Solo un intellettuale impegnato e coraggioso – dismessa la maschera del cabaret televisivo e un look tanto estroverso – poteva riportare in libreria (grazie a Marsilio editore) una storia contro l’antifascismo ipocrita di oggi. Lo ha fatto Giampiero Mughini. “Lo strano caso di Telesio Interlandi: a via della Mercede c’era un razzista” è il racconto – sarebbe sbagliato definirlo romanzo, ma anche saggio non è un termine appropriato – del direttore (siciliano) della rivista “La difesa della razza”, che fra il 1938 e il 1943 sostenne e promosse le leggi razziali in Italia. Nel giorno della morte di Leonardo Sciascia (il 20 novembre 1989), deputato naturale per scrivere di Interlandi, il figlio di Telesio chiamò Mughini chiedendo che fosse lui a occuparsene. In effetti la conoscenza del controverso direttore nacque a cena. Una cena di “quasi siciliani”, per dirla con Mughini, cui partecipavano Giampiero, Sciascia e Antonello Trombadori, un autorevole intellettuale della cerchia comunista, la cui appartenenza allo stesso giornale di Interlandi (con loro c’era anche Giorgio Almirante) sbugiardava una verità assodata: “Quella che raccontava la Roma e l’Italia degli anni Trenta come un tempo in cui un vallo profondo separava i fascisti dagli antifascisti” spiega Mughini. Nel 1991 la pubblicazione della prima versione del libro, al termine di un decennio di fermento culturale che permetteva di analizzare un fenomeno, quello del fascismo, senza la patina dell’esorcismo ideologico tanto in voga oggi. Che renderebbe una pubblicazione ex novo, su determinati argomenti e con determinate argomentazioni, assolutamente fuori discussione. Ma Marsilio ha avuto la vista lunga e adesso lo ripropone. Anche l’antifascismo ipocrita di oggi va denunciato. Quale modo migliore se non Mughini?