Si chiama Spazi Capaci ed è un progetto di design sociale curato da Alessandro de Lisi, che la Fondazione Falcone e il Ministero hanno prodotto per il 29esimo anniversario della strage di Capaci costata la vita al giudice Giovanni Falcone, alla moglie Francesca Morvillo e agli agenti della scorta.

L’idea è riconquistare gli spazi, tornare a viverli attraverso le opere in un progetto sperimentale di “memoria 4.0”, che, partendo inizialmente da luoghi di Palermo compia un viaggio attraverso tutto il Paese. Verrà inaugurato il 23 maggio, anniversario della strage di Capaci, alla presenza del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi e delle massime autorità dello Stato, ma i “cantieri” delle prime opere, tutte all’aperto nel rispetto delle norme anti-Covid, sono partite simbolicamente il 25 aprile. A dare il via all’iniziativa sono quattro opere: “La porta dei Giganti” di Andrea Buglisi, due enormi ritratti su parete, uno di Giovanni Falcone, l’altro di Paolo Borsellino realizzati a pochi metri dall’Aula Bunker del carcere Ucciardone, teatro del maxiprocesso alla mafia. Sotto l’Albero Falcone si potrà ammirare “L’attesa”, la statua di una giovane donna realizzata dall’artista trentino Peter Demetz che rappresenta l’attesa di una città per la giustizia. A Brancaccio, Igor Scalisi Palminteri realizzerà un monumentale polittico urbano dal titolo “Roveto Ardente”, ritraendo don Pino Puglisi.

Mentre nel cortile dell’Aula Bunker dell’Ucciardone, sarà allestita una colossale installazione di Velasco Vitali: “Branco”, 54 cani a grandezza naturale, sculture in ferro, lamiere e cemento. Il branco rappresenta la fame di potere criminale e l’abuso della mafia sulla società. Velasco, 60 anni, è un artista che disegna paesaggi e volti. Ma nella sua officina affacciata sul lago di Como fabbrica pure cani di metallo e pietra, a grande naturale e volutamente imperfetti. A volte sorridono, altre digrignano. Capaci di spaventare ed essere fedeli insieme. Alcuni di loro sono stati scelti per fare da “guardia” alla memoria, in quell’Aula da cui tutto (o quasi) nel 1986 è cominciato.

Il maxi processo alla mafia portò alla sbarra 475 imputati e 1.314 testimoni. A consuntivo, generò 19 condanne all’ergastolo e 2.600 anni di carcere complessivi. La cupola, però, non era stata rasa al suolo e nel giro di pochi anni, con le stragi, la mafia colpi più forte di prima. L’appuntamento dell’Ucciardone, però, segna la svolta, il primo vero tentativo di reagire alle angherie della criminalità organizzata. I cani, che in questi giorni si trovano all’interno dell’aula e nei prossimi mesi saranno esposti anche nel parcheggio del carcere, sono testimoni di quello che gli uomini hanno compiuto a danno di altri uomini. Sono un presidio di memoria e di coraggio.