La mancata nomina a sovrintendente di Ester Bonafede potrebbe costare alla Fondazione Orchestra Sinfonica Siciliana un occhio della testa. Nell’atto di citazione depositato al Tribunale Civile di Palermo, infatti, l’ex assessore al Lavoro del governo Crocetta ha chiesto un risarcimento danni per la cifra record di 327 mila euro. I fatti risalgono al giugno 2019, quando il Cda della FOSS, dopo un’attenta valutazione dei curricula, aveva deciso “di nominare l’arch. Esterina Bonafede quale sovrintendente, subordinando la sottoscrizione del contratto (…) al rilascio da parte della stessa delle dichiarazioni attestanti l’insussistenza di cause di incompatibilità e di inconferibilità”, “di insussistenza di conflitto di interesse con la FOSS nonché attestanti l’estinzione dei procedimenti pendenti” con la stessa Sinfonica.

Era stato un modo per stanare la Bonafede, che in realtà aveva – e ha tuttora in corso – con la FOSS un giudizio avente ad oggetto il recupero di compensi professionali. Per una cifra che si aggira sulle 41 mila euro. Si tratta di un precedente capitolo della storia. La Bonafede, infatti, era già stata sovrintendente della Sinfonica a cavallo dei governi Cuffaro e Lombardo. Ma in quel periodo spiccò per una gestione economica dissennata, che le era costata una citazione in giudizio da parte della stessa Fondazione, il cui Cda non aveva autorizzato alcuna spesa: fra le cifre contestate alle Bonafede, rientrano 8.700 euro per l’acquisto di mobili (“difformi” da quelli appostati in fattura), 2.450 per alcuni divani e 605 per due lumi ornati con le piume di struzzo; ma soprattutto i 2.250 euro per cinque bolli auto di un’Alfa 155 che nessuno dalle parti del Politeama ha più rivisto.

Il 5 giugno dell’anno scorso, a quarantott’ore dalla prima deliberazione della FOSS, che aveva comunque deciso di darle una possibilità (previa la consegna della documentazione richiesta), si era presentata in sede la Guardia di Finanzia, su invito della Procura della Corte dei Conti, per richiedere un po’ di materiale. Ma alla fine, nonostante la Bonafede avesse cercato di spiegare “che non esistono situazioni di conflitto di interessi che comportino l’incompatibilità o l’inconferibilità, dell’incarico di sovrintendente” e che il decreto legislativo n.39 del 2013 “non indica tra le causa di incompatibilità o l’inconferibilità dell’incarico in questione la pendenza di una controversia di natura civilistica”, il Consiglio d’Amministrazione aveva deciso di revocarla dall’incarico, provocando le ire di un intero partito – l’Udc – oltre che della stessa Bonafede. Soprattutto a causa dei mancati introiti.

E siccome il rancore non va mai in vacanza, gli avvocati della Bonafede sono tornati alla carica con la richiesta di risarcimento da 327 mila euro. Così composta: 210 mila equivalgono alla retribuzione lorda per tre anni (la durata dell’incarico da sovrintendente, come da contratto); 60 mila al compenso variabile legato al raggiungimento degli obiettivi; 27 mila, pari al 10% dell’importo richiesto a titolo di retribuzione parte fissa e parte variabile, a titolo di danno patrimoniale da perdita di chance (cioè un danno futuro, consistente non nella perdita di un vantaggio economico, ma della mera possibilità di conseguirlo); 30 mila a titolo di danno all’immagine. Inoltre, i legali dell’ex politica hanno chiesto di “accertare e dichiarare l’invalidità e/o l’inefficacia e/o di sospendere la deliberazione di revoca all’incarico” della Bonafede; e di adottare lo stesso metro per la delibera successiva, con cui il Cda ha deciso di nominare al suo posto il prof. Antonio Marcellino. Di rimettere, insomma, tutto in discussione. L’ennesimo capitolo di una storia grottesca.