Questa mattina è tornata al lavoro, dopo aver trascorso in casa la prima domenica senza Sebastiano, a spulciare fra le sue mille carte che contenevano progetti d’ogni genere: “Articoli per riviste, comitati in via di costruzione, proposte già confezionate su parchi e siti archeologici. E’ un lavoro spezzato, un mondo interrotto”. Patrizia Valeria Li Vigni non si è ancora spostata dall’abitazione di piazza Florio a Palermo, dove viveva in compagnia del marito. Tusa non c’è più da una settimana. Da quando un boieng della compagnia aerea della Ethiopian Airlines si è schiantato sei minuti dopo il decollo nei pressi di Addis Abeba. Il riconoscimento dei corpi è più lungo del previsto e la Li Vigni, che è anche direttrice del museo d’arte contemporanea a Palazzo Riso, non ha ancora deciso se recarsi o meno sul luogo dell’incidente: “Mi dicono che alcuni familiari sono andati – ha detto al Corriere della Sera -. Io ho preferito lasciarmi convincere dai funzionari della Farnesina che me lo sconsigliano. Se io parto da questa casa dove avverto una presenza di Sebastiano, che cosa vado a trovare laggiù? Se non si recupera una traccia, qualcosa di concreto, forse è meglio ricordare così questo grande uomo, fra i suoi progetti che sono materia viva”.

Patrizia Valeria preferisce il ricordo all’attualità. Ma deve fare i conti con una lunga trafila burocratica per risalire all’identità del marito: “Siamo fermi alla richiesta del Dna, anche se mi è stato posto un paradossale problema di protocollo. Mi chiedevano di trovare il filo di un capello su un maglione o su un cappello, di recuperare il rasoio per l’analisi di una lama usata. Poi, ho pensato alle operazioni subite da Sebastiano per combattere un tumore che sembrava debellato e ho chiesto alla clinica dove è stato assistito. Hanno trovato la busta con il vetrino esaminato dallo studio Tomasino di Palermo, uno dei migliori per la medicina nucleare. Mi hanno risposto dicendo che il protocollo non prevede confronti con i vetrini delle operazioni, che serve roba come i peli dei maglioni. Questa è burocrazia pura”. Al momento nessuna celebrazione ufficiale, da nessuna parte. Lei non l’ha mai chiesto: “Non è tempo di commemorare e chiudere il capitolo. Il capitolo è ancora aperto”.