Non c’è verso di far funzionare l’Assemnblea regionale siciliana. Il record delle zero, dicasi zero, riforme approvate nel primo anno di legislatura, fa il paio coi numeri forniti oggi dall’edizione palermitana di Repubblica. Che palesano le difficoltà “produttive” del parlamento. Vuoi per l’inconsistenza dell’azione dei governo, vuoi per le palesi difficoltà a incidere sui processi politici. Repubblica ha calcolato che l’Assemblea si è riunita appena 78 giorni, meno di due volte alla settimana con una media di tre ore a seduta, varando solo 26 leggi. Di cui la stragrande maggioranza di origine finanziaria. Unico successo la votazione bipartisan per l’introduzione dello psicologo di base, a ottobre, che è stato anche il mese più prolifico: solo per aver mandato in posto undici debiti fuori bilancio che comparivano da mesi all’ordine del giorno.

Il letargo è stato interrotto solo dalla legge “straccia bollo”, che ha consentito ai morosi di sanare la propria posizione senza incorrere in sanzioni; dal recepimento del Codice nazionale degli Appalti, con leggerissime modifiche; e dall’attribuzione della qualifica di dirigente ai medici dei Policlinici. Ma il calcolo è impietoso: l’Assemblea costa ai siciliani 171 milioni ogni anno fra stipendi e funzionamento. Ogni legge è costata pertanto 6 milioni.

Ieri, però, s’è messa in moto la commissiome Bilancio, andata a nanna dopo mezzanotte (con tanto di selfie celebrativo) per confezionare il maxi emendamento al collegato-ter della Finanziaria 2023: ne fanno parte 203 commi, dal valore di oltre 7 milioni. Con quale scopo? Distribuire prebende ai vari deputati (centomila euro a testa di media) da far arrivare ai propri collegi elettorali. Tra feste, festini e sagre si trova di tutto: persino 30 mila euro per la Sagra del Torrone di Casteltermini.