Spiace, lo dico con la massima sincerità possibile, per Chiara Ferragni. Il problema non è lei, di cui tutti adesso sembrano sapere tutto mentre era così accogliente e promettente l’idea di saperne quasi nulla. Il problema è la costante, anzi la legge bronzea, che dice: se fai del bene morale la tua professione abituale, una qualche forma di male morale alla fine inevitabilmente si accanirà contro di te. Tonino Di Pietro è l’emblema assoluto del fenomeno, che praticamente non ammette eccezioni. La storia della famiglia Soumahoro e del diritto al lusso, anch’essa penosa il giusto e l’ingiusto, fa da cornice a questa vicenda di pandori e uova pasquali destinate ai “bambini delle fate”, così triste e inappellabile, almeno in apparenza. Ma gli episodi sono infiniti, riguardano l’establishment e le persone comuni, uomini e donne che abbiano una vita pubblica, tanti, e propongono una specie di sistematico contrappasso che affligge tutti noi del cattiverio, che spiace nonostante dimostri la miseria del moralismo corruttore della morale.

Lo sradicamento della corruzione come arma giudiziaria e poi in proiezione avventura politica che finisce in Molise a cavallo di un trattore. La milizia indefessa a favore dei vulnerabili, il lusso addirittura nel fango, che passa dagli stivali alle Manolo Blahnik.

La sfilza dei contrappassi è troppo lunga per essere citata, troppo istruttiva per essere ignorata. C’è di più. Baudelaire diceva di aver coltivato la sua isteria con gioia e terrore, un presagio della mediatizzazione dell’esistenza civile, poi ebbe le vertigini e “oggi, 23 gennaio 1862, ho subito un singolare avviso, ho sentito passare su di me il vento dell’ala dell’imbecillità”. Non conosceva i prodigi che può fare la buona novella nell’ambito dell’industria dolciaria irregolarmente comunicata. Questo poi stupisce, questo è il vero prodigio portato dal vento di folie di Baudelaire: come puoi pensare di farla franca? Sei testimone e testimonial del fatto che tutto è sotto gli occhi di tutti, che la comunicazione, la com, invade ogni spazio, si socializza malignamente, e nella natura del digitale, che con tutta l’apertura è un circuito chiuso, vige comunque la legge di Lavoisier, la conservazione della massa in chimica: “la somma delle masse dei reagenti è uguale alla somma delle masse dei prodotti”, insomma il famoso e liceale motto secondo il quale “in natura nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. La massa non si conserva solo in chimica, si conserva anche su Instagram. I reagenti della comunicazione si equivalgono ai prodotti pubblicizzati online. E un influencer incauto si espone al rischio della trasformazione da bella fatina dedita al benessere dei più e al bene particolare dei meno avvantaggiati in agente di beneficenza personale a proprio vantaggio.

Lavoisier fu ghigliottinato dai giacobini nel 1794. Per via della legge bronzea i giacobini furono poi ghigliottinati anche loro. Noi realisti e immoralisti per programma non corriamo questi rischi, ne corriamo altri, come tutti, anche perché non auguriamo la ghigliottina a nessuno, tantomeno ai Ferragnez che sono stati un simpatico fenomeno di credulonità di massa se non proprio di credibilità. E le notazioni che precedono non mettono capo necessariamente a un Saviano inquisito per traffico di stupefacenti o a un Travaglio beccato con una mazzetta in mano. Legge bronzea sì, ma non esageriamo.