Nessuno può fermare Gibellina, simbolo di rinascita dopo la tragedia, da quel 15 gennaio 1968, ferita aperta nella storia del Belice, della Sicilia, dell’Italia intera. Nemmeno il virus che nel giro di pochi mesi ci ha fatto il bruttissimo sgambetto che sappiamo. E così, dal 17 luglio all’8 agosto, torna con la sua trentanovesima edizione il Festival delle Orestiadi, segno più che mai di resilienza e di riscatto e torna parlando siciliano come se questa resurrezione – pur tra i confini di quelle regole che tutelano la salute – gridi forte anche una identità isolana che non si piega di fronte alle tragedie.

Un’edizione che Alfio Scuderi, da tre anni direttore artistico della rassegna, chiama «straordinaria, per lasciarci guidare verso una graduale quanto necessaria ripartenza della cultura. Sarà un festival siciliano, grazie al coinvolgimento di molti artisti della nostra isola e grazie ad alcuni appuntamenti che più direttamente racconteranno la cultura di questa terra, sarà un festival giovane grazie alle anteprime del progetto “Cittàlaboratorio”, sarà un festival originale perché quasi tutti i progetti ospitati sono stati proprio pensati per Gibellina e nascono a Gibellina, per le Orestiadi 2020».

«Lì dove nascono i sogni» è il titolo dell’edizione numero 39 che è sì sotto il segno del teatro ma vira, oniricamente, anche sull’altra arte che dei sogni è depositaria, il cinema. Al Baglio Di Stefano il via il 17 luglio con Non si sogna mai a caso, un evento tra «parole, suoni e canzoni per rompere il silenzio» con Vincenzo Ferrera, le musiche di Dario Sulis e Diego Spitaleri e la partecipazione straordinaria di Niccolò Fabi con la sua chitarra e la sua voce. Il 18 luglio Quel film sono io tratto da Ils ne sont pour rien dans mes larmes di Olivia Rosenthal, un progetto di Umberto Cantone (che cura anche la traduzione e l’adattamento teatrale) e Alfio Scuderi con Alessio Vassallo, Filippo Luna, Aurora Falcone, Gaia Insenga, Silvia Aielli e Daniela Macaluso. Il 24 luglio è la volta di un atto unico e di un racconto di Leonardo Sciascia: il primo è Gioco di società, con Silvia Ajelli e Luigi Maria Rausa, il secondo è Un caso di coscienza, nella lettura scenica di Paolo Briguglia con le musiche eseguite dal vivo da Gianni Gebbia. La sera dopo Orapronobis, scritto e diretto da Rino Marino con Fabrizio Ferracane, recentemente candidato ai David di Donatello per Il traditore di Marco Bellocchio.

Il 31 luglio e il 1 agosto vedono la luce in anteprima i testi teatrali che hanno ricevuto una menzione al progetto “Cittàlaboratorio”: Felice Cani, di Giuseppe Ingrassia, regia di Danilo Fodale, Pulici di e con Sara Firrarello, L’ammennicolo di Calogero Scalici e Saro di e con Domenico Ciaramitaro che ne cura anche la regia con Francesco Russo (e il supporto drammaturgico e registico di Claudio Zappalà).

Il 6 agosto si torna alla Settima Arte con Fellini: i suoi sogni, il suo cinema, un incontro con Mario Sesti a cura di Carmelo Galati, e la proiezione di Fellini fine mai, il documentario di Eugenio Cappuccio applaudito lo scorso anno alla Mostra del Cinema di Venezia.

Il 7 e l’8 agosto il festival si conclude nel luogo-simbolo di Gibellina, il Cretto di Burri: il 7, alle 19, Davide Enia, Vincenzo Pirrotta e Gaspare Balsamo saranno in scena per I-sola, storie di mare e di terra con le musiche dal vivo eseguite da Giulio Barocchieri; l’8 infine sempre alle 19, Lì dove nascono i sogni: le donne, il circo, la musica, i sogni di Federico Fellini con Francesco Scianna, Fabrizio Romano e Federica Aloisio, le musiche eseguite dal vivo da Roy Paci e Angelo Sicurella, la collaborazione artistica di Claudia Puglisi, un evento inserito tra le celebrazioni ufficiali del centenario della nascita del grande regista.