“Il paradiso si allontanava sempre più nei nimbi del futuro. Nel presente aumentavano la fame, il freddo, le epidemie e l’odio reciproco. Perché l’operaio indigente odia in egual misura il ‘ricco borghese’ e il suo stesso compagno, il quale ha saputo o avuto la fortuna di procurarsi un pezzo di pane”. Così il grande intellettuale russo Lev Šestov inchiodava, già nel 1920, il fallimento della rivoluzione bolscevica che avrebbe dovuto portare alla giustizia sociale. Ma forse già intuiva anche il… L’articolo completo su ilfoglio.it