“Rivoluzionare i trasporti”. E’ quello che vorrebbe fare – o meglio, ha promesso di fare – il presidente della Regione, Renato Schifani, assieme al gruppo WeBuild, ex Salini-Impregilo. Cioè lo stesso che ha confezionato, per il ministro Matteo Salvini, il progetto definitivo per la costruzione del Ponte sullo Stretto. Nell’incontro organizzato un paio di giorni fa a Palazzo d’Orleans, con tanto di red carpet, la Sicilia sembrava per un attimo la terra dei sogni. Quella che fra pochi anni, per un miracolo imprenditoriale già declamato e un “piano d’investimenti gigantesco”, non solo consentirà l’attraversamento dello Stretto grazie a un’opera di mostruosa ingegneria, ma contribuirà, grazie all’impegno dei privati e una dozzina di miliardi, a risolvere le questioni ataviche che accompagnano la storia di una terra rimasta, finanche, senz’acqua. A testimonianza che il Ponte è l’ultimo dei problemi, e che prima si dovrebbe intervenire su strade e ferrovie, per quanto concerne i collegamenti; senza tralasciare la sanità, i rifiuti, la prevenzione degli incendi e del dissesto idrogeologico.

In Sicilia però, nonostante il proliferare di numerose emergenze irrisolte, si finisce per privilegiare quasi sempre la speranza. O l’illusione. Dipende dai punti di vista. Dopo essersi occupato per qualche ora della crisi idrica, promettendo una task force (nominata ieri), Schifani si è tuffato a pesce sull’opportunità prospettatagli da Pietro Salini, che ha ottenuto l’appalto di otto opere da Anas ed Rfi: “Il gruppo è all’opera su gran parte dei progetti in corso, dai lotti della direttrice ad alta capacità Palermo-Catania-Messina all’autostrada Ragusa-Catania, e ci siamo attivati con programmi di formazione per assumere i tecnici di cui abbiamo bisogno in questa regione”. Da un lato progetti di cui si parla da trent’anni, come la Ragusa-Catania, dove lo stato d’avanzamento dei lavori sfiora appena l’1% a un anno dall’inaugurazione dei cantieri; dall’altro la promessa di assunzioni – servono 7 mila operai – che da queste parti è una leva di consenso non indifferente.

In questo modo, forse, ci si potrà dimenticare per qualche tempo delle numerose incompiute che attanagliano, specialmente, la parte meridionale dell’Isola, dove prevalgono i tratti ferroviari a binario unico attraversati dalle littorine. Anche la chiusura dell’anello ferroviario di Palermo, di cui si parla da decenni, andrà in porto nel 2028. Per non parlare dei cantieri che attanagliano le autostrade, e che costringono gli intrepidi viaggiatori a gimkane e rallentamenti. Ma qualsiasi occasione è utile per evitare di governare. Da gran cerimoniere qual è, Schifani ha accolto al suo cospetto anche Gianni De Gennaro, presidente del Consorzio Eurolink e Dario Lo Bosco, presidente di Rfi, promettendo il rinascimento: “Stiamo vivendo una primavera che ci consentirà di accedere a un’estate di migliore fruibilità dei trasporti – ha detto il presidente -. Stiamo lavorando per inserire nell’accordo di programma del Fondo di sviluppo e coesione (quello che dovrà vidimare il ministro di FdI, Raffaele Fitto) alcune infrastrutture che completino la rete viaria del nostro territorio, dando priorità ad alcune strade provinciali abbandonate negli ultimi anni dopo l’abolizione delle Province, affinché diventino capillari delle grandi arterie infrastrutturali”.

Promesse che diventeranno, forse, impegni. Ma che richiedono una lunga gestazione, quasi infinita. E che, soprattutto, si consolideranno assieme al Ponte sullo Stretto, il vero asso nella manica (di Salini e di Salvini). Anche se, come evidenziato da un editoriale di Massimo Lorello su Repubblica, battersi in maniera così ardita per il collegamento stabile fra Sicilia e Calabria, per risparmiare tempo e dare la sensazione di un’Italia unita (è un azzardo anche solo pensarlo), rischia di apparire incoerente rispetto all’attuale situazione dell’Isola: “Ma tutti questi continentali che molto più agevolmente potrebbero raggiungere la Sicilia grazie al ponte sullo Stretto di Messina – scrive Lorello – cosa verrebbero a fare nell’Isola se non abbiamo nemmeno l’acqua? L’emergenza idrica, prevedibile come la maggior parte delle emergenze che lacerano la regione, è figlia – oltre che del cambiamento climatico – dell’assenza di interventi per salvaguardare gli invasi, per realizzarne altri e per migliorare e potenziare le reti idriche”.

Problemi che vengono sollevati ogni anno al primo caldo ma che, al netto delle dichiarazioni di rito, non lasciano intravedere soluzioni tempestive e alla portata. “Assenza di interventi – continua il giornalista di Repubblica – che riguarda anche le ferrovie, il sistema viario, il recupero dei centri storici e delle periferie cittadine. Ricordare questo disastro sempre e fino allo sfinimento serve per mettere a tacere quanti considerano il Ponte sullo Stretto un’opera pubblica in grado di generare tantissimi posti di lavoro”. Sull’emergenza idrica l’unica contromisura adottata dal governo – prima che ci si rivolga al cielo per invocare la pioggia – è l’istituzione di una task force. Una cabina di regia. Come se i suoi componenti, quasi una decina, potessero sopperire con un miracolo alla carenza d’acqua negli invasi, alla presenza di fanghi e detriti che ne riducono l’utilizzo, ai problemi degli impianti di depurazione che ci costano ogni mese multe milionarie da parte dell’Europa.

Niente di tutto ciò. “Ho voluto questa struttura – si giustifica Schifani – per definire strategie coordinate da un’unica regia e adeguate a contenere gli effetti negativi della crisi. Ma anche per accelerare sia la realizzazione delle infrastrutture necessarie sia gli interventi di ammodernamento volti alla riduzione delle perdite di risorsa idrica. Possiamo contare sul contributo di un team di professionisti che ci supporteranno da un punto di vista tecnico e che daranno impulso alle azioni”. Questi professionisti, sulle cui competenze non v’è alcun dubbio, dovranno “inventarsi” il lavoro che nessuno in questi mesi ha fatto. Credersi padrone delle acque è un conto, ma da qui a realizzare i miracoli ce ne passa. Le strategie di comunicazione adottate dal governatore, in attesa del grande Ponte, non basteranno a rintuzzare le preoccupazioni di agricoltori e allevatori, per i quali la risorsa idrica resta fondamentale; né lo scetticismo dei turisti, che in piena estate potrebbero ritrovarsi a secco. E’ sempre troppo tardi per tutto. Neanche col Ponte si arriverà prima.