sei dosi per fiala e non 5, così come ha suggerito l’Aifa, e tentare di colmare il gap”. Accusa subito respinta da Arcuri: “Falso, questa settimana ne abbiamo distribuito un numero inferiore per la banale ragione che Pfizer ci ha inviato un numero inferiore di fiale di vaccino”.

Sullo sfondo di queto caos albergano gli “incidenti” di casa nostra. Ossia l’usanza, nemmeno troppo episodica, di scavalcare la fila per ottenere la somministrazione. Un problema di dimensioni etiche importanti, che risulta intollerabile alla luce dei recenti problemi di approvvigionamento. Nel Ragusano si è scoperto che i furbi non erano soltanto al centro vaccinale di Scicli – ove sono “saltati” due responsabili nel giro di poche settimane – ma anche a Comiso e Vittoria. Si sono vaccinati politici, giornalisti, amministrativi. Il manager dell’Asp, che ha accusato alcuni dei suoi dipendenti di tradimento, ha consegnato le liste ai Nas e costretto i “colpevoli” di fronte alla commissione di vigilanza dell’azienda. Problemi di questo tipo anche all’ospedale Madonna dell’Alto di Petralia Sottana, nel Palermitano, dove su 1.121 vaccinazioni effettuate (dati aggiornati al 21 gennaio) ce ne sono 333 sotto inchiesta. Non rientrerebbero nel target individuato (e aggiornato) della Regione. Ci sono i nomi di veterinari, dipendenti pubblici, commercialisti, braccianti agricoli, insegnanti, poliziotti, politici e sindaci. Anche a Salemi, in provincia di Trapani, risultano sub judice 140 vaccinazioni (su 546) al presidio Vittorio Emanuele II. Anche a Palermo, come dichiarato dal commissario per l’emergenza Renato Costa, sono in corso delle verifiche.

Musumeci valuta di bloccare il richiamo ai furbetti: l’Asp di Ragusa, in una circolare rivolta al personale, chiede che prima di somministrare la seconda dose ci si accerti che il soggetto rientri nel target di vaccinazione. Fa fede la circolare diramata qualche giorno fa dalla dirigente del Dasoe (dipartimento attività sanitarie e osservatorio epidemiologico), Marialetizia Di Liberti, che inserisce in lista farmacisti, odontoiatri e tecnici dei laboratori analisi privati (ma solo quelli autorizzati al tampone molecolare). Ha provato a fare chiarezza, ha finito per determinare altri scontenti. Ma se i vaccini arrivassero davvero, sarebbe per tutti un po’ più facile.