“Immaginiamo il vaso di Pandora al contrario, o meglio, pensiamo a un pozzo di cui non riesci a vederne il fondo e in cui tutto quello che studi viene risucchiato all’istante senza risultati immediatamente visibili. Questo è quello che all’incirca accadeva quando all’età di 24 anni decisi che era giunto il momento di iniziare a studiare la musica, seriamente e accademicamente parlando. Da quel momento non ho più smesso”. Per il maestro Giuseppe Cataldo, direttore d’orchestra palermitano, celebre per i suoi lavori alla guida di importanti orchestre di tutto il mondo in ambito lirico e sinfonico, come la Berliner Symphoniker, la Munchner Symphoniker, la Singapore Symphony Orchestra, l’Orchestra Sinfonica di Puerto Rico, la New England Symphonic Orchestra di New York o ancora la City Chamber Orchestra of Hong Kong per citarne alcune, o la direzione artistica dell’Orchestra Sinfonica Siciliana dal 1998 al 2001 e dal 2008 al 2009, la musica è un fatto interiore e di utilità sociale e istituzionale.

Giovanissimo, appena adolescente, Giuseppe inizia a fare musica con i gruppi pop, poi con quelli jazz con quasi cento concerti l’anno. Poi la RCA, storica casa discografica per cui incide come batterista del gruppo “Era di Acquario” e batterista turnista, le partecipazioni televisive a programmi di Renzo Arbore e per un anno intero nelle sigle di apertura e chiusura di trasmissioni radiofoniche super famose come “Per voi giovani” di Arbore e Boncompagni. Poi il fatidico giorno. “Quel fatidico giorno lavoravo già per la RCA. Non conoscevo ancora una sola nota di musica, non avevo fatto studi accademici: suonavo da autodidatta, tutto ad orecchio, come i ragazzi che hanno una passione e decidono istintivamente di seguirla, un’esigenza interiore, quasi un richiamo al quale non ci si può sottrarre. Un approccio naturale, ma del tutto ignaro di come funzionavano alcuni aspetti della professione del musicista, a un certo punto stanco di registrare per i piccoli gruppi musicali, mi recai negli studi della RCA dove si registrava la musica per grande orchestra e rivolto all’addetto dissi: Voglio registrare con l’orchestra. La risposta che ne ricevetti fu folgorante: “Lei legge?”. Sì, Il Messaggero! Una domanda all’apparenza innocua stava per trasformarsi in una di quelle che cambiano il corso della tua vita. E capendo cosa il tizio volesse dire, aggiunsi: Guardi che a me basta sentire un pezzo una sola volta e poi…”. “Non c’è tempo perché un musicista possa ascoltare una volta e poi registrare. Cataldo, lei lo sa, gli studi costano milioni!”. “Ancora una volta quella risposta all’apparenza quasi banale, scontata, ebbe l’effetto di una lampadina che si accende all’improvviso in una stanza buia. Tutto mi fu improvvisamente chiaro e la domanda venne spontanea: Come avevo potuto pensare di investire tutta la mia vita nella cosa che più amavo, la musica, senza avere gli strumenti necessari per esprimermi compiutamente? “Da Roma rientravo nella mia città per acquisire il cosiddetto licenzino di solfeggio e tornare a fare quello facevo. Ma non avevo fatto i conti con un fatto imprevisto. Pur bruciando le tappe ad alta velocità grazie ad uno studio sempre più intenso ed esclusivo quando alzavo il coperchio del pozzo non vedevo nulla, mi sembrava sempre vuoto. E allora riprendevo a studiare, e più studiavo più mi piaceva. Da quel momento non mi sono più accontentato”. Gli studi di composizione e pianoforte, le percussioni, la direzione di coro e in ultimo la direzione d’orchestra.

Per trentasei anni il maestro Giuseppe Cataldo insegna nei Conservatori di Musica, creando una vera e propria scuola di percussioni. Tanti ex allievi oggi sono musicisti del Teatro Massimo, e altrettanti sono alla Sinfonica Siciliana, altri ancora in giro nei Conservatori della Sicilia come docenti. “Ho cercato di svolgere il mio lavoro di docente con la massima dedizione, senza mai dimenticare che il docente deve essere innanzitutto un educatore, con tutto quello che ciò comporta come indicato anche nella nostra Costituzione.” A fianco dell’insegnamento, la musica che si sviluppa in diverse direzioni. Quindici anni circa di attività d’orchestra nella qualità di timpanista e percussionista svolta per la maggior parte fra il Teatro Massimo di Palermo e l’Orchestra Sinfonica Siciliana. Poi gli ultimi vent’anni dedicati prevalentemente alla direzione d’orchestra, quasi come fatto naturale dell’evoluzione del linguaggio della musica.

Guardando all’Italia, qual è la sensazione che si ha sul Sistema musicale? “La sensazione che ho guardando al Sistema Musica italiano nell’Italia di oggi è quella di una mancanza di visione complessiva. Per visione intendo un’idea chiara sul ruolo e sugli obiettivi che devono avere le Istituzioni musicali nel loro complesso, tenendo conto dei diversi percorsi: dalla formazione alla produzione, promozione e distribuzione. Il tutto inserito in un progetto unitario. Ecco a me sembra che tutto ciò manchi. Mi pare di vedere un “sistema musica” sfregiato da leggi del settore spesso fatte male, fatte per non fare funzionare le cose, in alcuni casi perfino rovinose. Per citarne alcune, a mio modo di vedere sono esempio di pessime leggi sia la Riforma dei Conservatori del 1999 che la cosiddetta legge Veltroni del 1996 sui teatri d’opera italiani e sulle fondazioni lirico-sinfoniche. L’Italia aveva un primato nella musica che adesso non ha più. Se non nell’immediato, questi indirizzi politici alla lunga potranno procurare seri danni, forse irrimediabili. Occorre pensare all’immenso patrimonio musicale italiano e al dovere che l’Italia ha nei confronti dei nostri giovani e del mondo intero. L’Italia detiene un immenso patrimonio musicale, basti pensare alle opere dei nostri grandi compositori presenti nella quasi totalità delle stagioni ufficiali dei teatri di tutto il mondo. Il settore necessita di un’attenzione e di una cura particolari. Professionalità, competenza e il posizionamento della musica come obiettivo centrale e primario. E infine, per chi è a capo di istituzioni pubbliche l’obiettivo principale deve essere quello di fare funzionare bene le cose, e non quello del tanto per esserci. Essere utili alla collettività, vale tanto nel caso dei Conservatori di musica che nei teatri d’opera e nelle istituzioni sinfoniche.”